Crédit Agricole: considerazioni su quanto accaduto a poco più di tre mesi dall’emergenza Covid


(OLTRE) CENTO GIORNI DI CRISI

A poco più di tre mesi dall’inizio della drammatica emergenza COVID, è arrivato il momento di fermarsi un attimo per qualche considerazione su quanto accaduto finora nel Gruppo, in questo turbinio di eventi che hanno caratterizzato gli ultimi cento giorni, vissuti tra apprensione, problemi, soluzioni, difficoltà di ogni genere per tutti, azienda e lavoratori.

La c.d. Fase 1 è stata caratterizzata da misure emergenziali, spesso frutto del confronto tra azienda e OO.SS., che hanno consentito di ridurre gli impatti sanitari sul Personale, grazie allo smart working esteso ad un gran numero di colleghi, al nuovo modello organizzativo di Rete, alle turnazioni, alla riduzione delle presenze fisiche, al ricorso all’easy learning e ad altre misure introdotte tempo per tempo. Come in ogni emergenza si è dovuto agire in fretta e non sono mancati inciampi, disguidi e difficoltà che caratterizzano contesti inediti.

Dopo le comprensibili complicanze organizzative iniziali, con il passare delle settimane purtroppo non è stato trovato l’assestamento sperato e si è invece messa a nudo man mano una chiara difficoltà organizzativa aziendale ad affrontare con approccio pratico le quotidianità operative. Le strutture centrali e periferiche si sono trovate a gestire uno tsunami, dove la marea di domande ha rapidamente prevalso sulle risposte, dove le direttive centrali hanno aperto alle diverse interpretazioni locali.
Con il passare dei giorni, e con il migliorare della situazione sanitaria, non si è riusciti ad uscire da questa sensazione di disordine, che inizialmente poteva essere comprensibile, ma che invece ha visto consolidarsi la percezione della mancanza di un sistema organizzativo strutturato e tempestivo in grado di tradurre in maniera nitida le soluzioni periodicamente studiate a tavolino.

In questo contesto inedito di difficoltà operativa ed ambientale, tutte le parti in causa hanno mostrato abnegazione e volontà operando in piena emergenza con impegno e sacrificio, ma dopo un breve periodo, coincidente con la fase più drammatica dell’emergenza coronavirus, anche le pressioni alla vendita sono riprese in maniera asfissiante pressoché ovunque.

L’impressione che percepiamo è che il cosiddetto “reparto commerciale” ritenga ormai chiusa e superata una parentesi temporale di “disturbo alle vendite” causata dalla presenza del virus, e abbia ripreso a marciare al massimo dei giri senza la minima considerazione del contesto presente e futuro in cui vive il Paese e in cui operano i colleghi.

Senza voler essere esaustivi, né tediare con elenchi già illustrati, il Gruppo sta operando da mesi con organici ridotti, filiali aperte a singhiozzo, strumenti di lavoro a distanza per molti versi nuovi e più complessi, regole in continua evoluzione, incombenze burocratiche derivanti dai Decreti, giornate di sospensione lavorativa ed il citato sistema organizzativo che si è scoperto carente rispetto alle necessità.

Il lento migliorare delle condizioni sanitarie, che ci permette di intravedere uno spiraglio di speranza nella drammatica situazione che stiamo vivendo, non può essere vissuto come la fine di una emergenza, che potenzialmente potrebbe non solo continuare a lungo, ma anche malauguratamente ripresentarsi in maniera preoccupante nel prossimo autunno.

Non possiamo abbassare la guardia sul fronte della cautela, ma non possiamo nemmeno pensare che tutto sia come prima, senza considerare le difficoltà economiche che si prospettano per i nostri clienti, con famiglie e imprese che sono di fronte ad un futuro incerto.

In questo contesto, non sfugge a nessuno come si continuino a veicolare messaggi di presunta normalità, volti a cogliere fantomatiche nuove opportunità commerciali che appaiono persino grotteschi in certi contenuti.
Per non parlare dei toni particolarmente aspri e irrispettosi e degli obiettivi, calati a terra come se si trattasse di un anno normale, quando ormai qualunque economista profetizza tempi difficili, a cui non possono far da contraltare atteggiamenti di negazione del problema e previsioni chimeriche.

Siamo stati e restiamo i primi sostenitori della ripresa commerciale e del buon andamento aziendale, ma non è accettabile continuare ad assistere a mere richieste di risultati senza che ai lavoratori venga fornito il doveroso supporto, frutto di una capacità manageriale di analisi e organizzazione, al posto della logica del bastone.
Relativamente al riconoscimento del lavoro dei colleghi, abbiamo richiesto alla controparte un ritorno riguardo le logiche applicative della revisione del sistema incentivante 2019, che ha visto la apprezzabile iniziativa del ritocco al ribasso dei limiti per il raggiungimento del premio, ma che ha presentato anche applicazioni pratiche a prima vista inintelligibili che necessitano di rapido approfondimento.

