IL PRIMO NUMERO DI FEBBRAIO 2019 Festività Soppresse – Ex Festività: 2019 Brevi note su Accordo ferie, banca delle ore, permessi ex festività, part time. Rimborsi spese per corsi Che fine faranno i bancari? Calcagni - FISAC: c'è spazio per l'aumento dei salari in banca Assegni non trasferibili, sanzioni ridotte. Welfare aziendale: Ok a familiari non a carico né conviventi Violazioni normativa MIFID II Unicredit sperimenta l’ufficio aperto ai quattrozampe Congedi parentali: una legge ancora poco conosciuta BPER: chiusure oltre le attese Sindacati e BPER: continua il confronto Quota 100: approvato il decreto, ecco cosa cambia CGIL: ecco dove eravamo Dicono di noi: la BPER sui giornali FESTIVITA' SOPPRESSE - EX FESTIVITA' 2019 BANCARI ABI ed Esattoriali Totale di 4 giornate di permesso per ex-festività 2019 Martedì 19 marzo San Giuseppe Giovedì 30 maggio Ascensione Giovedì 20 giugno Corpus Domini Mercoledì 4 novembre Unità Nazionale Per i lavoratori della piazza Roma il 29 giugno è festivo. Per i lavoratori in SERVIZIO il giorno 29 giugno Nelle altre città spetta un giorno di permesso aggiuntivo (4 di ex festività + 1). Fatti salvi i diversi accordi stipulati in sede aziendale: in BPER, a seguito di un accordo del 2002, in automatico le giornate di festività soppresse vengono automaticamente convertite in giorni di ferie e riassegnati nel monte giornate di ogni dipendente. Giornate semifestive Martedì 24 dicembre Vigilia della natività di N.S. e martedì 31 dicembre ultimo giorno dell’anno. E’ considerato permesso retribuito straordinario il 14 agosto Vigilia dell’Assunzione della B.V. Maria, già semifestivo. Fatti salvi i diversi accordi stipulati in sede aziendale. BREVI NOTE SU ACCORDO FERIE; BANCA DELLE ORE; PERMESSI EX FESTIVITA', PART TIME Il 19/12/2018 è stato firmato un accordo sindacale su Ferie Permessi Banca Ore e Part Time. Nell'accordo, tra gli altri istituti, si prevede che: "a fronte di necessità personali del dipendente, le aziende potranno accogliere nel rispetto delle norme in materia, richieste di giornate di ferie in eccedenza rispetto alla dotazione dell’anno in corso e a decurtazione della spettanza dell’anno successivo", ovvero un anticipo delle ferie da utilizzare durante l'anno corrente e che vanno a sottrarre la disponibilità delle ferie dell'anno successivo. Questa possibilità è naturalmente economicamente più favorevole rispetto alla concessione di un periodo di aspettativa non retribuita (ovviamente più penalizzante per il lavoratore). Qualche altra considerazione da notare: Art. 3 - Ferie […] non è consentito il loro riporto in accumulo nell’esercizio successivo a quello di maturazione, salvo casi motivati che dovranno essere autorizzati dalla funzione Risorse Umane delle aziende interessate. La variazione del piano ferie è consentita a condizione che, […], si provveda inderogabilmente alla contestuale ripianificazione delle giornate cancellate garantendone la relativa fruizione, comunque, in corso d’anno. L’intera dotazione di ferie dovrà essere integralmente fruita entro il 31/12/2019, termine entro cui non dovrà essere presente alcun residuo. Art. 4 - Banca Ore […] il ricorso al lavoro straordinario,[…] sia limitato alle situazioni di effettiva necessità. L'azienda si adopererà per adottare tutte le misure necessarie per garantire l’effettiva fruizione della Banca Ore. A conferma di quanto precedentemente concordato, la banca delle ore risultante alla fine degli esercizi 2018 e 2019 dovrà essere recuperata entro i 12 mesi successivi. Art. 6 - Part time I contratti di lavoro a tempo parziale in essere presso tutte le Banche e Società del Gruppo alla data di sottoscrizione del presente accordo ed aventi scadenza entro il 31/12/2019, saranno prorogati di 12 mesi alla rispettiva scadenza, senza necessità di richiesta e salvo diversa richiesta da parte della risorsa interessata. Se desiderate qualunque tipo di chiarimento o intervento, potete rivolgervi in ogni momento alle RSA FISAC che trovate alla pagina Info e contatti. RIMBORSI SPESE PER CORSI Tutti ricorderete che la banca ha già effettuato gli addebiti a campione retrodatati per errati rimborsi spese per corsi (anche se in realtà la banca stessa ha autorizzato questi rimborsi, anche se errati, dal 2011 fino a quasi tutto il 2018). Dato che abbiamo ricevuto molte segnalazioni che riportano dubbi sul corretto inserimento dei chilometri in procedura ZTravel, abbiamo pensato che potesse essere utile definire una volta per tutte la procedura da seguire per veder riconosciuti i giusti rimborsi per la partecipazione ai corsi senza rischiare riaddebiti futuri e senza rinunciare al rimborso dovuto. La situazione, definitiva, si può così dirimere: fermo restando che per accedere ai rimborsi chilometrici occorre ottemperare ai requisiti delll'Art.35, comma 6 CIA 2011, ovvero partecipare ad un corso in unità produttiva DIVERSA da luogo di lavoro o luogo di residenza, il calcolo del chilometraggio da inserire in procedura Z-Travel viene effettuato sul percorso: luogo di RESIDENZA --> luogo del Corso E NON Luogo di Lavoro o Percorso più Breve come alcuni, sbagliando, hanno riportato. La fonte normativa risiede nel: REGOLAMENTO di GRUPPO --> sottoprocesso Viaggi e Missioni --> versione 18/1/2018 --> protocollo 550 --> commi 4.2.2 CHE FINE FARANNO I BANCARI? Sempre più spesso ci chiediamo quale potrà essere il ruolo degli impiegati di banca in un mondo nel quale la tecnologia sembra destinata a sostituirli in quasi tutte le attività. Dal Belgio arriva una risposta quanto meno inquietante. In quel Paese, come del resto in tutto l’Occidente, il processo di digitalizzazione sta portando a una costante riduzione degli sportelli, con tagli agli organici quantificabili mediamente intorno al 2% annuo. Quindi da un lato c’è un certo numero di bancari che non si sa dove mettere, dall’altro ci sono settori, come la sanità, che invece presentano carenza di lavoratori. Tutto ciò ha portato la Febelfin, la federazione belga del settore finanziario, a stipulare un accordo con i sindacati per permettere, al momento su base volontaria, ai lavoratori del credito di riconvertirsi come infermieri. A marzo inizierà la campagna d’informazione, da settembre l’avvio dei corsi di formazione che dureranno almeno un anno. Il senso dell’accordo è: meglio accettare subito un lavoro più umile, piuttosto che rischiare di ritrovarsi senza lavoro in un futuro non lontano. La notizia è talmente paradossale da lasciar pensare alla più classica delle fake news, se non fosse per l’affidabilità