Sintesi dei questionari distribuiti all’Assemblea Nazionale Delegate Fisac Cgil (gennaio 2020)
Nel corso dell’assemblea nazionale delle delegate Fisac di gennaio 2020 è stato distribuito un questionario pensato dal coordinamento donne CGIL Toscana rivolto alle sindacaliste, i cui risultati sono stati presentati all’assemblea. L’indagine riprendeva un’idea della commissione femminile della Filda provinciale di Roma del 1976, ovvero proprio la nostra categoria.
Su poco meno di 200 delegate presenti all’assemblea sono stati riconsegnati 154 questionari cartacei, oltre i tre quarti delle presenze. Il campione non è statistico, ma è valido e rappresentativo dei quadri femminili in categoria in quanto include le compagne che fanno parte dell’Assemblea Generale Nazionale e altrettante dirigenti sindacali di tutta Italia. Quasi la metà, il 46%, ricopre un ruolo di segreteria (territoriale o aziendale).
L’obiettivo era quello di rilevare lo stato di benessere delle donne all’interno dell’organizzazione ed individuare gli ostacoli che impediscono alle donne una maggiore e più incisiva partecipazione alla vita sindacale.
L’età si concentra sulla fascia 45-60 anni, che copre il 68,8%, mentre la fascia 35-45 anni rappresenta circa il 25%. I massicci esodi a cui non hanno corrisposto assunzioni pesano numericamente, insieme alla difficoltà per il sindacato di avvicinare le giovani. Altro dato rilevante è il livello di istruzione: la metà della nostra platea ha una laurea o un titolo post laurea (49,3%). Sarebbe interessante poter fare la stessa indagine tra i nostri sindacalisti uomini.
Partiamo dalla domanda finale per indagarne le cause a ritroso, ovvero Come vedi la tua partecipazione nella vita sindacale nei prossimi 5 anni. Il dato eclatante è l’incertezza, il 37,5% non lo sa. Il 30% considera il futuro impegno minore o esaurito, solo in parte per l’età anagrafica. In pratica solo un terzo delle compagne è fiduciosa e ottimista nel dare una maggiore partecipazione per il futuro (32%).
Un fattore che allontana le donne dall’impegno sindacale (analogamente ai percorsi di carriera nel lavoro) è dato certamente dalle cure familiari (il 70% ha figli), ma non solo. Se è vero che il 60% dedica più di 7 ore settimanali alla cura della casa ed il 70% dedica più di 7 ore settimanali alla cura dei familiari (figli o genitori anziani), è interessante rilevare la percezione che le sindacaliste hanno dell’organizzazione nei confronti delle donne.
In controtendenza con quanto ci si aspetterebbe sembrano essere le risposte su luoghi e orari delle riunioni, giudicati soddisfacenti da una maggioranza che si aggira intorno al 60% (rispettivamente 59% e 62%). Lo stesso sull’eventualità di passare la notte fuori casa. Il risultato, che potrebbe essere influenzato da una platea di sindacaliste che ricoprono per quasi metà ruoli di segreteria, apre un interrogativo: le donne che arrivano a questi ruoli adattano la loro vita familiare agli impegni sindacali esigendo una maggiore condivisione dei carichi familiari o ci arrivano quando sono più libere dai carichi familiari? Inoltre, quanto viene “usato” l’argomento del caregiver per non spingere le donne ad assumere incarichi?
Se esaminiamo le motivazioni che rendono il sindacato diretto soprattutto da uomini il caregiver ha un peso ma non è ritenuto il più importante. Per le delegate pesa maggiormente la percezione che gli uomini ostacolino le donne, che l’organizzazione le faccia sentire inadeguate e che quindi esse stesse non si considerino all’altezza.
Alla domanda se l’organizzazione riconosca alle sindacaliste meriti e risultati al pari degli uomini il 66,2% risponde di no. Lo stesso per quanto riguarda le pari opportunità nel sindacato: il 63% è in disaccordo. Parrebbe quindi riproporsi al nostro interno un meccanismo di pregiudizio di genere, che va oltre la disponibilità in termini di tempo, in analogia con quanto viene lamentato dalle lavoratrici all’interno delle aziende. Infatti la presenza di donne nei ruoli apicali del sindacato viene giudicata unanimemente insufficiente (92%). Va ricordato che la forza lavoro femminile nel nostro settore rappresenta la metà di quella maschile, anzi è superiore in alcune grandi aziende, ma non abbiamo la metà dei quadri sindacali.
Altrettanto unanime, a conclusione del tema, è il parere sulla validità della norma antidiscriminatoria quale fattore correttivo di riequilibrio di genere (90% a favore).
Per concludere parliamo di noi. Si conferma l’affezione ormai storica delle sindacaliste Fisac ai propri Coordinamenti Donne, presenti in categoria in molte realtà territoriali, conosciuti da tutte e frequentati regolarmente da oltre la metà (53%) e saltuariamente da oltre un terzo (35,7%).
Nella sezione su cosa dovremmo occuparci, come Coordinamento Donne Nazionale, ci vengono utili indicazioni per il futuro: prima di tutto la contrattazione di genere, volta a superare le disparità salariali, il riequilibrio del lavoro di cura ma sarà fondamentale lavorare molto sull’empowerment femminile, ovvero la crescita individuale e collettiva delle donne e delle compagne, di cui si sente molto l’esigenza.
Una crescita che rappresenta un valore e impulso non solo per le donne ma per la Fisac e la Cgil.