Belle ciao!
Tra le parole che danno il titolo alla nostra iniziativa ne privilegio una.
E’ una parola magica.
La sola in grado di dare il via alle rivoluzioni, di aprire la strada ai grandi cambiamenti.
E’ la parola che sta alla base della stessa idea di sindacato.
Quella che meglio ne sintetizza il senso e ne rappresenta la forza.
Quella parola è INSIEME.
INSIEME siamo qui, oggi, in tante. E INSIEME dobbiamo proporci di essere nei prossimi anni.
INSIEME perché in tempi di crisi le donne rischiano di pagare il prezzo più alto, e la parità rischia di venir considerata un lusso che non possiamo permetterci, quando invece è l’esatto contrario: UNA POTENZA che sprigionerebbe talenti, energie, sviluppo. Non dobbiamo dimenticarcelo, mai.
E’ necessario lavorare in modo coerente e coordinato tra noi donne della Cgil – e con le altre.
Dobbiamo farlo con continuità – anche tra un congresso e l’altro — dandoci momenti di confronto cadenzato e priorità condivise.
E’ questo il senso di questa piattaforma di genere. Del lavoro che c’è dietro e di quello che verrà.
Il concetto di conciliazione ci riguarda – a 360° – come donne e come sindacaliste. Il doppio lavoro – per noi – è una costante.
Conciliazione
• tra vita e lavoro,
• tra famiglia e lavoro,
• tra cura e lavoro,
• tra lavoro nei posti di lavoro e lavoro sindacale.
E conciliazione nel lavoro, tra gli impegni dei luoghi misti e quelli dei luoghi nostri – che ci servono per dare consapevolezza, continuità e sostanza allo sguardo di genere in tutti gli ambiti in cui agiamo.
Questa piattaforma nasce da un lavoro di conciliazione.
Ci abbiamo lavorato mentre facevamo il nostro lavoro di sindacaliste, ciascuna nel suo ruolo.
Ci siamo “incontrate” via skype, per ottimizzare le risorse.
Ci troviamo a parlarne qui, di sabato mattina, con il servizio di babysitting a disposizione.
Ma è ancora molta, TROPPA, la fatica che dobbiamo fare per permeare l’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO – dentro e fuori dal sindacato – con l’idea e la pratica dei tempi delle donne, che poi sono quelli dei bambini – e dei vecchi (scusate se non uso anziani ma amo le parole pregne del suono della verità).
Donne, bambini, vecchi – sto parlando dei tempi della vita, anche della vita degli uomini – che spesso corre ad alte velocità utilizzando come ammortizzatore le donne – vittime e complici di un meccanismo culturale arcaico e resistente.
Occorre quindi recuperare forza contrattuale nella gestione dell’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, affinché la flessibilità oraria, gli orari plurisettimanali, il lavoro agile, siano strumenti per favorire un riequilibrio fra tempi di vita e tempi di lavoro – e non strumenti che rispondono solo alla logica aziendale o all’idea di concessione a fronte di un bisogno (da pagare con la discriminazione salariale e professionale che – non dimentichiamolo – non tocca solo le mamme, ma tutte le donne).
Va in questo senso la richiesta, contenuta nella nostra piattaforma, di aumentare le risorse destinate alla flessibilità positiva in base all’art. 9 L. 53.
A questo punto, dovrebbe essere chiaro che tutti i temi della piattaforma si tengono insieme.
In particolare, non c’è reale, possibile, conciliazione senza dignità, continuità e, quindi, QUALITÀ DEL LAVORO, elementi essenziali dell’esigibilità di ogni diritto sul lavoro.
Non c’è conciliazione possibile senza SERVIZI, senza politiche di welfare che tengano conto dei cambiamenti demografici (ne cito uno per tutti, con tutto quello che porta con sé, l’invecchiamento).
Ancora più in particolare, la conciliazione è legata alla PARITÀ SALARIALE.
Quelle di noi che riescono a conciliare meglio sono quelle che possono permetterselo dal punto di vista salariale, pagando – altre donne – per occuparsi del lavoro di cura…
Non c’è conciliazione senza parità salariale…
…e non c’è parità salariale senza pieno riconoscimento economico del lavoro di cura.
Così come, non c’è parità salariale senza un’equilibrata distribuzione dell’attività di cura tra i due generi.
Ancora, non c’è parità salariale senza percorsi di formazione e riqualificazione paritari, in particolare dopo i periodi di assenza per lavoro di cura.
Vanno in questo senso alcune proposte della piattaforma:
• come quella di innalzare i congedi parentali a 10 mesi con retribuzione all’80% entro i 12 anni dei figli, con la previsione di una quota obbligatoria (incentivata) per i papà;
• o quella di riconoscere una contribuzione aggiuntiva a chi (donna o uomo) presta lavoro di cura oltre a quello contrattualizzato;
• o, ancora, quella di rendere obbligatoria la formazione al rientro dalla maternità.
Poi, c’è la sfida digitale.
Il lavoro 4.0 rappresenta, infatti, potenzialità e rischi per la conciliazione.
La tecnologia, che doveva liberarci dal peso del lavoro, rischia di diventare un ulteriore giogo.
Tra gli obiettivi della piattaforma c’è la riqualificazione al digitale – per non ritrovarci con lavoratrici troppo obsolete per lavorare e troppo giovani per andare in pensione, a forte rischio espulsione.
Inoltre, c’è il tema della disconnessione.
Internet, posta elettronica e tutti gli altri strumenti di collegamento tra datore di lavoro e dipendente sono armi a doppio taglio perché – se da un lato consentono una maggiore flessibilità – dall’altro portano con sé il rischio di essere sempre connessi. Di conseguenza, occorre delinearne confini e limiti che consentano una reale conciliazione.
Ho iniziato con una parola – INSIEME – e con una parola voglio finire – COMPAGNE – una parola che racchiude nella sua etimologia lo stesso concetto, il lavorare insieme per un progetto comune superando gli individualismi.
Quindi, vi saluto con le parole di…un uomo.
Concedetemelo, perché anche INSIEME, solo INSIEME agli uomini (ai nostri COMPAGNI DI VITA E A QUELLI DI IMPEGNO SINDACALE) dobbiamo fare il cammino verso la parità.
Mario Rigoni Stern nel 2007 (un anno prima della sua morte) scriveva (all’ANPI di Treviso):
… noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo …diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere…
All’erta Compagni!
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza.
Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite.
Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini.
Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.
Roma, 6 dicembre 2018
Esecutivo Nazionale Donne