delle fonti: a pubblicarla è stata infatti Italia Oggi, che ha sua volta ha ripreso un articolo di Le Figaro. Senza guardare troppo lontano, altri due fatti avvenuti la settimana scorsa in Abruzzo lasciano trasparire quanto le nostre condizioni di vita siano già adesso diventate assai problematiche. La prima notizia arriva da Pescara: il 2 gennaio è stata rapinata una filiale della BPER. Il responsabile, armato di taglierino e col volto coperto da un passamontagna, ha agito da solo ricavando un bottino decisamente magro: appena 2.300 Euro. Fin qui una notizia di cronaca uguale a tante altre. La sorpresa è giunta due giorni dopo: la polizia individua rapidamente il rapinatore, scoprendo che si tratta di un impiegato di banca (non la stessa rapinata, ovviamente) che ha agito spinto dalla disperazione. Chi arriva ad effettuare una rapina a mano armata ha spesso alle spalle un contesto sociale fatto di povertà, di degrado: situazioni che eravamo abituati a considerare lontane dalla realtà degli impiegati di banca. Questo episodio ci dimostra che ormai la nostra categoria non può più considerarsi esente dal rischio povertà: bastano le spese legate ad una separazione o ad un problema di salute per precipitare nell’abisso. La seconda notizia riguarda la Provincia di Teramo ed è relativa ad un’altra rapina, avvenuta stavolta a San Nicolò. Lo scorso 4 gennaio la direttrice di filiale di una piccola BCC locale si è fermata con la sua auto ad uno stop. In quel momento è stata affiancata da un’altra macchina, dalla quale sono scese due persone che hanno sfondato il finestrino e prelevato lo zaino che era sul sedile del passeggero: all’interno c’erano 117.000 Euro che la direttrice stava trasportando nella sede centrale dell’istituto di credito. Stando a quanto si legge sul giornale, quella di trasportare i soldi con auto private sarebbe una prassi abituale in quella banca. Si fa davvero fatica a capire come si possa imporre a un bancario una simile operatività - peraltro resa ancor più rischiosa dalla sua ripetitività – esponendolo così a gravi rischi per la sua incolumità personale, senza contare la concreta possibilità di provvedimenti disciplinari e azioni di rivalsa nel caso sia vittima di azioni criminali. In passato ci siamo trovati a gestire situazioni simili presso altri Istituti, e già allora abbiamo ricevuto risposte emblematiche: “Qual è il problema? i soldi sono assicurati…” Evidentemente già da allora (e si parla di diversi anni fa) l’incolumità e la sicurezza dei lavoratori non costituivano una priorità per gli Istituti di credito. Dobbiamo comunque rilevare come, ogni volta che siamo intervenuti, siamo riusciti a ricondurre alla ragione le controparti. Anche da questa vicenda dobbiamo necessariamente trarre un insegnamento. Le banche, mentre non nascondono di considerarci sempre più una spesa da sostenere con fastidio e da ridurre in tutti i modi possibili, pretendono che ci prestiamo ad esaudire le richieste più assurde E se per risparmiare il costo di un furgone blindato per il trasporto valori dobbiamo rischiare la vita, che problema c’è? Tanto i soldi sono assicurati….. Luca Copersini Segretario Provinciale Fisac/Cgil L'Aquila CALCAGNI: C’E' SPAZIO PER L'AUMENTO DEI SALARI IN BANCA Giuliano Calcagni Segretario Generale Fisac – Cgil Per il segretario di Fisac Cgil occorre estendere l’area contrattuale per evitare il dumping di fintech e colossi tecnologici Alla fine su Carige ha prevalso nel governo il principio di realtà. Ne è convinto Giuliano Calcagni, segretario generale del sindacato Fisac Cgil, che saluta con favore l’approvazione del decreto che nella sostanza adotta lo schema Mps per l’eventuale salvataggio dell’istituto ligure. Domanda. Quali rischi comporta per il personale la crisi di Carige? Risposta. Modiano e Innocenzi ci hanno rassicurato sui livelli occupazionali, anche se probabilmente la banca avrà bisogno di una ristrutturazione. D. Pensa che questo processo terminerà con l’acquisizione della banca? R. I paletti fissati dalla Bce vanno in questa direzione così come le nomine dei commissari straordinari. D. Più in generale, il 2019 sarà l’anno del consolidamento bancario in Italia? R. Se non cesserà la polemica politica, spesso eccessiva, contro le banche, è difficile che capitali privati entrino in campo a sostenere ricapitalizzazioni o acquisizioni. Se sul piano dell’analisi c’è spazio per aggregazioni, insomma, su quello dei fatti e del momento di mercato le probabilità scendono. D. Lo scenario economico-politico influenza la trattativa con Abi per il rinnovo del contratto collettivo bancario? R. La riduzione delle previsioni di crescita del pil per il 2019 non è una buona notizia. A maggio, tuttavia, ci po- trebbe essere un rialzo dei tassi d’interesse che dovrebbe portare 5/6 miliardi di ricavi in più alle banche. Secondo le stime, poi, fra 2017 e 2019 il sistema avrà distribuito utili agli azionisti per 36 miliardi, ora c’è spazio per un aumento delle retribuzioni significativo e adeguato ai dividendi. D. Che altre modifiche auspicate? R. È arrivato il momento di abolire il salario d’ingresso per i neo-assunti. Non è solo una questione di equità. Serve anche ad attirare e trattenere in banca i migliori talenti. D. Temete la concorrenza di fintech e big tecnologici? R. Occorre estendere l’area contrattuale per evitare il dumping di società esterne al settore bancario che esercitano attività bancarie senza sottostare alle relative condizioni normative e contrattuali. Mi riferisco a piccole realtà fintech e a colossi tecnologici che applicano il contratto del commercio con risparmi sui salari anche del 20%. Anche il recupero crediti deve rientrare nel perimetro contrattuale. D. Su quali punti sarà più facile trovare un’intesa con Abi e su quali invece si prevede un confronto duro? R. Una premessa: nel sistema Abi il sindacato confederale organizza oltre 130 mila persone, metà del personale, e quindi ha e vuole esercitare un ruolo proporzionale al suo peso troppe volte sottovalutato. Finora Abi ha fatto filtrare indicazioni vaghe ed è difficile perciò prendere le misure. Le aziende con buona produttività e redditività sembrano disposte a ragionare di aumenti salariali. Quelle in crisi o ancora fissate sul taglio dei costi fanno più resistenza. Siamo convinti che i dirigenti bancari saranno ragionevoli. Se si pensa, però, di realizzare economie sul lavoro, siamo pronti a reagire. D. Che bilancio fa del contratto ibrido nato l’anno scorso dall’accordo fra Intesa e sindacati? R. Il sindacato deve favorire