Dalla Lombardia alla Sicilia, passando per la capitale, la presenza delle donne non può passare inosservata. Siamo davvero tante, in questo sabato 27 novembre, in cui la protesta sindacale per una manovra di bilancio iniqua, che non riduce le disuguaglianze, si intreccia con le mobilitazioni di associazioni e movimenti femministi contro la violenza sulle donne.
Per tante di noi non è facile liberarsi di sabato dei carichi di cura, ma non possiamo mancare, perciò tante bambine e bambini in piazza insieme ai genitori. Dietro le mascherine, donne di tutte le età a dire che la violenza di genere non si compie soltanto con la strage delle donne – 104 i femminicidi da gennaio – ma è anche agita attraverso discriminazioni quotidiane e istituzionali che le donne subiscono ogni giorno.
Basti pensare che l’ultima riforma pensionistica si è preoccupata di parificare a 67 anni l’età pensionabile per lavoratrici e lavoratori pubblici e privati, prima ancora di parificare gli importi. Le pensioni di cui sono beneficiarie le lavoratrici sono in media nettamente inferiori, sia per la neutralizzazione dei periodi di cura che per il divario di carriere tra donne e uomini. Il lavoro di cura, anche familiare, svolto in prevalenza dalle donne – e non solo da loro – deve essere riconosciuto nel suo valore economico e sociale. È inoltre urgente una legge per la non autosufficienza, che riqualifichi il lavoro di cura di caregiver e badanti, insieme a investimenti per rafforzare i servizi sanitari e sociali territoriali.
La presenza delle donne in piazza accende la speranza che un cambiamento sia ancora possibile, solo noi possiamo rivendicarlo e conquistarlo, nessuno può realizzarlo al nostro posto, per noi o per le future generazioni.
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