Area Calabrolucana
Abbiamo fortemente atteso che si fissasse la data della Trimestrale di Area, considerata sempre un momento alto di verifica della realtà aziendale, un confronto importante per potere, nella diversità dei ruoli, illustrare, di fronte a livelli diversi della Banca, la vera situazione dei colleghi e dei punti operativi.
Spesso infatti ciò che viene presunto o dato per scontato dai nostri interlocutori è completamente difforme dal contesto e dalle condizioni in cui si trovano a lavorare i colleghi.
Ma l’attesa è stata vana: vogliamo comunque portare a fattore comune ciò che avremmo illustrato: avremmo descritto filiali allo stremo, dove l’illusione di tornare ad una normalità che non sarà più quella di prima, ha evidenziato invece ancora di più le carenze e le disfunzioni: personale stanco, provato che si trova quotidianamente a combattere per cercare di colmare ritardi; lacune organizzative e procedurali dalle quali si subiscono pesanti ripercussioni.
La motivazione dei colleghi a terra: riunioni commerciali (in alcuni casi giornaliere della durata di messe cantate) che vorrebbero accendere entusiasmi e strategie ma trovano platee di uditori stanchi che non riescono a trovare energie e ragioni.
Attenzione però a non pensare che sia colpa della pandemia: il covid ha solo accelerato ed espresso in tutta la sua gravità, gli effetti di scelte poco lungimiranti: pensiamo alla spinta per ridurre o abolire le casse, per poi ritrovarsi nel periodo delle ferie, senza possibilità di organizzare e pianificare le sostituzioni: e dopo aver tentato soluzioni improvvisate, si decide addirittura di chiudere il servizio alla clientela
Meraviglioso: in un contesto in cui i fatti hanno sempre dimostrato la necessità di permanenza delle casse, si eliminano nel periodo di maggiore affluenza: per fortuna si diceva che la cassa offriva anche ottimi spunti di cross selling commerciale! Ma forse era un altro film…
Forse una visione più rispondente, porterebbe ad assunzioni dedicate proprio a questo ruolo: giovani da inserire in ruoli base.
Cosa dire poi della problematica bancomat? filiali spogliate del servizio di casse trasformate solo in punti consulenza, dove pero bisogna continuamente ricorrere al servizio prestito risorse per potere garantire il caricamento degli atm.
Cambiamenti di ruoli professionali, effettuati finalmente dopo anni di inascoltate richieste, ma che però evidenziano sempre una coperta cortissima: affluent che diventano small senza la vera formazione che il ruolo richiede; ma i portafogli lasciati da chi saranno gestiti?
Nuove strutture (agribusiness) dove arrivano telefoni, scrivanie, per non parlare dei gestori e degli addetti, dopo mesi dalla partenza del progetto: forse serviva una organizzazione più efficace; forse il management che rivede le proprie scelte o corregge quelle operate, assicura sopravvivenza e successo più di quello che persiste nella miope convinzione di perfezione.
Direttori che si ritrovano a gestire filiali sempre più vuote di risorse (in alcune si lavora costantemente solo in due) e sempre più cariche di obiettivi, problematiche, criticità: e cosa dire degli effetti di una integrazione improvvisata, che continua a parlare lingue diverse, che non è stata adeguatamente strutturata e che sta, giorno dopo giorno, rivelando preoccupanti risvolti, specie in tema di controlli?
Attenzione, a tutto questo: si stanno , giorno dopo giorno, intaccando le basi dell’appartenenza, della fiducia, della credibilità e della prospettiva: i colleghi si rispondono sempre di più che non ne vale la pena, si stanno appiattendo e spegnendo nell’entusiasmo e nella speranza, in ciò che servirà necessariamente per garantirci il futuro: e la colpa non è certamente loro.
Servono risorse, risposte, garanzie, processi di progressione professionale certi, quantificabili, duraturi e condivisi, dall’inizio alla fine: non è possibile in corsa modificare le regole del gioco, non è corretto, non è efficace.
Avremmo voluto ascoltare risposte su quesiti già posti su Filiali che sono ”sfasciumi penduli sul mare” parlare dell’irrazionalità di certe razionalizzazioni, delle mancate occasioni che una pianificazione più attenta avrebbe al contempo portato a ridurre costi di affitto e dare servizi migliori ai clienti. Sarebbe stato fiato sprecato, certo, ma chissà…
E cosa dire di un’azienda che a metà anno comunica con effetto retroattivo la diminuzione delle complessità dei portafogli ( gestiti e performanti anche durante la pandemia!!!!!) e mette le mani nelle tasche dei colleghi (neppure il fisco italiano riesce a farlo) chiedendo la restituzione dopo 7 mesi della componente remunerativa collegata alla precedente complessità?
Come commentare: “Intesa SanPaolo ha al centro le risorse e la loro valorizzazione”: forse i colleghi non hanno ancora compreso che remano nelle galere anzichè lavorare in un grande Istituto bancario, che rappresenta il primo datore di lavoro del Paese!
E allora in un momento in cui l’Azienda si appresta ad attuare la sua riorganizzazione attraverso il piano industriale, è indispensabile porre le basi , ma soprattutto dimostrare la volontà, di costruire una Intesa Sanpaolo inclusiva per i suoi dipendenti, gratificante, premiante, visionaria, nella quale si possa ritrovare l’orgoglio di un tempo: oggi ne è rimasto veramente poco.
Reggio Calabria, 21/7/2021