Dipartimento Nazionale Salute e Sicurezza
In premessa ci corre l’obbligo di precisare che il Decreto Legge n. 83 del 30 luglio 2020 ha ricompreso fra i vari articoli e provvedimenti posti in proroga di scadenza al 15 ottobre 2020, quelli interessanti le disposizioni in materia di lavoro agile: “i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017,n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. ”.
Come è evidente si è creata una disparità di trattamento tra il lavoratore “fragile” che può svolgere un’attività lavorativa in modalità agile (prevalentemente se non esclusivamente di carattere amministrativo) e i numerosi lavoratori “fragili” occupati in attività non compatibili con tale modalità.
Per quanto riguarda le altre problematiche relative ai lavoratori “fragili” che dovranno rientrare al lavoro non usufruendo della proroga, bisogna fare alcune considerazioni ed a questo proposito cerchiamo di dare risposte ad alcune domande che ci sono state poste:
Domanda : Il lavoratore/trice fragile che è stato fatto rientrare in servizio dopo il 31/7, può ora fare “ricorso”/opporsi a questa decisione del medico competente? Se il medico del lavoro li giustificasse idonei al lavoro ma a condizioni particolarmente difficili da realizzare (ad un cassiere hanno detto che non doveva essere a contatto col pubblico) come cambiano le responsabilità aziendali?
Risposta Con la pubblicazione del Decreto Legge n. 83 del 30 luglio 2020 si pone all’attenzione dei Medici Competenti il rientro al lavoro dei lavoratori cosiddetti “fragili”; il lavoratore dovrà richiedere una visita al Medico Competente affinché possano esserne valutati gli esiti in relazione ai rischi professionali cui dovrà essere riesposto il lavoratore medesimo al rientro sul luogo di lavoro e comunque per avere maggiori misure di prevenzione dal contagio in quanto soggetti iper-suscettibili (utilizzo di maschere FFP2, l’adozione di barriere para-fiato, l’utilizzo in mansioni di carattere amministrativo o comunque non di front office, misure organizzative e procedurali per evitare la presenza in assembramenti o eccessiva vicinanza ad altri colleghi ecc.).
Il Datore di Lavoro deve rinnovare l’informativa ai lavoratori “fragili” di poter essere rivalutati su loro precisa richiesta al Medico Competente ai sensi dell’art. 41, al comma2, lettera c) Decreto legislativo n° 81, 9 aprile 2008.
Domanda Per i lavoratori/trici che restano a casa utilizzando la malattia viene impegnato il periodo di comporto? Se sì in che misura? Per i lavoratori/trici che restano a casa utilizzando le ferie di competenza queste verranno abbattute?
Risposta L’articolo 26 comma 2 del Decreto “Cura Italia” prevedeva, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità, che il periodo di assenza dal servizio previsto per ridurre il rischio di contrazione del virus, prescritto dalle competenti autorità sanitarie o dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, fosse equiparato al ricovero ospedaliero, quindi non computato nei periodo di comporto, ovvero il periodo di malattia finito il quale si può procedere al licenziamento del lavoratore. Tali tutele sono state prorogate nel successivo Decreto “Rilancio”, fino al 31 luglio 2020. Nel Decreto del mese di agosto non vi è alcun riferimento all’articolo 26 e, pertanto, è stato ripristinato il trattamento ordinario previsto dalla normativa legislativa e contrattuale vigente in materia di malattia: quindi ad oggi non è prevista alcuna tutela a sostegno di questi lavoratori che devono quindi rientrare in servizio oppure restare a casa ma utilizzando ferie (che ovviamente verranno defalcate dal monte annuale) o malattia tramite certificato medico (che andrà ad incidere sul periodo di comporto nella misura che si utilizza in tutti i casi di malattia).
Domanda I lavoratori/trici che non avessero concluso il periodo di prova per assenza da malattia rischiano il licenziamento per superamento del comporto?
Risposta A questa domanda, in modo semplicistico, si potrebbe rispondere che, anche in questo caso, valgono le norme di legge e contrattuali generali. Volendo addentrarci in una spiegazione più articolata dobbiamo evidenziare che il periodo di prova previsto dalle leggi vigenti, viene disciplinato nei CCNL e nel caso dei nostri comparti non può superare i tre mesi. Per quanto riguarda il c.d. periodo di comporto, nei nostri comparti si prevede che, in caso di malattia o infortunio al lavoratore che abbia superato il periodo di prova venga conservato il posto per un periodo non è inferiore ai dodici mesi.
Da questi aridi dati numerici ne consegue che, durante il periodo di prova, il lavoratore, secondo il contratto collettivo, può essere licenziato anche se in malattia, in quanto non ha diritto alla conservazione del posto.
Secondo un primo orientamento della giurisprudenza [Corte di Cassazione n. 6479/1987], la malattia non sospende il periodo di prova: applicando questo principio, se non si licenzia il lavoratore sino alla scadenza del periodo di prova, questi è confermato e dunque, come dipendente non più in prova, egli ha diritto al periodo di comporto.
Secondo un altro orientamento [Corte di Cassazione n. 12814/1992], invece, la malattia sospende la durata del periodo di prova: questo non vuol dire, però, che il lavoratore non possa essere licenziato, perché, come stabilisce il contratto collettivo, il diritto alla conservazione del posto durante la malattia sorge solo per i lavoratori non in prova.
Se dovesse sopravvenire una lunga malattia proprio quando il periodo di prova è appena iniziato e, quindi, la durata del periodo di prova fosse così breve da non permettere di valutare correttamente le competenze e capacità del dipendente, questi, a prescindere dal fatto che il contratto collettivo, o individuale, stabilisca una durata minima della prova, potrebbe comunque opporsi al licenziamento. [Corte di Cassazione sent. n. 4979/1987].
In conclusione rispetto alle lavoratrici e ai lavoratori fragili posti in particolare situazione di tutela dalla Legge a causa del Covid 19, noi ci auguriamo che i nostri organismi aziendali siano attenti nei luoghi di lavoro e si attivino nei confronti delle Aziende per evitare discriminazioni a danno di queste persone in un momento così particolare e delicato per la salute delle persone.