Nell’intero esercizio l’utile netto è di 865 milioni (contro una perdita di 9,2 miliardi l’anno prima) in seguito a ricavi stabili a 25 miliardi e un margine operativo lordo (Mol) in aumento del 5% a 10,1 miliardi. “Unicredit oggi è molto più forte rispetto a un anno fa – ha dichiarato l’amministratore delegato Federico Ghizzoni – dal punto di vista del capitale, dello stato patrimoniale e della liquidità e può guardare con fiducia alle sfide 2013, dopo risultati che hanno mostrato una buona tenuta nonostante le persistenti difficoltà del contesto economico mondiale”. Proprio gli sviluppi della crisi fanno sì che la banca di Piazza Cordusio stia per rivedere, al ribasso, le proprie stime: “Considerate le attuali difficoltà del contesto macroeconomico – si legge nella nota – gli obiettivi finanziari del Piano strategico saranno rivisti, pur confermando le iniziative sottostanti”. In pratica, la revisione comporta per il margine di interesse “una tendenza al ribasso rispetto al 2012”, per gli accantonamenti “una leggera diminuzione, grazie al miglioramento prudenziale della copertura effettuato”, per i costi “nuove iniziative con l’obiettivo minimo di confermare i costi 2012”, e infine per il patrimonio “un livello minimo di Common equity tier 1 del 9%”. Il patrimonio primario del gruppo nell’esercizio appena chiuso è salito di 17 punti base al 10,84, in particolare grazie alla riduzione degli attivi ponderati al rischio. Il Cet1, conforme ai criteri di Basilea 3, è del 9,2%.
Per sostenere il patrimonio tra i marosi della crisi che continua, la controllata tedesca Bank Ag ha proposto la distribuzione di riserve per 1 miliardo, oltre al dividendo da 1,5 miliardi. Questi 2,5 miliardi sono circa un quarto del corrispettivo in contanti prezzo dell’acquisizione di Hvb, tesoro che era sempre rimasto “incastrato” a Monaco (potenza dei regolatori tedeschi), regalando alla locale controllata “un Core tier 1 straordinariamente elevato”. A riprova che il gruppo bancario più transnazionale d’Europa deve far pagare la crisi a tutti, ci sono anche i primi tagli di personale – prospettati – in Austria (200) e in Germania (800). Nel 2012 oltre 4mila dipendenti hanno lasciato il gruppo.