È INFORTUNIO SUL LAVORO
Assicurazione INAIL
Com’è noto, i lavoratori sono tutelati da un’assicurazione obbligatoria per gli incidenti sul lavoro stipulata presso l’INAIL. Questa assicurazione copre gli incidenti avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro. Dall’incidente deve derivare la morte, la disabilità permanente o temporanea per almeno tre giorni del dipendente coinvolto. Mentre nella malattia professionale l’insorgere ha uno sviluppo lento nel tempo, la causa dell’infortunio è improvvisa e violenta.
Per causa violenta si intende ogni attacco esterno alla integrità psicofisica del lavoratore avvenuto con un’azione intesa e concreta e può essere provocata da una pluralità di vettori quali, ad esempio, sostanze tossiche, sforzi muscolari intensi, virus e batteri, condizioni climatiche, etc.
Per occasione di lavoro si intendono tutte le situazioni, anche ambientali, in cui si esplica l’attività lavorativa del dipendente e, quindi, non solo la presenza nei locali dove il dipendente lavora o non solo l’orario di lavoro.
Infortunio in itinere
Classico esempio, riconosciuto dall’INAIL come infortunio sul lavoro, è l’incidente che avviene durante il tragitto per raggiungere o lasciare il lavoro cioè l’infortunio in itinere. Perché l’evento dannoso si possa considerare infortunio sul lavoro deve esistere un rapporto, anche indiretto, tra l’attività lavorativa e l’incidente, mentre eventuali deviazioni del percorso casa lavoro, a parte casi specifici, non rientrano nella copertura assicurativa dell’INAIL.
La Suprema Corte di Cassazione, con Sentenza n. 5814 del 22/02/2022, ha statuito che integra infortunio in itinere qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro, dovendosi dare rilevanza ad ogni esposizione al rischio ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto, restando irrilevante l’entità del rischio e la tipologia della specifica attività cui l’infortunato sia addetto, con il solo limite del rischio elettivo intendendosi per tale quello che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento.
Infarto durante un viaggio di lavoro
Con la stessa sentenza 22 febbraio 2022, n. 5814 la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha stabilito che l’infarto occorso al lavoratore durante un viaggio di lavoro è configurabile come un infortunio sul lavoro essendo eziologicamente collegato ad un fattore lavorativo e pertanto va risarcito.
Il caso esaminato dai giudici era quello di uomo che si trovava in un viaggio di lavoro molto lungo. Secondo gli eredi dell’uomo che affrontavano il giudizio, il viaggio avrebbe creato nel loro congiunto una situazione di forte stress – innescata dalla cancellazione di un volo causa maltempo che lo aveva costretto ad una lunga attesa in aeroporto, ad un pernottamento di fortuna in un albergo e ad un successivo viaggio in treno di oltre 700 km, ove aveva dovuto subito partecipare ad un’importante riunione, con un periodo di veglia di quasi ventiquattro ore consecutive – culminata con un arresto cardiocircolatorio e la morte del lavoratore stesso.
Precisando che la sussistenza di un rapporto tra il percorso normale e l’attività di lavoro sarebbe già di per sé sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha spiegato che questo caso rientra tra gli infortuni sul lavoro perché originato da una causa violenta. Il carattere violento della causa è insito nella natura stessa dell’infarto, dove si ha una rottura dell’equilibrio dell’organismo concentrata in una minima frazione temporale. Secondo la giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sentenze n. 13982 e n. 14085, entrambe del 2000), l’infarto acuto è infatti già di per sé riconosciuto come causa violenta. Il fatto che l’uomo potesse avere delle condizioni patologiche preesistenti tali da aumentare il rischio di incidente non esclude la fattispecie dalla qualifica di infortunio sul lavoro. Condividendo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, la Suprema Corte ha affermato che il ruolo causale dell’attività lavorativa non va escluso da una preesistente condizione patologica del lavoratore la quale, anzi, può risultare rilevante in senso contrario, dal momento che rende potenzialmente più gravose e rischiose attività solitamente non pericolose, e giustificare il nesso tra l’attività lavorativa e l’infortunio (Corte di Cassazione n. 13184 del 2003 e n. 13928 del 2004). La Corte ha precisato altresì che un ruolo di concausa va attribuito anche a un’accelerazione, seppur minima, di una pregressa malattia (Corte di Cassazione 21 maggio 2003 n. 8019).
In conclusione, la Corte ha riconosciuto la causa violenta e l’infortunio sul lavoro all’uomo del caso in esame, liquidando agli eredi l’indennità INAIL.