Corte di Cassazione, sentenza n. 12174 del 8/5/2019
“Parlare di organizzazione in quest’azienda è come parlare di psicologia ad un maiale.”
Questa incauta frase, che chiudeva uno scambio nervoso di e-mail fra un tecnico ed il superiore gerarchico durante una frenetica serie di modifiche di un progetto in corso d’opera, costò il licenziamento per giusta causa al tecnico, ma oltre a questo fu probabilmente il primo caso di licenziamento ai sensi della “legge Fornero” n. 92/2012 che approdò in giudizio e diede il via ad un’elaborazione giurisprudenziale che appare valida ancor oggi.
Il Tribunale di Bologna – con ordinanza del 15/10/2012 – dichiarò il licenziamento illegittimo e dispose la reintegra del lavoratore, riconducendo il caso alla previsione dell’insussistenza del fatto contestato: il fatto stesso era materialmente accaduto, ma era privo di valenza giuridica e disciplinare. La tesi del Tribunale di Bologna fu poi ripresa da diverse sentenze della Corte di Cassazione relative ai licenziamenti comminati ai sensi della “legge Fornero”.
Il decreto legislativo n. 23/2015 “jobs act” ha cercato di aggirare la giurisprudenza di Cassazione limitando la reintegra – oltre ai licenziamenti discriminatori – ai soli casi d’insussistenza del fatto contestato inteso come fatto materiale ed escludendo qualunque valutazione circa la sproporzione del licenziamento.
La Corte di Cassazione ha ora affrontato il caso di una lavoratrice licenziata ai sensi del “jobs act” per essersi allontanata dal posto di lavoro: nel caso concreto, la Suprema Corte ha confermato che la linea giurisprudenziale elaborata in relazione alla “legge Fornero” resta valida anche in relazione al “jobs act” e quindi “l’irrilevanza giuridica del fatto, pur materialmente verificatosi, determina la sua insussistenza anche ai fini e per gli effetti previsti dal decreto legislativo n. 23/2015”, con conseguente diritto del lavoratore alle reintegra.
È di tutta evidenza come tale sentenza ponga un argine alle tesi più estreme che si voleva portare avanti con il “jobs act”, con l’intenzione di escludere la reintegra anche per licenziamenti motivati da fatti reali ma del tutto irrilevanti e pretestuosi.