l’innovazione. L’accordo va in questo senso e sottrae il sindacato dall’accusa infondata di essere conservatore. Sul piano commerciale, però, l’esperimento non ha funzionato: ci sono state 30 assunzioni con contratto ibrido. Nel contratto nazionale bisognerà istituire una rappresentanza delle partite Iva. D. E i rapporti con le altre sigle? R. Con Fabi il rapporto è ottimo. A livello confederale poi c’è grande condivisione: nei prossimi 40/50 giorni costruiremo la piattaforma da sottoporre ai lavoratori. ASSEGNI NON TRASFERIBILI, SANZIONI RIDOTTE Con la Legge n.136 del 17 dicembre 2018 si è risolta la vicenda delle sanzioni per gli assegni privi di clausola di non trasferibilità, la quale ha interessato, nel corso dell’anno, diverse migliaia di correntisti bancari. Ricordiamo che la norma 49 Dlgs.231/07 (avente scopo il contrasto al riciclaggio di denaro sporco) imponeva che gli assegni superiori a 5mila euro (soglia successivamente portata a 12.500 euro e definitivamente a mille euro con l’art.3 Dlgs.90/2017) recassero stampigliata la dicitura “non trasferibile”. Moltissimi correntisti (almeno alcune migliaia) nel frattempo avevano utilizzato (per lo più per spese occasionali) assegni privi della clausola stampigliata negli assegni stessi. Quando gli assegni sono stati presentati all’incasso è scattata la sanzione ex art. 49 Dlgs.231/07, cioè una sanzione pecuniaria da 3mila a 50mila euro irrogata dalle Ragionerie Territoriali di Stato. Sanzione che colpiva sia l’emettitore (colui che aveva utilizzato l’assegno per pagare il debito) sia il beneficiario (il creditore che aveva materialmente portato all’incasso l’assegno). Gli assegni privi di tale clausola e di importi superiori ai mille euro, rischiavano una sanzione (doppia) fino a 50mila euro. Successivamente le raccomandate del Ministero dell’Economia suggerivano agli interessati di pagare un importo ridotto (6mila euro per ognuno) entro 60 giorni. Ciò ha generato forti perplessità (anche da parte della nostra Organizzazione) sia per l’imprevedibilità della sanzione (utilizzo di carnet emessi dalle Banche prima del 2017) sia per la duplicità dei “colpevoli” (debitore e creditore ritenuti entrambi presunti colpevoli di riciclaggio. Oggi, con l’aggiunta dell’art. 9bis Legge 119/2018, si prevede, per assegni di importi inferiori a 30mila euro, una sanzione minima (per entrambi i soggetti) pari al 10% dell’importo trasferito. Sia il debitore che il creditore possono agire in maniera autonoma per sanare il proprio debito con lo Stato, indipendentemente l’uno dall’altro. Il pagamento in forma ridotta può avvenire se (art.67 Dlgs.231/07) “non vi siano circostanze che facciano ipotizzare un’operazione di riciclaggio, desumibile dalla natura dell’attività svolta e dalle dimensioni economiche dei soggetti coinvolti”. Quindi, se l’assegno “trasferibile” è stato utilizzato (come nella stragrande maggioranza dei casi) per pagamenti occasionali e documentati (acquisti di veicoli, spese mediche, donazioni a parenti) è possibile contare su di una sanzione ridotta al 10 per cento. Attenzione: è comunque necessario attendere che il Mef determini l’importo dovuto, sulla base di una specifica domanda che gli interessati dovranno inviare alla Ragioneria territoriale dello Stato, dimostrando i motivi di pagamento e l’assenza di finalità di riciclaggio. WELFARE AZIENDALE: OK A FAMILIARI NON A CARICO NE' CONVIVENTI Familiari del dipendente beneficiari del welfare aziendale anche se non a carico né conviventi; piena deducibilità dal reddito d’impresa dei rimborsi delle spese sostenute dal dipendente per la fruizione dei servizi di educazione e istruzione a favore dei propri familiari, per quelli di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti (art. 51, 2° comma, lett. f-bis e f-ter Tuir), nonché per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico (lett. d-bis), anche in assenza di un atto «negoziale» che li disciplini (contratto collettivo, accordo o regolamento aziendale). È quanto emerge da un’istanza di interpello tributario avanzata lo scorso 29 agosto 2018 da un contribuente srl, la cui soluzione prospettata è stata condivisa dall’Agenzia delle entrate ricorrendo alla regola del silenzio assenso stabilita dall’art. 11, 3° comma, della legge n. 212/2000 secondo cui «quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente». Per l’anno 2019 l’istante ha deciso di concedere ai propri dipendenti, entro un certo tetto di spesa, il rimborso dei costi sostenuti per l’assistenza domiciliare ai familiari anziani e quello per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico. Il primo quesito, limitato alla prima fattispecie di rimborso, riguardava la possibilità di applicare il regime di esclusione da imposizione sul reddito da lavoro dipendente previsto dall’art. 51, comma 2, lett. f-ter Tuir, anche se il familiare anziano non risulta né a carico né convivente del dipendente. La soluzione prospettata dall’istante, condivisa dall’Agenzia delle entrate, è positiva: infatti la norma primaria si limita a richiamare l’art. 12 del Tuir senza ulteriori specifiche circa lo status di familiare a carico e di convivenza. La precisazione si è resa necessaria perché alle puntuali indicazioni fornite a suo tempo dal ministero delle finanze con circolare n. 238/E/2000 (punto 2.2) sembrava contrapporsi quanto da poco specificato dalla circolare n. 5/E/2018 dell’Agenzia che, al paragrafo 4.10, richiama invece la «convivenza» quale requisito essenziale (cfr sul punto nota Confindustria 18 luglio 2018, pag. 30). Il secondo quesito, valido per entrambe le tipologie di rimborso, verteva invece sulla fattibilità di beneficiare della piena deducibilità del costo sostenuto dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95 del Tuir, anche in presenza di un atto «volontario» e non «negoziale» da parte del datore di lavoro. Anche in questo caso la soluzione prospettata dall’istante è positiva. Relativamente alla prima fattispecie di rimborso, pur tenendo conto delle indicazioni fornite dall’Agenzia con la circolare n. 5/E/2018 al paragrafo 3.2, la norma «limitatrice» della integrale deducibilità del costo – art. 100, comma 1, del Tuir secondo cui la deducibilità è ristretta al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto – si riferisce esclusivamente alle spese sostenute direttamente dal datore di lavoro per l’utilizzazione di opere e servizi messi a disposizione dei propri dipendenti, e non al diverso caso dei rimborsi di spese (art. 51, 2° comma, lett. f-bis e f-ter Tuir). Con