Bnp Paribas, Credit Agricole e Barclays bloccano i loro gli investimenti “insostenibili”. Nelle ultime settimane i tre grandi gruppi hanno, infatti, sospeso i fondi di investimento in commodity alimentari. Una vittoria soprattutto per Oxfam France, che, solo poco tempo prima, aveva lanciato la campagna: “Banche: la fame da buoni profitti”. L’obiettivo? Denunciare il danno enorme provocato alle popolazioni più povere dalla speculazione finanziaria sui questi beni.
Nel report, che ha sostenuto l’azione della campagna, Oxfam offre i numeri di una speculazione che, dal 2005 al 2008, ha provocato un aumento dei prezzi dei beni agricoli intorno all’83 per cento. Crescita notevole se si pensa che solo il 35% di questa cifra deriva dal mercato fisico, mentre il restante 65% è determinato dalla speculazione.
Solo in Francia, in base ai dati forniti da Oxfam, nel 2012 gli istituti di credito hanno investito in almeno 18 fondi che partecipavano a questo tipo di speculazione con un giro d’affari stimato intorno ai 2,6 miliardi di euro. Esiste però un rovescio della medaglia. Negli ultimi dieci anni, secondo dati stimati della Fao, a causa di questa eccessiva speculazione, il prezzo dei prodotti alimentari è più che raddoppiato. Il risultato? Le economie più deboli sono divenute più vulnerabili e molte popolazioni sono state ridotte alla fame, vera.
Ed è così che, date le pressioni, i tre grandi colossi hanno sospeso le loro attività di trading. Bnp Paribas è stata la prima, chiudendo la sottoscrizione al fondo Parvest World agriculture dal valore di 263 milioni di euro. L’istituto di credito ha anche fermato il fondo Etf Ultra light Energy in cui il 40% del capitale, circa 46 milioni di euro, era investito in commodity agricole. Credit Agricole, dal canto suo, ha preso impegni per questo aprile: chiuderà i tre maggiori fondi indicizzati di speculazione in beni agricoli. Il colosso bancario ha tenuto però a precisare, riporta il Financial Times, che la scelta era già stata presa mesi fa, e non ha nulla a che vedere con la campagna promossa dall’Ong.
«Il bilancio della campagna portata avanti in Francia è, senza dubbio, positivo – afferma Elisa Bacciotti, Direttrice Dipartimento Campagne Oxfam Italia – Gli obiettivi raggiunti indicano, infatti, che sono stati fatti alcuni passi avanti importanti dai grandi gruppi bancari. Prima di tutto hanno riconosciuto che le loro azioni non sono neutre, ma hanno un effetto soprattutto sulle popolazioni in via di sviluppo.» Altro elemento significativo riguarda la volontà di mettere in atto comportamenti più responsabili: «Questi gruppi – continua la Bacciotti – hanno compiuto una scelta di trasparenza verso i loro investitori che a gran voce avevano richiesto una presa di posizione. Anche questo è un segnale molto importante in un momento in cui la finanziazione dell’economia è spiccata ma allo stesso tempo crescono anche i cittadini interessati a una finanza più sostenibile».
Il lavoro di Oxfam si inserisce però in un quadro più ampio che vede numerose Ong impegnate nella promozione di trading che non generino fame. Il grande traguardo, per il World Development Movement, è stato raggiunto a febbraio quando anche Barclays ha annunciato di voler cambiare strategia. L’ong, da tempo impegnato nella campagna “Fermate Barclays dallo scommettere sulla fame” , ha accolto la notizia con soddisfazione. Il gruppo bancario ha dichiarato che non speculerà più sulla vendita dei prodotti agricoli, poiché questa pratica non è compatibile con gli obiettivi e le finalità della compagnia.
La campagna portata avanti da Oxfam France non è perciò che l’ultima di un lungo impegno. Nel 2012 la stessa Ong aveva promosso un’altra iniziativa in Germania poiché gli investimenti in commodity alimentari dei maggiori istituti di credito erano più che quadruplicati negli ultimi anni, raggiungendo quota 11,4 miliardi di euro. Allianz e Deutsche Bank, primi bersagli del report, sono rimaste fino ad ora insensibili all’attacco. Al contrario altri gruppi tedeschi, quali Landesbank Berlin, Landesbank Baden-Württemberg e Commerzbank, hanno modificato le loro strategie di investimento in un ottica più equa e trasparente.