28 Aprile 2020
Un nemico sconosciuto da combattere e una tentazione da respingere
Fin dall’inizio della drammatica comparsa in Italia del coronavirus, è emerso in maniera impressionante che questo terribile omicida non si è diffuso in tutte le regioni in maniera uguale. Ci sono le regioni del nord che per mille motivi, ancora sconosciuti, hanno patito la maggiore aggressività e, le regioni meridionali, che l’hanno patita, fino ad oggi, in maniera meno devastante.
I sindacati si sono trovati di fronte alla decisione del Governo di lasciare aperte le aziende del settore credito: banche, esattorie ed assicurazioni perché è la legge stessa ad inquadrarli tra i servizi essenziali.
Anche nei giorni più bui le nostre battaglie si sono combattute intorno alla necessità di proteggere la salute di lavoratori e cittadini e abbiamo con forza chiesto alle Aziende una riorganizzazione dei servizi alla clientela proponendo misure di sicurezza il più adeguate possibile alla drammatica e pericolosissima situazione e predisposto protocolli operativi stringenti.
Abbiamo ottenuto, non tutto, ma abbastanza in una situazione estremamente confusa. Da allora il nostro principale obiettivo è stato quello di tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori, esposti al contagio del coronavirus.
Una delle risposte data dalle banche è stata quella di chiudere alcune agenzie e di mantenere a casa (talvolta a turno) i lavoratori del settore; un’altra risposta è stata quella di effettuare una rotazione del personale sulle agenzie lasciate aperte. A volte creando lavoratori di serie A e di serie B visto che la scelta non è stata sempre volontaria.
Tutto questo ha ingenerato una serie di equivoci di fondo sui quali è necessario sgombrare il campo da fraintendimenti.
Facciamo chiarezza.
Prima di tutto è emerso che le misure di sicurezza che le Banche avevano in essere all’inizio della crisi erano insufficienti e le cose non sono migliorate nelle settimane seguenti.
Questo ha determinato le chiusure adottate da alcune banche o le turnazioni adottate da altre.
Successivamente alcune Banche hanno esteso le attività di smart working o smart learning (in parole povere lavoro e formazione da casa) mentre altre, non attrezzate o per scelte organizzative, ma non di certo per mancanza di lavoro, hanno deciso semplicemente di lasciare i lavoratori a casa.
Infatti, a fronte dei provvedimenti assunti per il sostegno dell’economia, il lavoro per nostra fortuna è aumentato e sono davvero tante le attività da fare. Certo riguardano l’ambito del credito e sono dettati da regole che non sono date dai nostri manager Bancari ma dal governo e dall’ABI, lavoro che i bancari vogliono svolgere nel migliore dei modi, in sicurezza, ed orgogliosi di poterlo svolgere al servizio delle comunità e del Paese.
A questo punto cosa serve ai Lavoratori ed a tutti i Sardi?
Noi chiediamo con forza che si completino senza indugio le opere di totale messa in sicurezza delle filiali e dei luoghi di lavoro, e che le sedi di lavoro siano riaperte solo dopo che tutto questo avvenga, lo ribadiamo, in completa sicurezza. Per far questo chiediamo con determinazione alle aziende di voler utilizzare tutte le risorse possibili per aumentare e garantire la completa sicurezza per i lavoratori ed i cittadini fruitori dei servizi, riattivando il fondamentale flusso economico e la fruizione di quei servizi che oggi più che mai sono necessari per la popolazione più debole che deve ricevere sussidi o avviare pratiche a propria tutela, ma più in generale per aiutare la ripartenza del sistema paese, come deve fare un vero “servizio essenziale”.
Così come chiediamo che, tra le tante misure di sicurezza, le Banche riutilizzino il loro immenso patrimonio immobiliare, spesso inutilizzato come avviene in Sardegna, per migliorare spazi e fruibilità dei luoghi di lavoro, così come il vivere in un contesto di pandemia necessita. La scelta di chiudere o vendere immobili per realizzare plusvalenze momentanee la stiamo pagando oggi con l’impossibilità di fruire di spazi lavorativi compatibili con le nuove esigenze e la tendenza ad ammassare i lavoratori nei cosiddetti spazi “co working” si è rivelata totalmente inadeguata.
