Con Sentenza n.32112 la Corte di Cassazione stabilisce che essere in possesso di una somma notevole di denaro, anche senza essere in grado di giustificare disponibilità e provenienza, non può delineare automaticamente il reato di riciclaggio con conseguente sequestro della somma. Questo anche se il soggetto, a cui sono stati riscontrati i valori, l’abbiano occultatati, sia nullatenente e con reati penali precedenti.
La Suprema Corte ribadisce, in via preliminare, la necessaria imprescindibilità, ai fini della corretta applicazione delle misure cautelari reali, della verifica delle risultanze processuali e dall’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti.
Il principio sostenuto dalla Corte di Cassazione Penale si basa, dunque, sulla ricostruzione del reato di riciclaggio che prevede, espressamente, l’individuazione di un reato presupposto, indicando in caso di sequestro l’origine del bene da sottoporre al vincolo in quanto di provenienza illegale.
Secondo il Giudici non possono risultare sufficienti i richiami a meri indici sintomatici privi di specificità in ordine all’origine della disponibilità dei beni oggetto di eventuale sequestro e suscettibili di provare solo un semplice possesso ingiustificato di denaro.
Di conseguenza, un sequestro preventivo di cose che si presumono pertinenti al reato di riciclaggio deve essere sostenuto da elementi di fatto acquisiti e scrutinati, riferibili ad un reato presupposto che dovrà almeno essere astrattamente configurabile e precisamente individuato.
Per la Cassazione, perciò, per giustificare un sequestro non è sufficiente la sola supposizione dell’esistenza di un reato presupposto dalla mera effettuazione di operazioni presuntamente sospette degli indagati, ma occorre una sostanza probatoria concreta. Non può essere considerata attività di riciclaggio il mero possesso di denaro, in quanto non idoneo ad integrare da solo l’attività diretta alla sostituzione ed al trasferimento od altre operazioni intese ad occultare la provenienza illecita del denaro.