L’argomento in oggetto prende in esame una recente sentenza della Corte di Cassazione riguardante la cessione parziale o totale di quote di proprietà societarie. La novità, e dunque l’ importanza, della sentenza consiste nello stabilire che non occorre una cessione totale di una Società (o di un bene) per configurare il reato di riciclaggio ma è sufficiente anche solo una cessione parziale delle quote societarie. Questo rende più stringente la giurisprudenza relativa al trasferimento di Società in capo a persone indagate. Anche la disponibilità economica del ricevente risulta “neutralizzata” rispetto al reato. Dunque la sentenza della Corte si presenta come uno strumento aggiuntivo importante nella lotta al riciclaggio.
Con la sentenza n. 13421/12 depositata in data 11.4.2012 la Corte di Cassazione (Seconda Penale) stabilisce che anche la cessione parziale delle quote di una Società può essere sufficiente a configurare il reato di intestazione fittizia con finalità di riciclaggio. Inoltre la capacità economica di chi riceve i beni od i valori non serve ad escludere a priori gli indizi del suo coinvolgimento nell’operazione criminosa. Con questa sentenza la Corte di Cassazione dà una stretta ai presupposti del reato di “trasferimento fraudolento di valori” (articolo 12-quinquies del Dl 306/92, misure urgenti per il contrasto alla criminalità mafiosa), stabilendo che in sede cautelare –cioè in una fase ancora iniziale di una eventuale indagine – basta un’elevata probabilità e non una prova certa ed inconfutabile della cessione fittizia di una Società, anche se la disponibilità economica dei prestanome rendesse compatibile l’acquisto delle quote societarie “dato che è ben possibile che soggetti pur muniti di redditi significativi possano prestarsi ad operazioni interpositive nell’interesse di chi voglia eludere misure di prevenzione patrimoniale e/o intenda compiere attività di riciclaggio o di reimpiego” (Vedi nota sottostante). Per quanto riguarda l’intestazione “pro quota” nell’ordinamento giuridico non è presente nessuna disposizione di Legge che preveda il reato solo nel caso di un trasferimento totale di uno o più beni. Infatti nel caso di “trasferimento frazionato” il quotista si pone “rispetto a detto trasferimento, come mero prestanome e in tal caso del reato (…) non muta né l’elemento oggettivo né quello soggettivo, né l’elemento giuridico; siffatta condotta è comunque lesiva dell’interesse a che non venga frustrata l’effettività delle norme in tema di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando e a che siano represse le attività di riciclaggio e reimpiego.”
=SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 13421/12=
E’ fondata la censura del Pubblico Ministero ricorrente, laddove sostiene che la figura del prestanome non necessariamente deve essere quella canonica dell’impossidente che, proprio perché tale, è disposto a fungere da “testa di legno”: non solo non lo prescrive il dato normativo, ma la stessa realtà delle organizzazioni criminali dimostra che esse hanno tutto l’interesse a coinvolgere in operazioni interpositorie soggetti che abbiano una propria autonoma capacità imprenditoriale.
Sotto il secondo profilo (rispetto al quale non constano precedenti di questa Suprema Corte) si osservi che nulla – né il tenore letterale né la ratio legis – autorizza a ritenere che sia penalmente illecita ai sensi dell’articolo 12-quinquies solo l’intestazione fittizia della totalità di uno o più beni. Invero, se il proprietario solo pro quota di un determinato bene ne cede fraudolentemente la titolarità a chi legittimamente ed effettivamente ne detiene un’altra, per la porzione di bene così trasferita l’altro quotista si pone, rispetto a detto trasferimento, come mero prestanome; in tal caso del reato previsto e punito dall’articolo 12-quinquies non muta né l’elemento oggettivo né quello soggettivo, né l’oggetto giuridico: siffatta condotta è comunque lesiva dell’interesse a che non venga frustrata l’effettività delle norme in tema di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando e a che siano represse le attività di riciclaggio e reimpiego. Valgono le medesime considerazioni nell’ipotesi in cui, in presenza di due o più soci, ad uno di essi venga fraudolentemente attribuita una quota superiore al trasferimento eseguito. In altre parole, nel caso che ne occupa, una società può essere tanto fittiziamente intestata al 100% ad uno o più prestanomi quanto esserlo solo in diversa misura percentuale, senza che ciò influisca sulla configurabilità del delitto.