Inform@fisac giugno 2019 n.3

STRESS LAVORO-CORRELATO O SINDROME DI BURN OUT: OVVERO QUANDO IL BANCARIO SCOPPIA IN BARBA AL PROTOCOLLO SULLE PRESSIONI COMMERCIALI!!!

 

Come ben sapete, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso il “burnout” nella nuova versione dell’undicesima International Classification of Diseases. Il burnout, meglio noto come stress da lavoro (ma anche da disoccupazione) diventa ufficialmente una sindrome, e non solo lo ha stabilito ma ha anche fornito direttive ai medici per diagnosticare tale condizione; orbene scoprite assieme a noi tutto quello che c’è da sapere su questo problema che attanaglia più di un bancario, sappiate che si tratta di una vera e propria malattia sulla quale è opportuno fare qualche riflessione onde capire cosa è meglio fare per fronteggiarlo. Per prima cosa occorre precisare – come ha fatto l’Organizzazione – che il burnout è una condizione che si riferisce solo a un contesto lavorativo e non può essere estesa anche ad altre area della vita.
Pressione, agitazione, ansia da prestazione sono solo alcune delle sensazioni spiacevoli che spesso si manifestano nella vita quotidiana dei bancari. Purtroppo spesso e volentieri gli stessi pensano che questi disagi nascano da cause di tipo fisico: così non è nella stragrande maggioranza dei casi. Responsabile è semplicemente lo stress: scadenze, ritardi, pressioni dai capi, screzi con i colleghi possono infatti portare a quello che viene definito stress lavoro-correlato o, semplicemente, stress da lavoro. Vediamo insieme di che cosa si tratta, quali sono i sintomi e cosa fare per affrontarlo e combatterlo.

Nella stragrande maggioranza dei casi lo stress da lavoro viene sperimentato da quelle persone che sentono le richieste del mondo lavorativo superiori a quello che sono le loro capacità di fronteggiarle, con conseguenze anche gravi nell’ambito psicofisico e sociale; i sintomi si concentrano in genere su quattro aree:

  • Lavorativi: assenteismo, infortuni, malattie, problemi disciplinari (cfr. contestazioni comminate a gogò), conflittualità, difficoltà relazionali (cfr. Ambiguità di ruolo diffuse nel senso di insufficienza di formazioni in relazione a determinate posizioni apical. In parole povere prova provata del Principio di Peter: “Ogni membro di un’organizzazione gerarchica sale nei livelli della gerarchia sino a raggiungere il suo massimo livello di incompetenza“ ) , bassa qualità nelle prestazioni lavorative (cfr. Formazione fatta solo sulla carta, autoformazione in ambienti non protetti), sovraccarico di lavoro (cfr. Budget spesso irraggiungibili e tarati in modo eguali per contesti territoriali differenti), mancanza di controllo, gratificazioni insufficienti, crollo del senso di appartenenza, assenza di equità (cfr, sistemi di MBO), valori contrastanti (il concetto di rispetto del cliente è interpretato in modi diametralmente diversi tra datori e lavoratori) , scarsa remunerazione.
  • Comportamentali: indecisione, insicurezza, impazienza, isolamento, mancanza di autostima, aumento del consumo di alcool e/o delle sigarette e/o di caffé, assunzione indiscriminata di psicofarmaci, impulsività.
  • Psicologici: scarsa concentrazione e attenzione, stanchezza cronica, sensazione di avere la testa vuota, ansia, angoscia, stati depressivi, crisi di pianto, pessimismo, cattivo unore, autocommiserazione, attacchi d’ansia o attacchi di panico.
  • Psicosomatici (fisici): del comportamento alimentare, gastroenterici, cardiocircolatori, respiratori, sessuali, dermatologici o del sonno.