riferimento invece alla seconda fattispecie, tra le specifiche finalità che comportano la limitata deducibilità al 5 per mille in assenza di vincolo negoziale non rientrano quelle di agevolare la mobilità dei dipendenti recate dall’art. 51, 2° comma, lett. d-bis Tuir. Fonte: miowelfare.it VIOLAZIONI NORMATIVA MIFID II Ai Colleghi dell'Area L'Aquila Nella posta elettronica di filiale avete trovato, in data odierna, indicazioni da parte dell’Area riguardo allacompilazione “CORRETTA” del questionario MIFID al fine di “APRIRE LA POSSIBILITÀ DI COLLOCARE LE POLIZZE ARCA VITA DI RAMO I”. Da pochi minuti è arrivata una precisazione, sempre dall’Area, CHE HA FATTO SEGUITO AD UNA MIA SEGNALAZIONE e con la quale si rettifica il senso del precedente messaggio. Faccio una doverosa premessa: l’impegno di tutti per il raggiungimento degli obiettivi di budget dev’essere massimo e non può essere messo in discussione. Detto questo, il messaggio inoltrato alle filiali è estremamente grave. La normativa MIFID dice sostanzialmente questo: se un prodotto non è adatto per un cliente, quel prodotto NON PUÒ essere venduto a quel cliente. Parliamo di una legge, che può piacere o meno ma va rispettata. L’eventuale “aggiustamento” del questionario, fatto non sulle caratteristiche del cliente ma per vendere un prodotto, rappresenta quindi un ILLECITO, con conseguenze sul piano civile e penale (e i precedenti di colleghi di altre banche rinviati a giudizio cominciano ormai ad essere numerosi). Per questo vi invito ad agire con il massimo impegno, ma in modo responsabile e nel pieno rispetto delle normative, segnalando tempestivamente ogni indicazione anomala. Un abbraccio Luca Copersini Segretario Provinciale Fisac/Cgil L'Aquila Comunicazione congiunta di tutte le RSA de L'Aquila Nel mese di giugno 2017 le scriventi RSA diffusero tra i colleghi un volantino nel quale si esprimeva profonda preoccupazione per il clima che si era venuto a creare nell’Area L’Aquila a seguito di messaggi che, da più parti, cercavano di spingere i colleghi a perseguire il raggiungimento di risultati commerciali a tutti i costi, anche a scapito delle normative. A seguito del volantino si svolse, in data 22/9/2017, un incontro con la Gestione Risorse, le Relazioni sindacali, il Responsabile della DT Adriatica e l’Area Manager dell’Aquila. In quella sede riferimmo una serie di comportamenti ed indicazioni che in modo più o meno palese invitavano i colleghi ad aggirare leggi e normative interne. Tra i comportamenti scorretti da noi riportati, la diffusione di un modello di questionario MIFID pre-compilato, adattato alle esigenze di budget e non alle caratteristiche dei clienti, in totale contrasto con lo spirito di una normativa il cui fine è impedire la vendita di prodotti non adeguati al profilo di rischio degli investitori. In quella sede decidemmo, nel rispetto delle indicazioni dei colleghi che ci avevano chiesto di mantenere l’anonimato, di non riportare nel dettaglio i singoli episodi sui quali le nostre segnalazioni si basavano. Questo consentì al Direttore Territoriale e all’Area Manager di respingere con forze le nostre ricostruzioni, affermando che nulla di ciò che stavamo riportando era mai accaduto, e di non aver mai avuto notizie di comportamenti scorretti. Questa premessa serve per introdurre quanto si è verificato in questi giorni presso la DT Adriatica e l’Area L’Aquila. In data 2/01/2019 dalla DT Adriatica è stata inviata un’email relativa al collocamento di polizze vita, completa di note operative “Al fine di favorire la corretta compilazione dei questionari”. Il messaggio non lascia spazio ad interpretazioni: i questionari MIFID vanno compilati secondo le indicazioni impartite. A questo si aggiunge la modalità di vendita, ormai abituale, consistente nel mettere a disposizione della rete un quantitativo limitato di polizze, e per un breve lasso di tempo: in tal modo si crea una "gara" tra le filiali per vendere vendere prima degli altri il prodotto, spingendo i colleghi ad ignorare le più elementari norme di prudenza e facendo apparire la scelta di "aggiustare" i questionari come una scorciatoia inevitabile per non farsi battere sul tempo. E' interessante notare come il messaggio sia stato inviato per conoscenza al Direttore Vicario della DT ed ai Capi Area, quindi, almeno in questa circostanza, nessuno di loro può affermare di non esserne venuto a conoscenza: eppure non abbiamo notizie di interventi volti a correggere le indicazioni scorrette. Al contrario, in data 10/1/2019, dall'Area L'Aquila è stato invece diffuso a tutti i lavoratori della rete un messaggio molto simile a quello precedentemente scritto dalla DT. Nel testo si rilevano due differenze rispetto alla comunicazione originale. Da un lato si accentua l'enfasi sulla necessità di sbrigarsi a collocare il prodotto (chi prima arriva.....), difficilmente compatibile con una vendita responsabile di prodotti finanziari. Dall'altro la frase chiave risulta modificata in modo lieve ma significativo: "Al fine di favorire la corretta compilazione dei questionari...." diventa "fornirvi alcune indicazioni riguardo alla corretta compilazione del questionario Mifid II necessario per aprire la possibilità di collocare il prodotto". Seppur sfumato, il senso del messaggio rimane lo stesso. Appena letta l'email diffusa dall'Area abbiamo inviato un messaggio tramite cellulare per chiedere spiegazioni, ricevendo l'assicurazione che sarebbe seguita una rettifica. In effetti, a fine mattinata, dall'Area AQ viene diffuso alle filiali un nuovo messaggio che di fatto sconfessa il precedente ma che non sarebbe mai stato scritto senza il nostro intervento. Nell'incontro del settembre 2017 avevamo evidenziato come, stando a quanto ci veniva riportato, i comportamenti scorretti partivano dalla DT e venivano poi ridiffusi dall'Area. Avevamo segnalato come venissero impartite chiare indicazioni per adeguare i profili di rischio ai prodotti da vendere invece di vendere prodotti adeguati ai profili di rischio. I colleghi ci hanno riferito come questa prassi non sia mai cessata. Oggi, se mai ce ne fosse stato bisogno, abbiamo la prova che le nostre segnalazioni non erano campate in aria, ma basate su fatti estremamente concreti. Indipendentemente da quanto avvenuto in passato, abbiamo ritenuto fosse assolutamente doveroso segnalare quanto è accaduto negli ultimi giorni, soprattutto in considerazione della pericolosità dei comportamenti da noi evidenziati, e della gravità delle potenziali conseguenze che questi comportamenti potrebbero