DIPARTIMENTO GIURIDICO: SOTTO PRESSIONE
La pressione a vendere è uno degli elementi che caratterizzano la giornata del lavoratore bancario. In alcune aziende la pressione assume ormai le dimensioni di un imperativo ossessivo, crescente in proporzione alla diminuzione della forbice tassi, che spinge i CdA e i grandi azionisti a trovare nei prodotti ad alte commissioni quei guadagni non più realizzabili con la differenza tra i tassi attivi e quelli passivi. Assumere in maniera acritica come propri questi obiettivi nel nome di una rapida carriera può essere molto rischioso.
In un prossimo approfondimento parleremo dello stress correlato al lavoro, frutto quasi sempre dell’aumento della pressione commerciale. In questo daremo qualche suggerimento su come vendere “bene” anche sotto pressione.
Rispetta la MIFID
Tenere alla propria azienda significa anzitutto tenere alla sua solidità nel tempo. La vendita massiva alla clientela di prodotti ad alto rischio, o illiquidi, ha causato negli ultimi anni grandi problemi di solidità, nel senso che ha aggravato situazioni aziendali già difficili. Alcune aziende sono state sottoposte a risoluzione (una specie di liquidazione coatta “soffice”), altre sono state acquisite ad un euro. In entrambi i casi, i clienti (azionisti e obbligazionisti subordinati) hanno subito l’azzeramento del valore dei loro investimenti. Molti colleghi di queste aziende sono attualmente coinvolti in processi per truffa, vendita fraudolenta, e in ogni caso, a prescindere dall’accertamento di reati, rischiano di dover pagare danni in sede civile.
Esiste un modo per evitare di essere coinvolti in questo genere di problemi: rispettare la Mifid, e di conseguenza i propri clienti. Rispettare la Mifid ha una duplice declinazione:
- anzitutto, compilare la profilatura rispettando con scrupolo le notizie apprese dal colloquio con il cliente. Banalmente, non scrivere che è laureato se ha la terza media; non scrivere che sa cosa è un fondo comune se non lo sa. Non badare ai suggerimenti pelosi di qualche area manager su come proporre le domande in modo da poter compilare in maniera suggestiva le risposte.
Profilare il rischio di un cliente in maniera ingannevole e falsa è la premessa di ogni abuso, e la fonte di ogni guaio;
- acquistare i prodotti adeguati al profilo di rischio di quel cliente, compreso l’equa proporzione tra prodotti. Se il profilo di rischio scaturito da una corretta compilazione è basso, non vendete una unit linked o un’azione a quella persona. Non fingete, a quel punto, che sia il cliente spontaneamente a voler fare quell’operazione, in modo da far passare in maniera surrettizia come modalità “execution only” quella che è una vostra forzatura(cfr. anche approfondimento Mifid II in Consulta Giuridica Nazionale Fisac).
Non fare credito per far sottoscrivere prodotti finanziari
Secondo la Corte di Cassazione (sez. Civile, sentenza n.19559 del 30/09/15), investire e indebitarsi è una prassi molto sospetta, non solo quando il prodotto prevede come requisito contrattuale un indebitamento (come il famigerato 4You di Banca 121), ma anche quando le operazioni di indebitamento e investimento sono separate ma contestuali.
Il nuovo art. 2358 c.c. dice che “la società non può, direttamente o indirettamente (ad es. attraverso una controllata) accordare prestiti né fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni”, se non attraverso una previa autorizzazione dell’assemblea straordinaria.
Si tratta delle cosiddette “operazioni baciate”, per cui determinati titoli sono acquistati grazie alla provvista fornita a credito dalla stessa banca, e poi magari posti a garanzia del credito stesso. Al riguardo, tieni presente che il fatto di non avere deliberato in autonomia quel credito non scrimina dal rischio di poter essere chiamati in causa in termini di concorso in un reato di truffa, oppure di formazione fittizia di capitale (se sei per caso anche amministratore o socio conferente). In ogni caso, se l’operazione è riconosciuta come rientrante nella fattispecie della “baciata” la stessa è nulla, a partire dall’affidamento, per cui il cliente non deve restituire niente alla banca. Se per caso ti senti un aziendalista, questo è il peggior servizio che puoi rendere alla tua azienda.
Rispetta il senso autentico della parola “budget”
Budget è forse il vocabolo più utilizzato nel gergo bancario. Mai un significato è stato maggiormente travisato: infatti “budget” non significa “obiettivo”, che è ciò per cui viene sostanzialmente spacciato. “Budget” significa “bilancio preventivo”, oppure “mezzi a disposizione” o al limite “programma”, mentre l’obiettivo si traduce come “target”. Non sembri banale l’affermazione: non vi è nulla di ansiogeno nell’avere un programma di lavoro, anzi, la programmazione è fondamentale per impostare al meglio un’attività. Ciò che fa male alla qualità del lavoro e della vita in azienda è la trasformazione del budget, che è un mezzo, nel fine ultimo e totalizzante del proprio agire commerciale. In un maldestro adattamento pseudo machiavellico, si arriva a scambiare il mezzo con il fine. Normalmente (purtroppo) la perversione del senso è alimentata o tollerata dalle aziende bancarie, che lo fanno veicolare in maniera subdola e poco trasparente dai propri quadri intermedi più zelanti. Che tu sia un impiegato o un quadro, sappi che il budget è uno strumento di lavoro, non il fine ultimo della tua attività. Non è questa la sede per approfondire il problema dell’impostazione aziendale (peraltro accennata in premessa) che porta al cosiddetto “mal di budget”, una delle principali fonti di stress da lavoro correlato. In questa sede teniamo a metterti in guardia dalla smania del risultato ad ogni costo: sappi che, in caso di abuso, non troverai un’azienda disposta a proteggerti in nome del fatto che hai “venduto tanto”.
Per quanto sia difficile lavorare in un ambiente a pressione crescente, la capacità di gestire questa pressione è un elemento di autotutela contro i rischi, anche personali, in cui può incappare un “venditore senza scrupoli”.