Leggendo superficialmente queste poche righe iniziali, ogni soggetto che soffre di stress da lavoro avrà sicuramente provato più di uno di questi sintomi; al riguardo per prima cosa dobbiamo fare attenzione a ricordare che queste manifestazioni sono dovute a condizioni lavorative inadeguate e malgestite. I bancari sotto stress lavoro-correlato arrivano a pensare di essere sbagliati e inadeguati, in maniera tale che spesso decidono di dover lasciare il lavoro perché di fatto inabili: se avete ben compreso queste righe vi sarete resi conto che così non è: sappiate che lo stress da lavoro non è una malattia, ma può portare ad ammalarsi e non va quindi sottovalutato, infatti dal 2009 è diventato obbligatorio per le aziende valutare lo stress lavoro correlato e dal 2010 effettivo. Vero è che tutti i datori di lavoro hanno dovuto valutare lo stato di salute dei propri dipendenti attraverso gli specialisti preposti; questo per evidenziare i diritti fondamentali del lavoratore e garantire loro un luogo professionale e sano che non sia fonte di stress, conseguentemente, di danno per il soggetto stesso.

Ripartiamo dalla definizione di stress e di cosa si intende con il termine medesimo :“ Definiamo lo Stress come una reazione interna a stimoli interni ed esterni che producono un’attivazione fisiologica e uno sforzo emotivo, che mettono in moto risposte cognitive o comportamentali”, Non si tratta di qualcosa di piacevole in quanto lo stress viene dalla persona percepito come qualcosa dalla difficile gestione, che compromette tranquillità ed equilibrio, causando poi una reazione sgradevole.

La cosa potrebbe essere anche abbastanza gestibile se lo stress facesse la sua comparsa in situazioni impreviste o comunque isolate dal quotidiano. Questo perché in tali casi si tratterebbe di fenomeni sporadici, e che stressano raramente; di contro viene generalmente percepito come un autentico problema se a stressarci sono le situazioni di routine, quegli eventi che fanno parte della quotidianità, che si è costretti ad affrontare per forza, dai quali diviene difficile sottrarsi. Una cosa è certa: queste considerazioni ci debbono far riflettere e meglio esplicitano il concetto di del burnout che se letteralmente significa “Bruciato”, identifica una sindrome derivante da un processo stressogeno che colpisce le persone in ambito lavorativo e porta con sé una perdita della motivazione, ossia un disamoramento verso il proprio lavoro, con conseguente impedimento di vedere il reale obiettivo delle proprie mansioni. In parole povere il burnout è una Sindrome complessa, a componente prevalentemente psichica, che si instaura come risposta a una condizione di stress lavorativo prolungato. Altre definizioni di burnout coincidono con stati di insoddisfazione, nervosismo, senso di svuotamento, perdita di entusiasmo e di impegno personale, sensazione di fallimento e disamoramento verso il proprio lavoro.

La normativa di riferimento, riguardante la valutazione dei rischi da stress, parte dal D. lsg 81 introdotto nell’Aprile 2008, il quale sancisce l’obbligo per il datore di lavoro, a tutela della salute dei lavoratori, di valutare i rischi da stress lavoro-correlato. Si tratta di una legge in continua evoluzione ed aggiornamento, e si basa sul principio che la gestione della sicurezza sul lavoro si realizzi per mezzo di un processo partecipato, che prevede diversi attori ed il coinvolgimento attivo di tutti i lavoratori. Il Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (S.P.P.), previsto dal testo unico all’ art. 33, è costituito dalle persone, dai sistemi e dai mezzi interni o esterni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori. Gli attori del S.P.P. sono: datore di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori, responsabile del servizio di prevenzione e protezione, medico competente, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, addetti all’antincendio e al primo soccorso.
In particolare:

  • Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) la persona designata dal datore di lavoro per coordinare il Servizio di Prevenzione e Protezione dei rischi.
  • Preposto al Servizio Prevenzione e Protezione: figura intermedia all’interno del Servizio di Prevenzione e protezione dei Rischi, più vicino al concreto contesto lavorativo e più facilmente “accessibile” da parte dei lavoratori. Ha compiti di controllo, vigilanza ed attuazione.
  • Medico Competente: medico che collabora col datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi, è incaricato di effettuare sorveglianza sanitaria e di tutti i compiti indicati dalla normativa. E’ nominato dal datore di lavoro e deve avere specifici requisiti formativi (art. 38 Dlgs 81/2008).
  • Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS): lavoratore eletto o designato a rappresentare i lavoratori per quanto riguarda tutti gli aspetti della salute e della sicurezza sul lavoro (art. 47-50 Dlgs 81/2008). In particolare ha il compito di controllare il rispetto delle regole del sistema di prevenzione aziendale. Riceve tutta la documentazione aziendale inerente e viene sentito durante tutte le fasi del processo di riduzione dei rischi lavorativi.
  • Ogni lavoratore ha l’obbligo di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, sulla quali ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni (art. 20 Dlgs 81/2008). Purtroppo questo però spesso e volentieri non sempre avviene, o meglio non avviene in misura articolata e soddisfacente, soprattutto nel contesto lavorativo italiano.

