Milano e la Lombardia sono ancora fuori controllo dopo mesi di isolamento individuale e sociale per contenere la diffusione dell’epidemia. Più del 40% dei casi di contagio registrati in Italia si sono verificati qui, come oltre la metà dei decessi, che ne fanno l’area più colpita al mondo.
Il virus ha purtroppo lambito anche i dipendenti della banca, messi in sicurezza grazie a settimane di incessanti trattative che hanno condotto ad un livello di protezione superiore rispetto a quello di alcuni concorrenti nel settore bancario, rimasto aperto per offrire un servizio pubblico ritenuto essenziale.
È di queste ore l’improvvisa fuga in avanti della banca, che ha deciso unilateralmente di riaprire da subito le filiali delle province di Bergamo e Brescia – focolai epidemici -,le filiali top e i centri specialistici, comunicando altresì l’orientamento di procedere alla riapertura di tutte le filiali della banca in largo anticipo rispetto alla scadenza delle misure restrittive imposte dal Governo con i decreti ministeriali, fissata al 3 maggio.
Una Fase 2 accelerata, dubbia e sconsiderata, che espone i lavoratori a rischi elevati e contribuisce a creare mobilità pericolosa – ancora non vi sono misure per rendere sicuri i mezzi pubblici: treni, metro, bus – in un momento che suggerirebbe invece ulteriore prudenza perché ancora non si conosce quanto il virus sia diffuso e tutta la comunità scientifica è concorde nel sostenere quanto i numeri ufficiali siano ampiamente sottostimati, tanto da esprimere preoccupazione per una eventuale seconda ondata di contagi se la riapertura delle attività non sarà progressiva e ben ponderata, con l’accesso a tutti i dispositivi di sicurezza dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Una Fase 2 che depotenzia il ricorso – obbligato nell’emergenza – al lavoro agile, in una regione in cui la Digitalizzazione è una delle quattro D raccomandate dal Presidente Fontana, fautore della riapertura. La stessa raccomandazione di favorire il massimo ricorso al lavoro agile viene fatta dal Governo in vista della fase di graduale ripresa che verrà, al fine di non congestionare luoghi di lavoro, mobilità e trasporto pubblico. Forse l’azienda, dopo averla propagandata come misura innovativa di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, non è culturalmente pronta a gestire il lavoro in remoto. Preferisce la presenza fisica dei lavoratori per poterli meglio controllare, lo stile arcaico dei padroni delle ferriere.
Una Fase 2 che sconfessa la linea di misurata prudenza adottata sino ad ora, facendo prevalere le ragioni cieche e sorde della produzione commerciale. Non serve la riapertura anticipata e più lavoro in presenza per garantire il servizio pubblico essenziale, le moratorie sui mutui, l’anticipo della cassa integrazione e la liquidità alle imprese. Serve una buona organizzazione del lavoro improntata sull’efficienza e non sulle pressioni commerciali del tutto fuori luogo, già riemerse in questi ultimi giorni come effetto evidente di una crisi di astinenza.
Milano e tutte le province lombarde stanno pagando un prezzo altissimo.
I lavoratori della banca si meritano un trattamento diverso, che guardi al loro diritto inviolabile alla salute, stabilito dalla nostra Costituzione prima ancora che da convenzioni, regolamenti e decreti, nella condizione estrema che questa regione, senza eguali nel Paese e nel mondo intero, sta faticosamente fronteggiando.