arrecare all'azienda ed ai lavoratori. Nel restare a disposizione per ulteriori chiarimenti, inviamo distinti Saluti. LE RSA L'AQUILA Fabi - Pierluigi Baldini First/Cisl - Giulio Olivieri Fisac/Cgil - Luca Copersini UNISIN - Patrizia Calabrese UNICREDIT SPERIMENTA L'UFFICIO APERTO AI QUATTROZAMPE Per adesso è un progetto pilota, riservato ai dipendenti della sede centrale, il grattacielo in piazza Gae Aulenti a Milano. Ma presto potrebbe essere esteso ad altre sedi: si chiama “Cani al lavoro” l’iniziativa di Unicredit che permette di andare in ufficio con il proprio cane. Tenendolo con sé accanto alla scrivania, o portandolo in una stanza apposita a giocare mentre si è in riunione o si stanno svolgendo attività per cui sarebbe impossibile avere sott’occhio il proprio cane. Un progetto che segue di poco la novità introdotta dall’Ats di Milano a fine novembre: un regolamento che permette ai dipendenti dell’azienda sanitaria della Città metropolitana di poter andare al lavoro con il loro cane, senza lasciarlo a casa solo tutto il giorno. L’ingresso in ufficio dei cani, però, segue delle regole precise: i proprietari devono avere il patentino del ‘buon conduttore cinofilo’, non sono ammessi cuccioli (l’età minima per i cani è 8 mesi), devono avere microchip ed essere iscritti all’anagrafe canina, tutte le vaccinazioni e i trattamenti antiparassitari in regola, e una polizza assicurativa per danni a cose e persone. In compenso per i cani c’è una stanza a loro dedicata, inaugurata da poco al quarto piano della torre: 14 posti a disposizione (ci si prenota e si fanno i turni, e c’è già il tutto esaurito). All’interno, ciotole con croccantini e acqua fresca, giochi e guinzagli. In passato altre aziende hanno sperimentato, ma solo per un giorno, la possibilità di portare in ufficio il proprio cane. Ma adesso Unicredit ha deciso di rispondere così alle richieste di tanti suoi dipendenti. Un progetto che si basa sulle ricerche che dicono che gli animali da compagnia riducono lo stress e migliorano l’umore collettivo: ovviamente a patto che i cani non siano troppo vivaci e che si riesca a gestirli, visto che nei luoghi comuni devono comunque stare al guinzaglio e non possono avvicinarsi a mensa, toilette, infermeria e sale riunioni. Per evitare conseguenze negative su colleghi allergici o che hanno paura degli animali, padroni e cani possono usare solo alcuni ascensori. Così, nella pausa pranzo, si può anche scendere assieme nel parco della Biblioteca degli alberi, sotto il grattacielo, per una sgambata. CONGEDI PARENTALI: UNA LEGGE ANCORA POCO CONOSCIUTA A differenza della Legge 104, dove sono previsti riconoscimenti economici, questa Legge riconosce permessi e aspettative non retribuite in occasione di particolari situazioni personali e familiari in maniera molto ampia. In questa sessione ci riferiremo in particolare al congedo per gravi motivi familiari. L’art 4 comma 2 della Legge n53/2000 stabilisce che “I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria”. Per quali familiari spetta il congedo per gravi motivi familiari? Il riferimento di legge è all’art433 del codice civile. Il bacino è molto ampio. Si tratta dei seguenti parenti o familiari: Coniuge, figli e loro discendenti prossimi, quindi nipoti; Genitori (padre o madre, nonna o nonno) o in mancanza ascendenti prossimi; Generi e nuore; Suoceri, fratelli e sorelle. Inoltre la normativa coinvolge anche i parenti e affini entro il 3 grado, ossia i seguenti soggetti: Figlia o figlio del coniuge; Nonna o nonno del coniuge; Nipote (figlio del figlio del coniuge); Cognata o cognato; Bisnonno o bisnonna del lavoratore, Pronipote (figlia o figlio del nipote); Nipote (figlia o figlio del fratello della sorella); Zio e zia (fratello o sorella del padre o della madre); Bisnonno o bisnonna del coniuge; Pronipote (figlio del nipote del coniuge); Nipote (figlio o figlia del cognato o della cognata); Zia o zio del coniuge Per tutti i parenti e affini di cui sopra è possibile quindi richiedere il congedo per gravi motivi familiari. Quali sono i gravi motivi familiari che danno diritto al congedo? E’ la normativa che introduce il congedo per gravi motivi familiari ad elencare i gravi motivi. Ad elencarli è il Decreto Ministeriale – Dipartimento per la Solidarietà Sociale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 21 luglio 2000, n278 contenente il "Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n 53, concernente congedi per eventi e cause particolari." Per gravi motivi si intendono: le necessità familiari derivanti dal DECESSO di una delle persone di cui sopra (familiari di cui all'art433 del codice civile); le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza delle persone di cui sopra (familiari di cui all'art433 del codice civile); le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo; le situazioni, riferite ai soggetti di cui sopraa esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie: patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario; patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà. Il congedo per gravi motivi familiari, che permette un aspettativa non retribuita fino a 2 anni, può essere richiesto anche per il decesso del coniuge o di un parente entro il secondo grado, anche non convivente, o di un soggetto componente la famiglia anagrafica del dipendente per il quale il richiedente non abbia la possibilità di utilizzare permessi retribuiti nello stesso anno. Va comunque ricordato che in caso di decesso, è possibile utilizzare in alcuni casi i permessi retribuiti per lutto, che sono pari a tre giorni annui. Quando la suddetta richiesta è riferita a periodi non superiori a tre giorni, il datore di lavoro è tenuto ad esprimersi entro 24 ore dalla stessa e a motivare l'eventuale diniego sulla base di eccezionali ragioni organizzative, nonché ad assicurare che il congedo venga fruito comunque entro i successivi sette giorni. Come abbiamo visto, il congedo per gravi motivi familiari può essere utilizzato per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell'arco della vita lavorativa. Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare al termine del rapporto di lavoro l'attestazione del periodo di congedo fruito dalla lavoratrice o dal lavoratore. COMPUTO DEI DUE ANNI DI ASPETTATIVA NON RETRIBUITA Il limite dei due anni si computa secondo il calendario comune; si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo; le frazioni di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde a trenta giorni IL DINIEGO DEL DATORE DI LAVORO Il datore di lavoro è tenuto, entro 10 giorni dalla richiesta del congedo, a esprimersi sulla stessa e a comunicarne l'esito al dipendente. L'eventuale diniego, la proposta di rinvio a un periodo successivo e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione alle condizioni previste dal regolamento della Legge e alle ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente. Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi 20 giorni. Il datore di lavoro assicura l'uniformità delle decisioni avuto riguardo alla prassi adottata e alla situazione organizzativa e produttiva dell'impresa. Divieto di svolgimento di attività lavorativa durante il congedo per gravi motivi E’ vietato lo svolgimento di attività lavorativa presso terzi durante il periodo di congedo o aspettativa per gravi motivi familiari. Il RIENTRO AL LAVORO dopo il congedo per gravi motivi familiari. Salvo che non sia fissata preventivamente una durata minima del congedo, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine di congedo, dandone preventiva comunicazione al datore di lavoro Qualora il datore di lavoro abbia provveduto alla sostituzione della lavoratrice o del lavoratore in congedo ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l'ampiezza del periodo di congedo in corso di fruizione, un preavviso di almeno sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata minima del congedo o di preavviso inferiore a sette giorni. La DOCUMENTAZIONE DA PRESENTARE al datore di lavoro Tutte le richieste di congedo devono essere opportunamente documentate e corredate di certificazione medica rilasciata da strutture ospedaliere o dalle ASL. Ai sensi dell’art.3 del regolamento, “La lavoratrice o il lavoratore che fruiscono dei permessi per grave infermità di cui all'articolo 1 (si tratta dei permessi per lutto) o dei congedi per le patologie di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) (ossia quando il congedo per gravi motivi è richiesto per delle patologie), devono presentare idonea documentazione del medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato o del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta o della struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico.” La certificazione relativa alla grave infermità deve essere presentata al datore di lavoro entro cinque giorni dalla ripresa dell'attività lavorativa del lavoratore o della lavoratrice; la certificazione delle patologie di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), invece, deve essere presentata contestualmente alla domanda di congedo. Quando l'evento che dà titolo al permesso o al congedo è il decesso, la lavoratrice e il lavoratore sono tenuti a documentare detto evento con la relativa certificazione, ovvero, nei casi consentiti, con dichiarazione sostitutiva. La lavoratrice o il lavoratore che intendono usufruire del congedo di cui all'articolo 2 per i motivi di cui al comma 1, lettera b) e c), sono tenuti a dichiarare espressamente la sussistenza delle situazioni ivi previste. La comunicazione del datore di lavoro alla DPL Il datore di lavoro comunica alla direzione provinciale del lavoro – servizio ispezione del lavoro, entro cinque giorni dalla concessione del congedo per gravi motivi, l'elenco dei nominativi dei dipendenti che fruiscono di detto congedo. Anna Trovato BPER: CHIUSURE OLTRE LE ATTESE La settimana scorsa a Modena sono ripresi gli incontri sindacali di gruppo che hanno riguardato la chiusura di 48 filiali (46 in BPER e 2 in CR Bra). Si tratta di una delle operazioni che, nelle intenzioni di BPER, anticipano, al pari della fusione di Bperservices in BPER e di Bancassurance, il piano industriale di ormai prossima approvazione. L'ufficio 'Modelli distributivi' di BPER presente all'incontro, nell'illustrare i cosiddetti 'razionali' alla base dell'operazione, ha definito la chiusura delle filiali "un processo consolidato e vincente, affinato nel tempo, che non ha dato problemi di business". Abbiamo fortemente ribattuto che la realtà passata e, temiamo quella futura, sia invece contraddistinta da difficoltà nel rapporto con la clientela per mantenere le quote di mercato e dalla difficoltà a comprendere quali siano le vere motivazioni alla base delle scelte delle filiali da chiudere. BPER, pur comprendendo almeno in parte le preoccupazioni che abbiamo esposto, ha comunque tenuto a rimarcare con perentorietà che 'è l'azienda che prende le decisioni'. Da questa operazione, prevista per il 22/3, che coinvolge circa 550 persone considerando i colleghi che operano nelle filiali in chiusura e in quelle cosiddette "eredi", BPER prevede, fra l'altro, di 'risparmiare' 75 persone. In assenza del piano industriale e del relativo accordo che regola gli strumenti da utilizzare per le iniziative aziendali straordinarie come questa, a partire dalla ripresa degli incontri prevista per la settimana prossima, dovremo, per l'appunto, ricercare le necessarie tutele (occupazionali, economiche e professionali) per i colleghi coinvolti nell'operazione. Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER BPER: chiusure oltre le attese... In questa prima sessione di incontri del 2019 l’attività del tavolo si è incentrata essenzialmente sulla operazione di razionalizzazione sportelli prevista per il prossimo mese di marzo. Indispensabile in questa fase di attesa del piano industriale, che auspichiamo esca a breve, comprendere il contesto nel quale collocare questa ed altre operazioni messe in campo dall’Azienda in assenza dell’accordo quadro (accordo che detta le regole del gioco per gestire le ricadute sul personale delle operazioni comprese nel piano industriale). La controparte ha coinvolto le strutture interessate per presentare il progetto alle OO.SS. che hanno rimarcato come la chiusura di sportelli sia una strategia perdente in termini di posti di lavoro che non verranno recuperati, di perdita di professionalità dei lavoratori, di abbandono dei territori e delle quote di mercato senza apportare altro valore aggiunto oltre un elementare taglio dei costi che soddisfa logiche bilancistiche di breve periodo. Negli incontri programmati per la prossima settimana l’Azienda, che ha manifestato aperture per la prosecuzione proficua dei lavori, fornirà i dati necessari per gli ulteriori approfondimenti. Vi terremo puntualmente informati Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER FABI - FIRST/CISL - FISAC/CGIL - UILCA – UNISIN Modena, 18 gennaio 2019 Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER CONTINUA IL CONFRONTO