Ciò è in parte anche dovuto al fatto che, una volta appurato che il personale lavorativo è stressato, si tende spesso a intervenire al fine di risollevarsi dalle tensioni presenti, senza analizzare bene quelle che sono le reali cause che determinano stress. Detto in termini più semplici: non vi è un’adeguata prevenzione, inoltre da tener presente che spesso il cosiddetto stress viene concepito come un qualcosa di positivo, uno stimolo insomma. Questo perché lo stesso lavoratore, osservandosi a posteriori dopo aver superato la fase stressante, percepisce lo stress come un elemento importante che gli è in parte servito ad avere la carica giusta per dare il meglio di sé.

Di certo asseriscono i vertici bancari che lo stress se non eccessivo, è fondamentalmente una stimolazione, e in termini di adattamento è funzionale e necessario; è la forza motrice che ci porta all’ azione senza la quale saremmo inermi e passivi). Ciò che invece secondo il management sarebbe realmente nocivo è lo stress prolungato, il cosiddetto “stress cronico”; purtroppo la teoria è cosa diversa dalla pratica e noi proprio così non la vediamo.

Volendo fare un’accurata analisi è possibile asserire che lo stress è un vero processo, e si articola in fasi, nei fatti Tre passaggi, e nello specifico:

  1. Allarme: l’organismo viene stimolato e si attivano dunque una serie di processi psicofisiologici (quali potrebbero essere la tachicardia, l’affanno).
  2. Resistenza: l’organismo, percepiti i campanelli d’allarme, tenta di adattarsi e prova a normalizzare i sintomi fisiologici.
  3. Esaurimento: se lo stimolo stressante persiste, nonostante i tentativi di fronteggiarlo, ne viene fuori uno squilibrio psicofisico, e la naturale capacità di adattamento viene a mancare.In ambito lavorativo lo stress viene considerato come una difficoltà di adattamento reciproco, tra l’individuo e l’organizzazione, che comporta uno squilibrio tra le richieste organizzative e le risorse personali del soggetto di affrontarle.

Volendo dare una ulteriore definizione più precisa, lo stress dovuto al lavoro è un insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore . Quali potrebbero essere le cause che scatenano tale processo sul luogo del lavoro?

Non vi sono dei veri e propri fattori causali, in quanto ogni situazione va considerata in relazione con le peculiarità personologiche di ogni singolo individuo, poiché ciascuno di noi attribuisce ad ogni evento un significato soggettivo.

Comunque varie ricerche hanno messo in luce una serie di fattori scatenanti, questi i principali:

