Centro Studi Cgil, primi risultati di una ricerca sul lavoro

 

La chiamano “sindrome d’assedio”, un fenomeno diffuso emerso fra i primi risultati dell’indagine “Cento domande sul lavoro”, commissionata dal Centro Studi Cgil al Dipartimento di Scienze Sociali e delle Istituzioni dell’Università di Cagliari.

Lavoratori con contratto stabile che stabili non si sentono, “assediati” dall’incertezza, dalla precarietà e dai numeri sempre più impressionanti della disoccupazione. Una sindrome che rischia di abbassare il livello dei diritti, con una disponibilità, purtroppo diffusa, a cedere, trattare al ribasso, subire tutto pur di mantenere il posto di lavoro.

Un rischio che costituisce anche la scommessa sul futuro del sindacato, impegnato a combattere una battaglia per includere chi quei diritti non li ha, puntando ad estenderli e non a livellare verso il basso un mercato del lavoro sempre più in crisi.

I primi risultati dell’indagine (http://www.cgilsarda.it/reg.php?docum=not&perc=364.pdf&id_doc=364) sono stati presentati alla stampa il 18 Aprile scorso da Maria Letizia Pruna, docente di sociologia e coordinatrice del progetto, dalle ricercatrici Silvia Tedde e Sabrina Perra, dal Segretario Regionale Confederale Michele Carrus, da Enzo Costa, presidente nazionale Auser.

L’indagine, iniziata un anno fa, costituisce la prima ricerca sul lavoro realizzata in Sardegna. Hanno risposto al questionario 2.457 lavoratori, occupati in aziende pubbliche e private, in ogni parte del territorio regionale.

La ricerca è nata dalla diffusa percezione che sia andata perduta, o fortemente indebolita, la consapevolezza dei diritti nel lavoro maturata e tenacemente difesa nel corso del Novecento. L’idea è che il processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro – così come è stato regolato in Italia – abbia indebolito non solo le tutele e le sicurezze dei lavoratori, ma soprattutto la loro coscienza del diritto a vedere assicurate una serie di tutele nel lavoro.

L’ipotesi di partenza della ricerca può essere riassunta in due domande: che cosa rimane della consapevolezza dei diritti nel lavoro tra i lavoratori e le lavoratrici? Se tra i più anziani può essersi smarrito il senso originario dei diritti nel lavoro, tra i più giovani è mai nato? Per rispondere alle due domande ne sono state poste cento.

Malgrado l’erosione delle sicurezze e il peggioramento delle condizioni lavorative, il lavoro continua a essere considerato oltre che un mezzo per vivere anche uno strumento fondamentale di libertà e di cittadinanza, un’attività in cui si prova innanzi tutto soddisfazione prima che fatica. In secondo luogo, emerge una percezione chiara da parte degli intervistati delle gravi difficoltà occupazionali e sociali dei territori (il 67 per cento indica che nel proprio territorio “c’è poco lavoro e una povertà diffusa”), ma anche dei disagi diffusi nella ristretta cerchia di amici e conoscenti, tra i quali sono frequentissimi i casi di disoccupazione, cassa integrazione, lavoro precario ed emigrazione per necessità. Emergono inoltre condizioni di lavoro gravose, sotto molti profili, a cominciare dall’organizzazione degli orari. Più del 40 per cento degli intervistati svolge un lavoro a turni e nella larga maggioranza dei casi i turni comprendono il sabato, la domenica e la notte. Per oltre il 40 per cento degli intervistati negli ultimi anni le condizioni di lavoro sono peggiorate, soprattutto per gli operai (48 per cento), per meno del 18 sono migliorate, soprattutto per i dirigenti (quasi il 33 per cento). La presentazione del Rapporto di ricerca finale è prevista a settembre.

 

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