In occasione degli incontri di gruppo di questa settimana abbiamo affrontato in particolare le procedure che riguardano le chiusure degli sportelli (n. 46 in Bperbanca e n.2 in Crbra), la regolamentazione delle registrazioni telefoniche presso il Contact Center e la ripresa della procedura riguardante Bancassurance. Rispetto alla chiusura degli sportelli, la procedura presentata dall’azienda già nel mese di dicembre risulta tuttora incompleta di diverse informazioni (fra le quali il riferimento agli obiettivi del piano industriale prossimo, ancora sconosciuto), per cui abbiamo richiesto di completare i dati al fine di effettuare una valutazione complessiva e compiuta, in particolare, delle ricadute sui colleghi coinvolti. Per quanto riguarda il Contact Center abbiamo presentato una proposta di accordo che necessita di approfondimenti e chiarimenti anche tecnici che l’azienda si è impegnata a fornirci nella prossima sessione di incontri. L’attenzione delle OOSS è rivolta soprattutto ad evitare la possibilità di condotte improprie nell’ambito del controllo delle registrazioni telefoniche e delle pressioni commerciali. Sul tema della Bancassurance è ripresa la discussione, dopo un periodo di sospensione chiesto dall’azienda per individuare i responsabili di questa importante progetto: le informazioni aziendali hanno riguardato soprattutto il completamento della filiera organizzativa e lo stato di copertura ad oggi degli organici della DG. Come OOSS abbiamo rappresentato diversi elementi di criticità, in particolare rispetto ai ruoli professionali legati a specifiche attività e all’acquisizione di ulteriori competenze e responsabilità. L’azienda si è impegnata a darci riscontro nella prossima sessione di lavori della prima settimana di febbraio. Le Organizzazioni Sindacali inoltre hanno ribadito la necessità di avere, al più presto, un quadro di riferimento di medio periodo rappresentato dal prossimo Piano Industriale. Vi terremo informati sulle risposte aziendali e sul proseguo delle trattative previste per la prima settimana di febbraio. Modena, 25 gennaio 2019 Segreterie di Coordinamento Sindacale del GRUPPO BPER FABI – FIRST/CISL - FISAC/CGIL - UILCA – UNISIN QUOTA 100: APPROVATO IL DECRETO, ECCO COSA CAMBIA Le novità annunciate nel corso della conferenza stampa di Palazzo Chigi. Confermata quota 100 da aprile. Opzione donna estesa anche alle nate nel 1960 Il Governo ha dato oggi il definitivo via libera al decreto legge sulla quota 100 e sul reddito di cittadinanza. Le misure annunciate nei giorni scorsi su PensioniOggi sono tutte più o meno confermate anche se la versione definitiva contiene alcuni correttivi rispetto alle bozze circolate nelle scorse settimane.Confermata la quota 100 con 62 anni e 38 anni di contributi (per tutti i lavoratori assicurati presso l’Inps, pubblici, dipendenti ed autonomi) per il triennio 2019-2021 (senza penalità sulla misura della pensione o tetti particolari alla contribuzione figurativa); lo stop retroattivo e definitivo agli adeguamenti alla speranza di vita delle pensioni anticipate (con 42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi le donne; 41 anni i precoci); la proroga di un anno dell’ape sociale (le platee dei beneficiari restano quelle note sino al 31 dicembre 2018); la proroga dell’opzione donna alle lavoratrici con 58 anni di età (59 anni le autonome) a condizione di aver maturato 35 anni di contributi al 31 dicembre 2018. Vediamo nel dettaglio i principali punti annunciati dal Governo in attesa della definitiva stesura e pubblicazione del decreto legge. Quota 100 C’è la quota 100 con 62 anni e 38 di contributi. Ai fini della quota 100, o meglio al perfezionamento dei 38 anni di contributi, si potrà cumulare la contribuzione mista nelle sole gestioni previdenziali pubbliche (resterà esclusa, invece, il cumulo della contribuzione nelle casse previdenziali private). Il requisito anagrafico di 62 anni rimane, inoltre, adeguabile alla speranza di vita istat dal 2021. Tornano poi le finestre mobili per l’accesso alla quota 100: tre mesi dalla maturazione dei requisiti, con la prima uscita il 1° aprile 2019 per chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2018. Per i dipendenti pubblici la prima uscita sarà il 1° agosto 2019 (se i requisiti della quota sono maturati entro l’entrata in vigore del DL) e la finestra sarà di sei mesi se i requisiti sono maturati successivamente tale data. Il dipendente pubblico dovrà formulare domanda di collocamento a riposo all’amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi. Per il comparto scuola e Afam l’uscita per chi matura i requisiti della quota 100 entro il 31 dicembre 2019 sarà il 1° settembre 2019. In tal caso vengono riaperti i termini per produrre la domanda di collocamento al riposo: l’istanza di cessazione dal servizio dovrà avvenire entro il 28 febbraio 2019. Oculatamente poi il decreto solleva dalla risoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro le amministrazioni pubbliche nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti per la quota 100. La quota 100 non sarà, comunque, disponibile per quei soggetti che già si trovano in un programma di esodo volontario (es. isopensione o con l’assegno straordinario di solidarietà erogato dai fondi settoriali). Pensione anticipata Dal 1° gennaio 2019 si potrà continuare ad andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne; 41 anni di contribuzione per i lavoratori precoci). Gli adeguamenti alla speranza di vita vengono fermati in via definitiva, anche dopo il 2020. Tornano però anche qui le finestre di tre mesi dalla maturazione dei requisiti. Nello specifico per i soggetti che maturano i requisiti tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del Decreto Legge, la prima decorrenza utile sarà il 1° aprile 2019. Per chi matura i requisiti dopo l’entrata in vigore del decreto legge la decorrenza della pensione avverrà decorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti. La finestra trimestrale vale, in questo caso, anche per i dipendenti pubblici e per i lavoratori precoci. Opzione donna Si prevede la proroga dell’opzione donna alle lavoratrici che hanno raggiunto 58 anni (59 anni le autonome) unitamente a 35 anni di contributi al 31 dicembre 2018. Rispetto alla prima bozza vengono, quindi, incluse anche le nate nel 1960. Resta la finestra mobile di 12/18 mesi. Fondi di solidarietà I fondi di solidarietà potranno erogare l’assegno straordinario di solidarietà anche ai fini del raggiungimento dei requisiti pensionistici per la