  • Mole di lavoro eccessiva: se la quantità di lavoro è massiccia, il tempo per svolgere le varie mansioni è di conseguenza insufficiente. Ciò potrebbe causare stato di tensione o compiti svolti in modo sommario.
  • Incertezza nei ruoli ricoperti: ciò riguarda soprattutto quei casi in cui vi sono più persone a lavorare tra loro. Un’incertezza nei ruoli assunti potrebbe causare un’assenza di punti di riferimento a cui rivolgersi per le varie evenienze. Se gli incarichi non sono ben definiti la situazione lavorativa potrebbe non essere chiara, e l’andamento lavorativo risulterebbe poco lineare. A risentire poi le conseguenze di ciò sarebbe l’efficienza dell’intero gruppo di lavoro.
  • Pressione da parte dei superiori: spesso in un ambiente lavorativo c’è qualcuno al vertice che assume un certo potere e che non sostiene i propri dipendenti, bensì li critica incrementando stati conflittuali. Le critiche potrebbero essere nocive al lavoratore, in quanto potrebbero condurre a un calo dell’autostima, poiché viene in questo modo sminuito il valore personale.
  • Conflittualità con i colleghi: ciò incrementa tensioni relazionali sul luogo del lavoro che ostacolano la cooperazione. Senza tralasciare il fatto che i lavoratori potrebbero assentarsi o incrementare assenteismi al fine di evitare litigi.
  • Ambiente di lavoro inadeguato e poco confortevole: le attrezzature lavorative poco adatte sono scomode e rallentano il lavoro. Tenendo inoltre presente che abbassano il tono dell’umore del personale.
  • Inadeguatezza del ruolo assunto: magari a rivestire un ruolo di responsabilità è una persona con buone doti organizzative; potrebbero però mancargli le capacità di leadership. Ciò potrebbe generare nel soggetto interessato inadeguatezza, in quanto egli è costretto ad assumersi responsabilità dalla difficile gestione, a causa di una personalità poco idonea al ruolo rivestito.
  • Mobilità, trasferimenti: non consentono una stabilità personale e potrebbe venirne fuori una conseguente disorganizzazione extralavorativa, con possibili difficoltà nell’ attuare progetti di vita.
  • Mobbing: prepotenze, da parte di chi ha in qualche modo “il potere”, verso chi è più debole e non è in grado di difendersi. Una corretta definizione di Mobbing potrebbe essere la seguente: “Forma di terrore psicologico esercitata sul luogo del lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori”. Si tratta di un fenomeno ripetuto nel tempo, verso una medesima vittima.

È opportuno ricordare che i fattori sopra elencati non sono degli elementi causali di per sé, bensì dei fattori di rischio che vanno sempre analizzati in relazione alle peculiarità esistenziali e personali del soggetto.

Inoltre i fattori extra lavorativi hanno la loro importanza, in quanto fanno sì che l’individuo trascini con sé, sul luogo del lavoro, le tensioni personali, rendendo i propri compiti carichi di nervosismo e per nulla soddisfacenti. Si crea dunque un circolo vizioso, nel senso che tale squilibrio stressante che l’individuo avverte sul luogo del lavoro porta con sè delle conseguenze, le quali pesano in primo luogo a livello personale, sull’ individuo stesso, ed in secondo luogo sull’ organizzazione lavorativa, le conseguenze possono essere di tipo fisico o organico, ad esempio mal di testa, digestione difficile, gastrite, dolori muscolari senza grosso affaticamento fisico.

Inoltre le manifestazioni dello stress, soprattutto se sono prolungate nel tempo, possono determinare nella persona una compromissione delle funzioni emotive, che comprendono delle reazioni d’ansia, depressione, senso di impotenza e di disperazione. E tutto ciò aumenta la propensione del lavoratore a considerare le condizioni lavorative come pericolose per la propria salute . Alle conseguenze emotive si affiancano quelle cognitive, ossia la difficoltà di concentrazione e di memoria, le quali tendono sovente a perdurare anche al di fuori dell’ambiente lavorativo. La cosiddetta “stanchezza mentale”, o “sovraccarico cognitivo”.

Senza tralasciare gli effetti comportamentali. Molti lavoratori stressati lamentano di essere facilmente irritabili e aggressivi. Altri si descrivono come “asociali” o con una tendenza a estraniarsi o evitare le situazioni di confronto, in molti casi si verifica il ricorso all’alcol, al tabagismo, all’abuso di psicofarmaci, all’assunzione di droghe o aduna ricerca di conforto nel cibo.

Avviciniamoci alla conclusione cercando di capire cosa si dovrebbe fare praticamente:

Posto che riconoscere la sindrome del burnout non è così facile, evitare di ricondurre il tutto ad un problema dell’individuo e non del contesto lavorativo nel suo insieme.

Le organizzazioni quasi sempre volutamente ignorano questo problema e questo rappresenta un errore molto pericoloso, in quanto il burnout può incidere pesantemente sull’economia dell’intera organizzazione.

