Oplà – n. 2 – Serve un nuovo contratto


L’ANGOLO LEGALE: Alcune riflessioni giurisprudenziali sul licenziamento per scarso rendimento e mancata fattiva collaborazione – parte 2


Torna all’indice  – Tornando all’approfondimento sui licenziamenti per mancata fattiva collaborazione, è opportuno richiamare ancora una volta l’attenzione sull’analisi dell’art.143 del CCNL.

Tra i doveri previsti per l’adempimento della prestazione lavorativa del personale addetto all’organizzazione produttiva, è previsto che lo stesso dipendente debba dare   all’impresa una fattiva collaborazione per l’acquisizione di affari e/o per l’organizzazione e/o per la sovrintendenza a tale attività secondo i programmi indicati e le direttive impartite dagli organi responsabili, relazionando i propri preposti sull’attività giornaliera con le modalità stabilite dall’impresa…” 

I programmi di produzione sono decisi ogni anno  unilateralmente dall’azienda per  calcolare i premi di produzione bimestrali e  per verificare la mancata fattiva collaborazione.

E’ opportuno sottolineare, come la stessa giurisprudenza ha più volte affermato, che l’introduzione di un parametro attraverso il quale stabilire/misurare la fattiva collaborazione del produttore non possa essere deciso unilateralmente dall’azienda. I minimi di produzione richiesti al lavoratore devono essere stabiliti a livello pattizio, devono essere oggetto di accordo e contrattazione con le rappresentanze sindacali.  

Il raggiungimento dei programmi di produzione non costituirebbe, quindi, l’obbligazione primaria del dipendente. Tali programmi  sono finalizzati solo a stabilire una quota di produzione oltre la quale vengono riconosciuti dei premi economici bimestrali (c.d. Rappel).  

Considerare il corretto adempimento dei doveri a  carico del produttore sola sulla base della quantità della  vendita dei prodotti assicurativi, così come dalla stessa azienda ragguagliati e computati ai fini del programma,  non può essere ritenuto  strumento di valutazione della mancata fattiva collaborazione.

Interessanti sono state le posizioni della giurisprudenza del lavoro in alcuni casi specifici di licenziamento operato dalla società Assicurazioni Generali s.p.a. nei confronti di colleghi produttori. 

Una delle sentenze di particolare significato è stata quella della Suprema Corte di Cassazione del 27 marzo 1987, n. 3014 tra Soc. Generali Assicurazioni e il sig. C.G. ispettore di produzione. La Cassazione confermò la decisione presa con sentenza dal Trib. di Salerno il 18 dicembre 1984, ovvero l’accoglimento del ricorso del dipendente e la sua conseguente reintegrazione nel posto di lavoro.

La  sentenza sopra citata conferma la necessità di provare, oltre che lo scarso rendimento dell’ispettore assicurativo rispetto ai minimi contrattualmente stabiliti e alla media dei lavoratori addetti allo stesso settore, anche la circostanza che tale inadempimento sia dovuto a negligenza del lavoratore. Nel caso di specie la società Assicurazioni Generali S.P.A. aveva intimato il licenziamento  all’ispettore di produzione C.G. sostenendo la legittimità del provvedimento per il mancato raggiungimento della produzione ( il 34% del programma) prendendo in riferimento gli ultimi sei mesi.

 Si rendeva quindi necessario accertare se il mancato raggiungimento del programma di produzione fosse imputabile alla negligenza del dipendente , piuttosto che a difetto di preparazione tecnico-professionale, elemento, quest’ultimo, rientrante nei rischi dell’impresa.

Sul punto il giudice si pronunciava negando la sussistenza della prova del comportamento negligente e dell’inadempimento della prestazione di lavoro escludendo il giustificato motivo soggettivo del licenziamento poiché, a parte il limitato periodo di riferimento (sei mesi), non era stata provata una omissione di diligenza.

 Anche il mancato raggiungimento del livello produttivo stabilito unilateralmente dalla società, versandosi in materia di lavoro subordinato, veniva interpretato solo come prova indiretta della condotta negligente del lavoratore e, quindi,  non sufficiente a legittimare la giusta causa di licenziamento.

La giurisprudenza sopra citata, anche se non recentissima, è stata ribadita da altre sentenze su contenziosi tra i lavoratori che operano con compiti di vendita e tra società commerciali e di assicurazione. E’ stata presa in considerazione la tipologia del rapporto di lavoro subordinato con l’inserimento di clausole di rendimenti produttivi minimi.

Nell’ambito dei rapporto di lavoro subordinato del produttore assicurativo è stato chiarito che il mancato raggiungimento del minimo di affari contrattualmente stabilito può costituire giustificato motivo di licenziamento, a norma della legge n.606/1966, solo quando il minimo produttivo fissato rientri nella possibilità della media dei dipendenti di pari qualificazione professionale ed esplicanti la medesima attività in condizione ambientali analoghe e lo scarso rendimento sia dovuto a negligenza del lavoratore nelle prestazioni formanti oggetto del contratto e non a diversi fattori ambientali (Cass. N.8759/1987; Cass. N.3014/1987).

Lo scopo di questo approfondimento è stato quello di dare una pillola di conoscenza e consapevolezza sulla tematica del licenziamento per scarso rendimento (mancata fattiva collaborazione). Chiaramente è stato solo uno spunto che non vuole assolutamente avere la presunzione di essere esaustivo e completo. Si potrebbe considere l’inizio di un percorso orientato ad una riforma dell’art.143 del CCNL e ad una diversa interpretazione del dovere di fattiva collaborazione.

Gian Luigi Ricupito

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