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Il Recap tool è l’emblema della poca attenzione e ancora più scarsa sensibilità che la nostra azienda sta riservando alle lavoratrici e ai lavoratori della Banca Nazionale del Lavoro.
Uno strumento che la banca ha presentato alle rappresentanze sindacali con la solita, stantia retorica:
“attraverso il monitoraggio costante del lavoratore avremo la possibilità di migliorare l’efficacia produttiva della struttura e di perfezionare l’offerta formativa per i colleghi che presentino difficoltà nella loro attività”. Che, tradotto, suona più o meno così: “vogliamo controllare il lavoratore ogni istante, così da farlo sentire sotto pressione e compensare la nostra scarsa capacità manageriale nell’organizzare l’attività con l’esaurimento psicofisico dei colleghi.”
Difficile interpretare diversamente uno strumento che impone a ciascun lavoratore di dichiarare l’attività svolta in ogni minuto della sua giornata lavorativa, considerando che un monitoraggio nelle APAC è sempre esistito, ma su base aggregata, che è quello che noi riteniamo essere l’unico modo accettabile per contemperare la necessità aziendale di organizzare l’attività e, al contempo, rendersi conto di eventuali problematiche in tal senso, con il rispetto verso ciascuno di noi, come persone e come dipendenti.
Questo strumento ci è stato presentato tempo fa e come organizzazioni sindacali abbiamo espresso sin da subito tutta la nostra contrarietà: nonostante ciò, l’azienda ha ritenuto opportuno continuare per la sua strada – addirittura è recente la notizia che si starebbe utilizzando lo stesso tool anche in ambito CBA (Consulenza Bancassurance) – evitando qualsiasi confronto. Un malcostume che, evidentemente, continua a ritenere appropriato in quelle relazioni industriali che, un tempo, si basavano sul costante e reciproco dialogo.
Il Recap Tool, pertanto, non è mai stato in alcun modo avallato dal sindacato, che continua a ritenerlo uno strumento non solo inutile da un punto di vista organizzativo, perché nulla aggiunge a quello sinora utilizzato (il recap), ma anche lesivo della dignità di ciascuna lavoratrice e di
ciascun lavoratore.
La banca vende nella sua patinata vetrina l’immagine di un’azienda attenta alle sue risorse, salvo poi infischiarsene del loro benessere e del rispetto delle condizioni in cui lavorano: una dicotomia di cui ciascun lavoratore, anche chi aveva qualche dubbio in passato, sta prendendo coscienza.