In Sardegna osserviamo che l’incidenza del coronavirus è meno diffusa che in altre regioni tra la popolazione e circoscritta, purtroppo per tutti noi, alle strutture sanitarie, pertanto intravediamo che dietro le chiusure ci possa essere un diniego o un impegno debole e solo formale a fornire quei servizi che oggi più che mai sono necessari alla ripartenza. Sembra quasi che dietro le chiusure temporanee delle sedi vi sia, da parte delle Banche, il tentativo non dichiarato di riorganizzarsi in un paio di mesi con modalità lavorative che, sfruttando l’emergenza, porterebbero ad effetti nefasti su occupazione e servizi.
Non vorremmo che dietro le chiusure ci fosse il disegno di mantenere chiuse molte sedi anche nel prossimo futuro, aggravando ancor più la crisi economica di cui stiamo intravedendo il terribile profilo.
Tutto questo sarebbe inaccettabile.
Ci opporremo a qualsiasi improvvida scelta di tipo strutturale che venga assunta in una fase emergenziale.
Chiediamo con forza la stesura di ulteriori protocolli condivisi di tipo strettamente operativo, stringenti e tutelanti, l’adozione di normative celeri, operative e adeguate alle nuove modalità di lavoro che sono sempre più frequenti.
Il rischio, nella situazione attuale è quello di trovarsi non solo davanti a comprensibili difficoltà nel gestire una situazione emergenziale, ma anche davanti a evidenti sintomi di un male strutturale che attanaglia il nostro settore: la disorganizzazione. In questi giorni siamo infatti testimoni di una scarsa capacità diffusa da parte delle aziende di rispondere agli impegni di natura sistemica che loro ruolo prevede, con molti casi in cui gli istituti di credito non si dimostrano in grado di fornire ai propri dipendenti gli strumenti minimi per svolgere il lavoro.
Queste gravissime mancanze e ritardi, in un momento di pesantissima crisi economica e sociale come quella attuale, espongono ancora una volta, ancora di più, i lavoratori ai rischi di natura operativa e sociale, anche a fronte dei recenti episodi intimidatori accaduti in diverse filiali bancarie d’Italia, Sardegna compresa. Il prezzo di questa inefficienza manageriale è altissimo e già sta provocando gravi conseguenze in termini di stress da lavoro correlato, mai alto come in questo momento, e la cui responsabilità è oggi come non mai da attribuire alle mancanze aziendali. I lavoratori bancari hanno dimostrato ampiamente di essere pronti a fare la propria parte, anche negli scenari più avversi.
Le mancanze organizzative e i ritardi non possono più essere tollerati: i lavoratori sono allo stremo, e a rischio è la stessa tenuta della macchina produttiva del credito. La colpa di tutto questo, oggi, sta in capo alle diverse funzioni apicali delle aziende, che non possono più permettersi di abdicare alle proprie responsabilità.
In conclusione, chiediamo:
Che le Banche svolgano davvero quel ruolo di servizio essenziale per il paese e per la Sardegna, sostenendo la ripresa e puntando anche su servizi essenziali alla cittadinanza in questi tempi di crisi profonda, che prevedano assieme a noi modalità di lavoro sicure e adatte ai tempi, senza massimizzare i risparmi o penalizzare i livelli retributivi e di occupazione nel settore.
Ognuno deve fare la sua parte e noi ci siamo, a tutela dei Colleghi che rappresentiamo ed anche di tutti i Sardi in questo momento di difficoltà.
I Segretari Regionali Sardegna
di
Fabi – First/Cisl – Fisac/Cgil – Uilca/Uil – Unisin
Emanuele Cabboi, Sergio Mura, Laura Urgeghe, Mauro Farigu, Patrizio Zucca