LE MOLESTIE SESSUALI NEI LUOGHI DI LAVORO
DOCUMENTO DEL SERVIZIO STUDI DEL SENATO
Il Servizio Studi del Senato della Repubblica ha elaborato una ricerca con utili comparazioni con la legislazione dell’Unione europea, riguardante in particolare il tema delle molestie sessuali con particolare riferimento al mondo del lavoro nell’ordinamento italiano e nell’ordinamento di tre diversi paesi dell’Unione europea: Francia, Germania e Spagna.
NORMATIVA ITALIANA
Relativamente al profilo civilistico l’articolo 2087 del Codice Civile prevede “un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l’integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore”.
E in attuazione di questo obbligo generale il D.Lgs. 81/2008 – Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – all’articolo 28 ha collocato, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere.
Inoltre l’articolo 26 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (c.d. codice delle pari opportunità tra uomo e donna) sancisce una equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere. Le molestie sessuali sono, infatti, identificate come discriminazioni costituite da quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Questa parificazione è funzionale all’estensione alle molestie della disciplina e della tutela previste per le discriminazioni, in modo particolare, per quanto riguarda i meccanismi processuali e sanzionatori.
La legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) ha modificato l’articolo 26, inserendovi due nuovi commi:
– comma 3-bis che prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda. Infatti, si specifica che la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa. L’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante.
Questa tutela, però, non è garantita nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia.
– il comma 3-ter precisa come obbligo del datore di lavoro, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., sia quello di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Aggiunge, inoltre, che le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su princìpi di eguaglianza e di reciproca correttezza.
Riguardo, invece, al profilo penalistico, l’ordinamento italiano non prevede una fattispecie ad hoc.
Infatti a livello giurisprudenziale le molestie sessuali sul lavoro “sono state, a seconda della gravità e delle modalità dei comportamenti molesti, sussunte in vari reati.
Da questo punto di vista, la Corte di Cassazione – nelle numerose occasioni in cui ha dovuto occuparsi del problema in tutte le sue varie sfaccettature – è giunta ad una linea giurisprudenziale che ha fissato alcuni paletti. La Suprema Corte ha stabilito cos’è un atto sessuale definendolo un reato comune che, quindi, può essere commesso da chiunque e che si concretizza quando si riscontra la consapevolezza di compiere atti sessuali mediante costrizione o induzione di una vittima a subirli contro la propria volontà. Il reato, pertanto, viene posto in essere se c’è l’atto sessuale, indipendentemente dallo specifico fine che l’autore si prefigge.
Tutto ciò premersso, la Corte ha statuito che – se fatto contro la volontà di chi subisce – non soltanto la congiunzione carnale in ogni sua forma è violenza, ma anche “strofinamenti e toccamenti su parti intime, persino sopra i vestiti e quegli atti, pure senza il contatto fisico diretto con la vittima, che siano finalizzati a porre in pericolo il bene primario della libertà della persona attraverso l’eccitazione o il soddisfacimento dell’istinto sessuale di chi agisce”.
Tutto ciò distingue il reato di violenza sessuale da quello di molestia – non a caso contemplati da due articoli del Codice Penale ben distinti (609-bis per quanto riguarda la violenza sessuale e art. 660 per quanto riguarda la molestia sessuale) – e che rende il secondo una forma di illecito penale meno grave tanto da essere punito anche meno pesantemente, oltretutto rimediabile con il pagamento di una ammenda fino a 516 euto. Quindi, anche il corteggiamento insistente e non gradito può essere considerato una molestia, così come – in generale – tutti i fastidi che non determinano contatto fisico sono molestie, ma non violenze.
NORMATIVA FRANCESE
L’ordinamento francese con riferimento al mondo del lavoro, riconosce due diversi tipi di molestie:
l’harcèlement moral (molestie morali), caratterizzato dalle azioni che hanno per oggetto o per effetto una degradazione delle condizioni di lavoro, suscettibile di ledere i diritti e la dignità della persona, di alterare la sua salute psichica, di comprometterne l’avvenire professionale. Le molestie morali sono vietate dall’articolo L 122-49 del Code du travail e punite dall’articolo 222-33 -2 del Code pénal con due anni di reclusione e 30.000 euro di ammenda;
l’harcèlement sexuel (molestie sessuali), che concerne le azioni che hanno per scopo di ottenere favori sessuali da una persona con abuso dell’autorità conferita dalle proprie funzioni. Le molestie sessuali sono proibite dall’articolo L 122-46 del Code du travail e punite dall’articolo 222-33 del code pénal che punisce chiunque (anche più persone) impone ripetutamente osservazioni o comportamenti a connotazione sessuale o sessisti che sono offensivi per la dignità a causa del loro carattere degradante o umiliante o crea una situazione intimidatoria, ostile o offensiva. Costituisce molestia sessuale altresì il fatto, anche se non reiterato, di usare qualsiasi forma di grave pressione per ottenere un atto di natura sessuale a vantaggio proprio o di un terzo.
