27 gennaio – Giornata Internazionale della Memoria
È successo anche questa volta. Mentre si cammina trafelati o sovrappensiero, programmando un piccolo futuro che va dalla cena da preparare alla telefonata di lavoro rimasta indietro, o qualche piccolo progetto un po’ più ampio, loro ti intercettano e brillano, anche se un po’ sporche, affondate nel grigio del marciapiede e ti bloccano il passo. Devi chinarti a guardarle e leggere quei nomi e quelle date.
Eccole, le pietre d’inciampo, le Stolperstein, il memoriale diffuso più grande al mondo ideato dall’artista tedesco Gunter Demnig. Queste sono tre, una accanto all’altra, strette come la famiglia impaurita che venne brutalmente deportata e infine massacrata ad Auschwitz nel 1943, non molto tempo fa, in un’Italia non tanto diversa da questa: c’era già la radio, le macchine, il cinema, i dischi, gli ospedali, l’industria, l’università, l’acqua calda, il sistema fognario, insomma era l’Europa moderna con il progresso tecnico in continuo avanzamento e la cultura raffinata e sensibile in fiore, eppure…
Eppure è successo, molte volte, milioni di volte, più di 6 milioni di volte e in tutta l’Europa moderna.
La storia gira nella testa e si mischia alla memoria: l’infamia delle leggi razziali, l’orrore dei campi di sterminio, il dolore senza fine dei sopravvissuti che taceranno per anni solo per la vergogna di essere vivi, le testimonianze delle deportazioni, i documenti che certificarono con la famosa precisione tedesca i “carichi” di persone che venivano smistate nelle decine di campi dove farli morire nei modi più svariati fino al perfezionamento col Zyclon B, il gas efficiente e micidiale ma non pietoso né veloce come ci immaginiamo per placare una coscienza che non può comprendere fino infondo quello che è successo realmente, e l’organizzazione lucida, concretamente “industriale” per ucciderne sempre di più, deportarne sempre di più, smaltirne sempre di più, tanti, in fretta e bene.
Gli ebrei in questa storia ci hanno messo solo i morti, scrive Elena Lowenthal nel suo libro CONTRO IL GIORNO DELLA MEMORIA, il resto è affar nostro.
A noi spetta il compito di ricostruire e custodire meticolosamente la storia e non lasciare che venga occultata, modificata, scolorita, travisata, edulcorata.
A noi spetta la memoria, non nel convincimento un po’ puerile e già più volte smentito che con la semplice memoria si possa scongiurare che succeda di nuovo, ma per assumersi profondamente la responsabilità morale e civile di quanto è successo, cosa ben diversa dal lavarsi via il senso di colpa con la celebrazione di una data e con qualche corona di fiori depositata davanti ai binari dei treni.
In questo anno di pandemia le scuole si sono fermate, quindi centinaia di ragazzi di tutta Europa non hanno potuto vedere personalmente i campi, non hanno potuto ascoltare direttamente i pochi testimoni che ancora sopravvivono: un danno gravissimo per la costruzione profonda della consapevolezza di ciò che è stato. Troppe e troppo alte stanno diventando le voci di quanti, approfittando di una democrazia lasca e distratta, bestemmiano sostenendo che non è successo, che forse sì… ma non così tanti, che se la sono cercata, erano troppo ricchi… se erano davvero così tanti potevano ribellarsi, no? … che la guerra è guerra, succede… ma dai, i forni erano troppo pochi…
Senza la storia che sostiene la memoria e senza la memoria che crea la responsabilità, queste affermazioni ripugnanti avranno terreno fertile, e se un ragazzo vedrà brillare incastonata nel marciapiede una Stolperstein non inciamperà, non si fermerà quei minuti necessari per pensare e non si renderà conto di trovarsi di fronte ad una cosa sacra, che racchiude in un cubo di 10 cm x 10, la storia, la memoria e la morte.
Per coloro che volessero ”inciampare”, questo è il link con l’elenco delle Stolperstein posate in tutte
le città d’Italia, dove potete anche trovare le storie delle vittime:
https://it.wikipedia.org/wiki/Pietre_d%27inciampo_in_Italia
Le pietre d’inciampo ritratte nella fotografia sono a Milano in via Carlo Botta.
Milano, 27 gennaio 2021
Fisac-CGIL Gruppo Banco BPM