Le premesse, seppur ripetitive come in questo caso, sono sempre doverose.
La prima: il meccanismo dell’MBO è stato definito dall’azienda senza alcun contributo da parte delle organizzazioni sindacali. Il sistema incentivante è e continua ad essere materia di esclusiva competenza dell’azienda, e le organizzazioni sindacali possono solamente, come in questo caso, riservarsi il diritto di critica, sulla base delle numerose segnalazioni pervenute dagli iscritti.
La seconda: anche sugli obiettivi commerciali, ogni anno più improbabili, le organizzazioni sindacali non possono influire. L’unica cosa che possono fare è vigilare affinché i modi e i toni con cui l’azienda ricorda ai lavoratori gli obiettivi da raggiungere siano rispettosi degli accordi stipulati in materia.
Sappiamo bene che il contratto di lavoro dipendente prevede una obbligazione di mezzi e non di risultati, e che in cambio del nostro tempo e delle nostre capacità, riceviamo puntualmente il nostro meritato stipendio. Siamo quindi consapevoli che il premio è solo un “di più” che l’azienda decide liberamente di riconoscere, e che qualora decidesse di non farlo, non violerebbe nessuna legge né nessun accordo coi lavoratori.
Sembra però che l’azienda, con questo sistema MBO, stia ottenendo l’effetto esattamente contrario a quello che normalmente ci si aspetta di ottenere da un incentivo (secondo il vocabolario Treccani, quello di creare condizioni più favorevoli all’aumento della produzione).
Una importante parte dei colleghi ammette che, nello scoprire la somma elargita dall’azienda, prova delusione, frustrazione e talvolta perfino rabbia. Colleghi che hanno rinunciato a parte delle proprie ferie per raggiungere gli obiettivi nelle ultime settimane dell’anno, che ricordano con buona approssimazione i risultati raggiunti e si attendevano una gratifica maggiore.
Si registra anche qualche stortura quando alcuni di questi colleghi, sbagliando clamorosamente nel direzionare le proprie lamentele, si lasciano andare a indebite valutazioni sulla misura dei premi altrui, e su quanto siano o meno meritati. Una “lotta tra poveri” che invitiamo tutti i lavoratori ad evitare e a condannare fermamente.
Abbiamo sempre rimarcato che il premio è profondamente iniquo: le ampie differenze tra chi prende meno (collaboratori family-poe) e chi prende di più (dagli Area Manager in su), non possono che disincentivare i primi e rafforzare i secondi nell’esercizio delle pressioni commerciali.
Riguardo al 2021, anno secondo della pandemia ancora in corso, abbiamo già manifestato grosse perplessità sulla scelta della suddivisione degli obiettivi in due semestri, comportando una penalizzazione per chi, nel secondo semestre, ha recuperato e compensato i gap produttivi.
Su questo stato di cose, si innestano le discrezionalità legate ai provvedimenti disciplinari e al modo in cui vengono effettuate le valutazioni delle performance, che si abbattono sul premio dei colleghi, tagliando pesantemente le già leggere gratifiche.
Ultima, piuttosto grave, la mancanza di trasparenza determinata dalla non reperibilità on-line di tutta la documentazione, che impedisce ai colleghi di riscontrare i risultati raggiunti e cercare di capire come si è determinato il proprio premio.
In sintesi: obiettivi impervi e stimoli costanti ed insistenti generano un importante livello di stress a cui i lavoratori, comprensibilmente e lecitamente, associano l’aspettativa di un premio proporzionato agli sforzi profusi. Se il premio ricevuto non soddisfa le aspettative, il risultato è quello opposto a quello desiderato dal meccanismo di incentivazione, ovvero delusione, frustrazione e rabbia.
In tutto questo, la casella dedicata a dare risposta alle richieste di chiarimenti in merito sembra non dare risposte veloci e chiarificatorie.
Tanto valeva scrivere accanto alla somma corrisposta (o spesso non corrisposta) la seguente dicitura:
“Vuolsi così, colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”. (Inferno, Canto V)