E il Code du travail all’articolo L1153-1 precisa che le molestie sessuali sono costituite da parole o atti ripetuti contro una persona, senza contatto fisico, al fine di ottenere per se stessi o un terzo un atto di natura sessuale o di danneggiare la dignità o l’integrità fisica o mentale della vittima. Il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell’articolo L 1153-5 del Code du travail, ad adottare tutte le misure necessarie a prevenire, porre fine e sanzionare i fenomeni di molestie sessuali sul luogo di lavoro.
Inoltre nei luoghi di lavoro i lavoratori devono essere informati sulla normativa anti molestie sessuali e in particolare sul contenuto dell’articolo 222-33 del code pénal, nonché delle possibili azioni civili e penali esercitabili.
NORMATIVA TEDESCA
Nell’ordinamento tedesco, il 10 novembre 2016 è entrata in vigore la nuova disciplina dei Delitti contro la libertà sessuale (Codice penale, §§ 174 e ss.), frutto delle modifiche apportate dalla Cinquantesima legge di modifica del codice penale – Rafforzamento della tutela dell’autodeterminazione sessuale, del 4 novembre 2016.
È stato introdotto in particolare “il principio del No significa no, in virtù del quale, ai fini della configurazione della fattispecie penale, è sufficiente che vi sia il diniego della vittima all’atto sessuale.
L’intervento legislativo, oltre ad aver introdotto nel codice le fattispecie criminose di aggressione ed abuso sessuale (§ 177 e ss. StGB), ha previsto i due nuovi delitti di Molestie sessuali (§§ 184i/1 e 184i/2 StGB)”.
In particolare, l’articolo 184i del codice penale prevede il reato di molestie sessuali.
Il comma 1 prevede la reclusione fino a 2 anni (in alternativa alla multa) per chiunque molesti un’altra persona toccandola fisicamente in maniera sessualmente connotata. Nei casi più gravi, il comma 2 prevede una pena da 3 mesi a 5 anni (come esempio di particolare gravità viene indicata la commissione del fatto da parte di una pluralità di persone).
Si indica, infine, che, per quanto concerne le specifiche molestie sessuali compiute sul lavoro, esse non sono considerate in modo autonomo, salvo che esse, in sede interpretativa, non si considerino riconducibili ai casi di maggiore gravità per i quali il citato articolo 184 i/2 prevede un aggravamento di pena.
NORMATIVA SPAGNOLA
Nell’ordinamento spagnolo, le molestie sessuali sono punite ai sensi dell’articolo 184 del Còdigo penal. La disposizione sanziona sia le molestie sessuali compiute sul lavoro, che quelle perpetrate in ambito educativo.
L’articolo punisce con la pena della reclusione da tre a cinque mesi o una multa da sei a dieci mesi chiunque chieda prestazioni di tipo sessuale, per sé stesso o per altri, in maniera reiterata ed abituale, nel contesto di una prestazione lavorativa, di insegnamento o di servizio, mediante il proposito diretto o meno di produrre alla vittima una situazione di grave intimidazione, ostile o umiliante. Il reato richiede che la molestia sia considerata continua e abituale e, in ogni caso, che causi alla vittima una situazione obiettiva o umiliante o una situazione intimidatoria.
E quando le molestie sul posto di lavoro o in ambito educativo non sono di natura strettamente sessuale, trova applicazione il reato di molestie sul posto di lavoro (articolo 173).
Il codice penale spagnolo disciplina in un unico articolo sia le condotte consistenti nell’inflizione di trattamenti degradanti anche sul lavoro sia le varie forme di maltrattamento commesse in ambito familiare.
In particolare l’articolo 173, comma 1, punisce con la pena detentiva da sei mesi a due anni chiunque:
- imponga un trattamento degradante a un’altra persona, compromettendo gravemente la sua integrità morale;
- compia, nel contesto di qualsiasi rapporto di lavoro o di servizio civile e sfruttando il rapporto di superiorità, ripetutamente atti ostili o umilianti che, senza diventare trattamenti degradanti, comportano gravi molestie nei confronti della vittima.