Bancari: una sentenza da considerare
Di seguito riportiamo una nota a cura della Consulta Giuridica della Fisac Cgil che tratta di un licenziamento relativo a fatti occorsi nel 2015 ed oggi definitivamente passato in giudicato.
Vi invitiamo a leggere con attenzione l’articolo in quanto esso rappresenta uno spaccato interessante, anche se per fortuna infrequente, di uno dei tanti rischi che si corrono nel nostro lavoro, talvolta senza nemmeno rendersene conto.
Non conosciamo il caso nei dettagli e non siamo in grado di sapere se esso si sostanzi anche di elementi dolosi ma certamente esso mette in evidenza come anche in una delle operazioni più semplici ed apparentemente innocue come la consultazione della posizione di un cliente, si possano intravedere estremi di “pericolosità”. Oltretutto, proprio in questi giorni, abbiamo aggiornato con la Banca un accordo del 2014 riguardante proprio queste tematiche.
La migrazione informatica a Cedacri ha reso necessario questo passaggio che nella sostanza non ha apportato modifiche significative alla situazione preesistente ma si è reso necessario per conformarsi alle nuove caratteristiche della piattaforma adottata. E’ opportuno far notare che le nuove procedure consentono di avere una serie di informazioni e di accessi più ampi rispetto a prima, per esempio la posizione completa cliente con la semplice interrogazione nominativa, anche in termini di visibilità patrimoniale e ciò estende anche l’opportunità di operare solo in caso di effettiva necessità.
Ovviamente non si vuole drammatizzare una situazione pur sempre abbastanza peculiare quanto piuttosto richiamare la massima attenzione nello svolgimento della propria attività, un’attenzione che in questo periodo di emergenza, di modifica dei modi e delle abitudini lavorative e di migrazione informatica deve ancor più sollecitare atteggiamenti prudenti e non “istintivi”.
Una Lavoratrice di banca era stata licenziata nel 2015 per aver effettuato interrogazioni di conti correnti non giustificate da ragioni di servizio.
Il Tribunale di Roma e poi la Corte d’Appello di Roma avevano considerato il licenziamento legittimo. In particolare, la sentenzad’appello aveva ritenuto che i fatti contestati fossero dimostrati e che fossero tali da giustificare il licenziamento.
Ciò in ragione della rilevanza del divieto di eseguire interrogazioni sui conti correnti non sostenute da ragioni di servizio, divieto volto a prevenire danni alla riservatezza e alla sicurezza della clientela e il rischio di azioni risarcitorie ai danni della banca da parte dei clienti stessi in caso di condotte lesive di tali beni.
Inoltre, la stessa sentenza aveva ritenuto che la Banca aveva rispettato l’obbligo informativo nei confronti dei dipendenti, obbligo previsto dalla legge n. 300/1970 art. 4 (come modificato dal decreto legislativo n. 151/2015) riguardo all’uso degli strumenti informatici e dei relativi controlli sui dipendenti.
Da ultimo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.4871/2020, ha confermato in via definitiva il licenziamento, ritenendo condivisibili le argomentazioni della sentenza d’appello.
Inoltre, ha considerato adeguata l’informativa data ai lavoratori della banca prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo del 2015, una volta accertato che tale informativa fosse corretta anche ai sensi della normativa del 2015, senza necessità di reiterarla.
Appare assolutamente necessario prestare la massima attenzione a evitare interrogazioni non giustificate da motivi di servizio su dati riguardanti la clientela delle banche.
Tali comportamenti possono essere accertati con facilità da ispezioni e verifiche interne ed espongono al rischio di sanzioni disciplinari assai gravi sino al licenziamento, sanzioni che la giurisprudenza considera pienamente giustificate e legittime.