La risoluzione del fenomeno burnout necessita d’essere affrontata sia a livello organizzativo che a livello individuale; l’organizzazione che si assumesse la responsabilità di affrontare il burnout, lo potrebbe gestire in modo da garantirsi il proprio personale produttivo nel tempo, beninteso nella misura in cui intende conservarselo, ed in questo non ci aiutano proprio le vigenti regolamentazioni del mondo del lavoro, che spingono verso una rotazione folle della forza lavoro che da risultati positivi solo nel breve periodo.

L’aiuto maggiormente efficace per il singolo prestatire di lavoro è sicuramente un intervento da parte di un professionista competente in materia in grado fornire adeguati strumenti cognitivi, favorire una maggiore comprensione/consapevolezza del problema, aiutare a comprendere le relazioni esistenti tra il comportamento personale, il proprio vissuto ed il contesto di vita e lavorativo, modificare il proprio comportamento e i propri atteggiamenti in coerenza con quanto acquisito.

Ma tali interventi sul singolo sono di fatto una chimera, non sono per N iente semplici: il singolo può avere difficoltà a rivolgersi ad uno psicologo per farsi aiutare, ciò a causa sia di pregiudizi verso la categoria di professionisti che si occupa di tali problematiche, sia perché spesso non è in grado di chiedere aiuto e/o si imbatte in altre categorie di professionisti non competenti in tali materie. Purtroppo ancor oggi molti preferiscono pensare di avere un problema organico invece di accettare l’idea di poter avere un problema psicologico anche se causato da fattori esterni, mentre le imprese dal canto loro si limitano a mere operazioni di facciata spesso anche sponsorizzate nei bilanci sociali creando inservibili strutture e figure di sostegno psicologico, alle quali difficilmente i lavoratori si affidano per tutta una serie di ovvie motivazioni, fra le quali la consapevolezza che portare apertamente a conoscenza della problematica sofferta la controparte datoriale può solo essere causa di ulteriori fastidi (bossing, mobbing……….).

Le azioni possibili a livello individuale sono: porsi degli obiettivi realistici, variare la routine, fare delle pause, prevenire il coinvolgimento eccessivo nei problemi della vittima , favorire il benessere psicologico e bilanciare frustrazione e gratificazione, applicare tecniche di rilassamento fisico e mentale , separare lavoro e vita privata per evitare la propagazione del malessere nella vita familiare.

Le azioni possibili a livello sociale sono il rafforzamento della relazione con amici e familiari allo scopo di compensare i sentimenti di fallimento e frustrazione legati alla vita lavorativa, volontariato ecc., il rafforzamento delle relazioni positive con altri soccorritori da cui possono derivare riscontri positivi, sostegno, utili confronti.

Le azioni possibili a livello istituzionale possono concretizzarsi in incontri con il personale dei diversi livelli per fluidificare i rapporti e risolvere le conflittualità , riorganizzare il lavoro per renderlo più vario ed interessante, promuovere il confronto tra le aspettative delle vittime e gli obiettivi del servizio, per evitare equivoci.

Altre variabili su cui influire per prevenire lo stress possono essere: praticare aziendalmente un percorso di chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative, il riconoscimento e valorizzazione delle competenze, una seria prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali , l’instaurare aziendalmente un clima relazionale franco e collaborativo che consenta una scorrevolezza operativa a supporto degli obiettivi in un contesto di giustizia organizzativa .

A livello organizzativo inoltre sono utili e necessarie strategie volte a promuovere l’impegno professionale e l’armonia tra operatore e posto di lavoro, ad esempio il condividere la gestione del carico di lavoro con il gruppo, il creare e alimentare il senso di squadra, dare ai lavoratori quando possibile la facoltà di partecipare attivamente ai processi decisionale, il comunicare con chiarezza gli input apicali attribuendo nel contempo obiettivi realistici e credibili, riconoscere una ricchezza nelle diversità, cogliendo le potenzialità positive dagli incontro con la forza lavoro, facendo in modo da far crescere professionalmente la forza lavoro tutta abbinando formazione concreta e cultura dell’approfondimento.

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