Servono quindi passi avanti per uscire da un corto circuito che fatica a trovare sbocchi. Nella recente riunione della Commissione Politiche Commerciali abbiamo avanzato proposte concrete in questo senso, fra cui l’introduzione del divieto di divulgare classifiche comparative e di chiedere forecast sul WM, previsioni già introdotte in altri Gruppi nel settore, ma abbiamo registrato un forte irrigidimento che non aiuta ad individuare percorsi di condivisione.

Alle pressioni commerciali si è aggiunto di recente anche il tema delle “pressioni formative”, improvvisamente emerse per la necessità di completare corsi IVASS, quando negli scorsi mesi di emergenza, in diverse realtà si è spinto in maniera quasi esclusiva sull’obiettivo dello smaltimento delle ferie arretrate rispetto alla fruizione dell’easy learning, frenando la stessa formazione che oggi ritorna prioritaria con evidenti contraddizioni. La soluzione “caldeggiata” da qualche aspirante manager in attività h 24 è stata l’effettuazione dei corsi on line al di fuori dell’orario di lavoro o nelle giornate dedicate al riposo, alle ferie ed alle giornate di solidarietà, così come abbiamo registrato gli stessi inopportuni inviti, che aggirano il concetto di disconnessione, alla partecipazione alle riunioni commerciali, inviti che hanno raggiunto il loro apice nel suggerire di proseguire l’attività commerciale anche nelle suddette giornate.

Ultimo, preoccupante segnale, riguarda lo smart working, prima esteso con lungimiranza e lodevole sforzo a migliaia di colleghi, poi improvvisamente considerato come un limite all’attività commerciale e non tenuto in debita considerazione nei processi riorganizzativi di Direzione Centrale in corso.
Si è quindi passati dal concetto di soluzione a quello di subordine nel rapido giro di pochi giorni, dopo l’introduzione del Decreto Rilancio che prevede come misura a tutela delle famiglie il diritto allo smart working per i genitori con figli under 14, a condizione che la prestazione lavorativa lo consenta.

Difficile immaginare che in un Gruppo dove lo smart working è stata la logica soluzione principale per continuare ad operare nel periodo di massima emergenza, lo stesso provvedimento diventi improvvisamente incompatibile per la nostra tipologia di lavoro, con la presenza fisica nei confronti del cliente che diventa elemento imprescindibile per la Rete e con la creazione di criteri di ripopolamento delle Direzioni Centrali che non hanno tenuto in opportuna considerazione i contenuti del Decreto.
Una contraddizione evidente riguardo alla quale abbiamo richiesto una riflessione immediata da parte aziendale, sottolineando altresì la situazione che caratterizza i colleghi con patologie meritevoli di un’attenzione particolare ed il tema degli spostamenti tramite mezzi pubblici da parte dei lavoratori che dovranno raggiungere i grandi centri.
Restano d’attualità anche le criticità legate al Decreto Liquidità, argomento già trattato in occasione dell’ultimo comunicato unitario e che ha visto recentemente ulteriori implementazioni sia normative che operative che andranno ad appesantire i già gravosi carichi di lavoro dei colleghi coinvolti, per i quali abbiamo formulato la richiesta, che è in attesa di un riscontro, dell’estensione generalizzata a livello di platea delle tutele legate ad errori operativi.

Davanti a tutte queste considerazioni, lo sforzo di capire che siamo di fronte ad un anno anomalo, da gestire in maniera specifica con minor pressione e maggior organizzazione, è un passo indispensabile per non incrinare lo spirito di squadra che sta consentendo ai colleghi di sopperire a molte mancanze operative ogni giorno, sopportando carichi di lavoro straordinari, e a Sindacato ed Azienda per proseguire un percorso virtuoso e partecipativo che in questi anni ha caratterizzato le relazioni industriali.
Se da un lato, infatti, le OO.SS. sono consce che soprattutto riguardo gli aspetti “macro” il Gruppo ha saputo distinguersi positivamente all’interno del settore nel corso degli anni, compresi quelli della crisi economico-finanziaria, riteniamo che il contributo fornito dal tavolo sindacale abbia meritato e debba continuare a meritare il dovuto riconoscimento, visto l’approccio propositivo che non sempre è stato concretamente raccolto dalla controparte, ma al quale spesso il trascorrere del tempo ha poi attribuito contenuti di fondatezza.
All’aspetto propositivo si lega fisiologicamente, dacché esistono le relazioni industriali, il legittimo diritto di critica, che non ha mai costituito una contrapposizione fine a se stessa, ma un complemento all’azione di proposta, nell’ottica della ricerca di soluzioni che aiutino ad evitare di slittare fuori strada, soprattutto in un periodo emergenziale, ed a porre i lavoratori in condizioni operative ed ambientali di pari valore rispetto all’impegno quotidianamente profuso.

4 giugno 2020

LE SEGRETERIE DEL GRUPPO BANCARIO CREDIT AGRICOLE ITALIA
Fabi – First Cisl – Fisac Cgil – Uilca – Unisin

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