RELAZIONE INTRODUTTIVA
Care compagne,
la giornata di ieri è stata per noi intensa e densa di suggestioni e non vediamo l’ora di ascoltare le vostre impressioni. Tuttavia anche questa volta non vogliamo rinunciare a mettere a fuoco i temi che vorremmo porre al centro del nostro dibattito. Ci sembra infatti che questa modalità di introdurre la discussione favorisca la nostra riflessione collettiva, alimentando la consapevolezza di lavorare tutte insieme in rete.
Forse è solo il nostro punto di vista, come compagne dell’Esecutivo, ma ci sembra che oggi più che mai le voci del nostro dibattito interno non si muovano ognuna per proprio conto, come voci soliste, ma piuttosto in modo corale, pur nelle differenti tonalità. Non la pensiamo tutte nello stesso modo, però i nostri ragionamenti si intrecciano insieme, si intrecciano come fili rossi, che tessono la stessa maglia.
Così è avvenuto, per esempio, per le proposte sulla contrattazione, che abbiamo elaborato raccogliendo tutte le istanze – vecchie e nuove – provenienti dalle compagne attive sui diversi territori. E proprio questa modalità di costruzione collettiva della piattaforma le ha permesso di contaminare in modo pervasivo la discussione sul rinnovo contrattuale del credito.
Perciò all’Assemblea Generale e al Direttivo Nazionale del mese scorso, abbiamo dato una valutazione positiva della piattaforma contrattuale, riconoscendo che è permeata dall’ottica di genere, anche se abbiamo suggerito una lettura più concreta ed esigibile di alcuni punti specifici. Ora ovviamente il nostro lavoro non è concluso, dovremo vigilare perché la questione di genere sia dirimente nel corso della trattativa e non diventi mai marginale.
Dobbiamo prima però riconoscerci il merito di essere arrivate fino a qui e ringraziare anche in questa sede tutte le compagne, che hanno contribuito a quest’elaborazione collettiva a ogni livello della nostra organizzazione.
Un altro significativo successo, che ci riempie di soddisfazione, è stata la contromanifestazione di Verona. Il rischio concreto di un arretramento civile, sociale e culturale rispetto ai diritti conquistati negli ultimi 50 anni, ha compiuto il miracolo di unificare la protesta.
Ancora una volta ha funzionato in modo magistrale il lavoro collettivo di messa in rete, stavolta su larga scala, delle compagne della CGIL dei movimenti e delle associazioni attive nella difesa dei diritti civili, tutt@ insieme per contrastare il progetto politico conservatore e tradizionalista del Congresso Mondiale delle Famiglie.
Oltre 80mila persone hanno percorso le strade di Verona in un unico imponente corteo, per rivendicare la libertà di scelta di ogni persona e il rispetto che è dovuto a ciascuno. Dove c’è amore, c’è famiglia: questo uno degli slogan del corteo. Parole d’ordine di amore, rispetto e tolleranza riecheggiavano di bocca in bocca, le leggevi sui cartelli e sugli striscioni, nei sorrisi della gente. Parole sulle quali la famiglia tradizionale, intesa come roccaforte del patriarcato, che da sempre cerca di ingabbiare le persone in ruoli stereotipati – di dominio per lui e di subordinazione (fisica e psicologica) per lei – non ha nulla da dire né da insegnare.
Il corteo di Verona rappresenta un modello concreto di come si costruisce l’unità, rispettando e valorizzando le differenze. L’operazione è senz’altro riuscita grazie al contributo di tutte le parti, che – come noi auspicavamo da tempo – sono riuscite a compiere dei passi significativi di avvicinamento reciproco, in vista dell’obiettivo comune di contrastare l’avanzata delle destre e la sua deriva reazionaria.
Verona è stato un momento indiscutibile di successo per tutte noi, ma non dobbiamo limitarci a considerarlo un traguardo, non vogliamo che sia un punto di arrivo, bensì un punto di partenza, in grado di innescare una nuova stagione di lotte, di cui noi donne dobbiamo essere protagoniste.
Serve allora compiere un ulteriore passo in avanti, dobbiamo elaborare insieme un piano autonomo e indipendente di azione politica, che non si limiti a reagire agli attacchi e alle provocazioni della destra maschilista, sessista e omofoba, ma si proponga di agire per la liberazione delle donne e l’abolizione del patriarcato, per il benessere di tutt@.
“Tutte insieme, vogliamo tutto” è stato il nostro piano confederale per il Congresso e oltre il Congresso, era questa la promessa, il nostro patto tra donne della Cgil, perché non è di eventi sporadici che abbiamo bisogno, ma di costruire percorsi di prospettiva.