quota 100 nei successivi tre anni (quindi a partire dall’età di 59 anni con 35 anni di contributi). L’opzione però potrà essere attivata solo nel caso in cui le imprese stipulino accordi per l’assunzione di giovani lavoratori, in un’ottica di ricambio generazionale. I fondi di solidarietà, inoltre, potranno farsi carico del versamento degli oneri per il riscatto o la ricongiunzione dei periodi assicurativi in favore dei lavoratori che godranno dell’assegno straordinario di solidarietà. La facoltà potrà essere esercitata a prescindere dal fatto che l’operazione si renda necessaria per maturare i requisiti per l’accesso all’assegno straordinario di solidarietà. Riscatti agevolati Nel decreto c’è anche la pace contributivaper il triennio 2019-2021, una disposizione che consente ai soli lavoratori nel sistema contributivo puro (cioè i giovani privi di anzianità assicurativa al 31.12.1995) di riscattare i buchi contributivi tra un periodo lavorativo e l’altro entro un massimo di cinque anni. Il testo definitivo contiene anche una novità: I giovani che hanno meno di 45 anni e hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 potranno riscattare gli anni di laurea con uno sconto del 50% in forma di detrazione dalle imposte. Le altre misure Il provvedimento contiene anche una disposizione sul massimale contributivo per il pubblico impiego, un correttivo sulla prescrizione dei contributi per i dipendenti pubblici e il pagamento immediato almeno di una parte del TFS/TFR (sino a 30mila euro) per i dipendenti pubblici. Fonte: www.pensionioggi.it Si moltiplicano sui social gli attacchi alla confederazione con il solito ritornello: "Non avete fatto nulla". Ma i fatti sono andati diversamente. È lungo l'elenco delle iniziative dal 2011 a oggi per contrastare le politiche dei vari governi. Sono mesi ormai che sui social, a ogni presa di posizione sui provvedimenti del governo o su fatti di cronaca, i profili ufficiali della Cgil così come quelli di dirigenti, iscritti e simpatizzanti, vengono sommersi dai “dove eravate” e conditi dal solito frasario livido e violento. Dove eravate mentre approvavano la Fornero, mentre toglievano l’articolo 18? Dove eravate mentre smantellavano i diritti dei lavoratori? Invece di occuparvi degli immigrati sareste dovuti scendere in piazza contro il Jobs Act. E via così. Capita pure di venire improvvidamente accusati di averli votati quei provvedimenti, più spesso di non avere fatto nulla per fermarli. Nei giorni a cavallo tra Natale e fine anno, mi sono imbattuta su Facebook in un file realizzato da qualche meritevole sindacalista Cgil che, non potendone evidentemente più di questa manfrina, ha provato a mettere in fila le iniziative nazionali dal 2010 a oggi. Guardandolo mi sono resa conto che non riusciva a rendere appieno la portata e men che mai l’impegno organizzativo delle tante e tante iniziative fatte in questi anni sia sul versante previdenziale che a contrasto del Jobs Act. Complicato, intanto, ricostruire tutte le iniziative nazionali unitarie e non. Complicato spiegare che se oggi alcuni tribunali stanno adottando decisioni che intaccano il Jobs Act e ne ridimensionano la portata, è anche grazie ai ricorsi promossi dalla Cgil, giuridicamente e finanziariamente. Complicato restituire alle categorie e ai territori il merito dell'imponente sforzo fatto per spiegare la Carta dei diritti e i quesiti referendari, e raccogliere complessivamente oltre 4 milioni e mezzo di firme per presentarli e avviare l'iter legislativo popolare. Qualche numero però possiamo provare a darlo. Tra il 2011 e il 2012 durante il governo Monti, la Cgil sola o insieme ad altri sindacati ha organizzato e indetto sette iniziative tra scioperi generali o manifestazioni nazionali contro le politiche di austerità, previdenziali (legge Fornero), fiscali e bilancio del Paese. Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014, durante il governo Letta, Cgil Cisl e Uil insieme sono scese in piazza o si sono fermate per uno sciopero generale almeno tre volte con iniziative nazionali e un obiettivo costante: riportare il lavoro al centro dell'agenda politica. Dal 22 febbraio 2014, data di insediamento del governo Renzi che rimarrà in carica fino al 12 dicembre 2016, la confederazione di corso d’Italia da sola ha organizzato ben dodici iniziative di mobilitazione nazionale tra cui scioperi, presidi e manifestazioni. Su tutte, quella del 25 ottobre 2014 di piazza San Giovanni con un milione di persone e il flash mob dei giovani “Il Jobs Act fa acqua da tutte le parti”, così efficace dal punto di vista iconografico che quegli ombrelli bucati in mano ai “giovani” della Cgil sono diventati il simbolo della lotta al JobsAct. Se contro la riforma del lavoro la Cgil è riuscita a coinvolgere solo la Uil – che ha scioperato e manifestato insieme a noi il 12 dicembre del 2014 – contro la legge Fornero sono state almeno sette le iniziative di mobilitazione unitarie. Una battaglia importante condotta insieme dalle tre organizzazioni sindacali che è proseguita durante il governo Gentiloni. E ancora dopo l'abrogazione dei voucher per fermare i referendum, la loro riproposizione e la ripresa della battaglia in piazza e nei palazzi. Dal 12 dicembre 2016 al 1º giugno 2018, mentre proseguiva il confronto con l’esecutivo Gentiloni sulla previdenza, Cgil Cisl e Uil hanno continuato a mobilitarsi per cambiare la legge Fornero e la Cgil da sola è scesa anche in piazza il 2 dicembre 2017 per la manifestazione nazionale “Pensioni i conti non tornano”. Complessivamente quindi dal 2011 alla fine del governo Gentiloni, si possono contare ben 49 iniziative, unitarie e non, dove eravamo a difendere i diritti, a rivendicare tutele, a contrastare politiche che inevitabilmente avrebbero avuto effetti dannosi per il mondo di chi vive di lavoro. A questi numeri andrebbero poi sommate le iniziative di mobilitazione delle categorie, dal pubblico impiego, alla scuola, agli edili e a tutti gli altri settori professionali che sono scesi in piazza contro il sistema previdenziale, contro specifici provvedimenti o anche solo per il mancato rinnovo dei contratti. Poco? Non mi sembra. In ogni caso metto a disposizione il lavoro di ricostruzione che ho realizzato con il supporto delle colleghe dell'ufficio stampa nazionale così la prossima volta, quando il primo troll o drago da tastiera ci chiederà “Dove eravate?” avrremo almeno 49 buone risposte da dargli. Esmeralda Rizzi è responsabile social della Cgil nazionale Fonte: www.rassegna.it DICONO DI NOI: LA BPER SUI GIORNALI