Toscana: credito e territorio nuove regole per le piccole banche?

Toscana-Analisi

Oltre 300 filiali perse in meno di 4 anni, una geografia profondamente mutata tra polarizzazione e norme Ue. Per gli istituti locali un’occasione, e un rischio

Digitalizzazione, effetto Covid, concentrazioni societarie. Sono questi i fattori che in Toscana, così come accade a livello nazionale, stanno cambiando la presenza delle banche sul territorio. A partire dal segno più evidente della loro presenza, i classici sportelli con il marchio bene in vista nell’insegna.

Un presidio che, nell’ultimo decennio, si è ridotto di circa un terzo, con un’evidente accelerazione nell’ultimo periodo. Dai 1.960 sportelli di fine 2018 si è passati ai 1.825 di fine 2019, cifra che si è ulteriormente ridotta nel 2020 (1.778), e che oggi è scesa a quota 1.627 sportelli.

Su questi numeri ha inciso la sempre maggiore «digitalizzazione» del rapporto fra cliente e banca, ulteriormente spinta nell’ultimo biennio dalle limitazioni imposte dalle nonne anti-Covid.

A fine 2020, secondo quanto rilevato dalla Banca d’Italia, oltre il 70% delle banche operanti in Toscana prevedeva la possibilità di effettuare pagamenti attraverso dispositivi mobili, modalità che nel 2013 riguardava solo il 6% degli istituti. In parallelo, nello stesso periodo è cresciuta anche la quota degli intermediari che offrono la possibilità di effettuare online la gestione del risparmio: circa i due terzi nel 2020, mentre ancora nel 2013 erano poco più della metà.

La graduale scomparsa degli sportelli è anche frutto dei processi di aggregazione fra istituti di credito, che comportano sempre un’opera di razionalizzazione delle reti sul tenitorio, sia per rispettare le prescrizioni dell’Antitrust sia per evitare sovrapposizioni fra filiali.

Infine, il principale player a livello nazionale (Intesa Sanpaolo, che qui opera col marchio di Banca Cassa di Risparmio di Firenze) da tempo ha inglobate, ribattezzandola Banca 5, per sfruttare la rete delle tabaccherie e proporre ai propri correntisti alcune operazioni di base.

Il processo di razionalizzazione, dunque, sembra inarrestabile. E per i Comuni più piccoli e disagiati si rivela un grosso problema.

Secondo uno studio condotto nei mesi scorsi da Irsf Lab per la Fisac-Cgil regionale, 21 Comuni toscani oggi risultano privi di uno sportello bancario, e senza neppure un punto bancoLe bandie più presenti  II Istituti che prevedono operazioni online mat gestito da un istituto. Su 111 Comuni toscani classificati come area interna ossia il 56% del totale emerge nell’ultimo quinquennio una riduzione del numero degli sportelli, ne sono stati chiusi 69, leggermente superiore alla media toscana. E l’aumento della cosiddetta «distanza funzionale» degli sportelli bancari dalla direzione generale dell’istituto di riferimento è, secondo la Fisac-Cgil, uno degli elementi alla base di un minore finanziamento alle imprese.

Nei cinque anni prima della pandemia, infatti, la Toscana ha subito un calo di quasi 3,5 punti percentuali oltre la media nazionale dei finanziamenti alle imprese con meno di venti dipendenti (in Italia si è scesi del 18,9%, in Toscana addirittura del 22,2%), a fronte di un aumento dello stock dei risparmi sui conti correnti nel periodo fra il 2014 e il 2020 di otto punti superiore alla media nazionale (Italia più 26%, Toscana più 34%).

In Toscana le grandi aggregazioni fra istituti di credito in attesa di conoscere il futuro di Banca Monte dei Paschi di Siena, dopo il fallimento della trattativa con Unicredit si sono per il momento arrestate: le ultime operazioni più rilevanti sono state l’acquisizione di Ubi, e dunque dell’eredità di Banca Etruria, da parte di Intesa Sanpaolo e, in anni precedenti, di Carismi (Cassa di Risparmio di San Miniato) da parte di Credit Agricole.

Questo definisce un quadro in cui le banche con la propria sede centrale in Toscana sono sempre meno. Banca Mps rimane la più grande, e la più presente: 298 sportelli sul territorio, più di Intesa (239) e di Banco Bpm (134). Seguono, fra le banche con la «testa» sul territorio regionale, la Cassa di Risparmio di Volterra (62) e Banca Cambiano 1884 (41), insieme alle due piccole Popolari di Lajatico e Cortona (alleate da qualche anno), mentre Banca Ifigest è votata alla clientela private.

Lo stesso segmento era il campo d’azione di Invest Banca, piccolo istituto empolese della galassia Cabel specializzato in servizi di investimento: finita nell’agosto 2020 in amministrazione straordinaria per opera della Banca d’Italia, a fronte di pesanti perdite, è stata rilevata da Banca Cambiano 1884 nell’autunno scorso.

Discorso a parte per le quindici banche dí Credito cooperativo che hanno sede e sportelli in Toscana, ma che afferiscono tutte ai due gruppi cooperativi nazionali: Iccrea di Roma, per le 14 Bcc della Federazione regionale, e Ccb di Trento per la sola Bcc di Castagneto Carducci.

II vento delle aggregazioni, che ha spirato forte negli anni scorsi, sembra essersi arrestato: l’ultima operazione conclusa con successo è stata la fusione fra Banca Tema e Banca Valdichiana, mentre quella tra Banco Fiorentino e Banca Alta Toscana, annunciata con una lettera congiunta d’intenti, non si è mai concretizzata.

L’orientamento della Federazione adesso è quello di dire sì alle fusioni se necessarie per risolvere le situazioni di difficoltà di un singolo istituto, ma senza spingere più per aggregazioni tra banche sane della stessa taglia.

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