“È ora di dire basta …e di agire!”: così abbiamo titolato il nostro numero di Femminile Plurale pubblicato per l’otto marzo. Tra le delegate della nostra organizzazione c’è un fermento che occorre saper cogliere e rappresentare, una voglia di essere in prima linea, che non possiamo ignorare. Perciò abbiamo intenzione di lanciare un appello alla Confederazione, invitandola a non disperdere questo patrimonio e a canalizzarlo verso un progetto concreto e unificante, che parli al mondo delle associazioni, utilizzando la nostra autorevolezza di parti sociali qualificate.
La violenza contro le donne è la cifra del dominio maschile, che si esprime nelle più diverse forme attraverso un potere tentacolare, che dobbiamo disinnescare. La firma della Dichiarazione Congiunta contro le molestie sul lavoro nel settore del credito e in seguito nel settore della riscossione segnano soltanto i nostri primi passi, cruciali, ma limitati alla nostra Fisac. Noi, come unica categoria dotata di un coordinamento donne attivo, dobbiamo avere un’ambizione confederale, dobbiamo pungolare la Confederazione, per convincerla ad assumere la direzione della mobilitazione contro la violenza di genere.
Oggi più che mai, in assenza di politiche attive e di sinistra, è necessario che la CGIL si attrezzi a offrire alle associazioni, che operano sul territorio a tutela delle donne, non solo il sostegno economico, che già offre, ma anche quel sostegno politico indispensabile per far sì che le proposte e i progetti della cosiddetta società civile diventino prioritari.
Di recente la Camera ha approvato le norme contro il revenge porn, cioè la diffusione di immagini intime del proprio partner a scopo di vendetta, anche qui è stato un successo che si è potuto raggiungere, quando i partiti presenti in parlamento hanno accantonato per un attimo le reciproche diffidenze e hanno smesso di sentirsi in campagna elettorale permanente.
Eppure questa norma è solo una goccia nel mare della revisione normativa e soprattutto della riqualificazione professionale necessaria, perché l’Italia riesca a dare piena applicazione alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza di genere sottoscritta a Istanbul, come emerge chiaramente dal Rapporto Ombra redatto da DiRe (Donne in rete contro la violenza).
Come sapete, un gruppo di esperte inviate dal Consiglio d’Europa, è stato in Italia per verificare lo stato di attuazione della Convenzione nel nostro Paese, hanno raccolto osservazioni e testimonianze e incontrato le associazioni. Entro la prossima estate il GREVIO si pronuncerà.
Noi dovremo essere pronte a raccogliere le raccomandazioni europee e a sostenerle, in nome di tutte le donne che trovano il coraggio di denunciare e – a seguito di questo percorso difficile e pericoloso – oggi raramente trovano giustizia.
Troppe volte, quando una donna muore per mano di chi diceva di amarla, ci chiediamo stupite: perché quella donna ha sopportato quella prima scenata, quel primo schiaffo, che contenevano in germe il suo tragico destino e il suo irrimediabile epilogo?!… E sembriamo incapaci di trovare risposte a questa domanda.
Eppure, quante volte noi assistiamo a molestie, come quelle che abbiamo descritto ieri, rivolte a nostre colleghe, senza agire?… Quante volte ognuna di noi sopporta con rassegnazione un disagio, un’offesa, una discriminazione, legata al suo essere donna, evitando di denunciare e condannare e preferendo lasciar correre (per quieto vivere, per paura di essere giudicate, perché non ne vale la pena, perché è tutto inutile)!…
Ricordiamoci che ognuna di quelle volte facciamo un torto a tutte le donne, lasciando che quel singolo atto si radichi indisturbato nella cultura egemone, per germogliare all’infinito, giorno dopo giorno, goccia dopo goccia. Solo se interrompiamo la catena che ci rende vittime, possiamo onorare la memoria delle tante donne uccise, perché volevano liberarsi da chi dichiarava di amarle e invece cercava – soltanto e invano – di possederle.
Una delle madri riconosciute del movimento femminista moderno intorno agli anni ‘50 ha dichiarato: il personale è politico. Simone de Beauvoir è stata una grande maestra per tutte noi, ma a volte dimentichiamo il suo insegnamento, pensando che ormai sia superato. Eppure fino a quando non trasformeremo le nostre idee in pratiche politiche, i nostri vissuti personali in vissuti politici, non riusciremo a cambiare gli attuali assetti di potere.
Dovremo prima o poi deciderci a cominciare proprio da qui, a cominciare da noi.
ESECUTIVO DONNE FISAC CGIL NAZIONALE
ALLEGATO:
Relazione Introduttiva in originale