Valutazione della FISAC/CGIL in merito alla nuova Comunicazione sulla CSR della Commissione Europea

By: Mordred 83 – All Rights Reserved

Il 25 ottobre la Commissione Europea ha pubblicato l’attesa Comunicazione sulla CSR:   

 A renewed EU strategy 2011-14 for Corporate Social Responsibility

che traccia la nuova strategia dell’Unione Europea sulla CSR.

 La Commissione nella nuova direttiva:

 prende atto delle iniziative e dei cambiamenti intercorsi dalle precedenti comunicazioni della Commissione sulla CSR (Libro Verde, Comunicazioni 2001, 2002, 2006);

  • ritiene necessario un cambio di passo ed un intervento più incisivo e  articolato;
  • propone una nuova e più semplice definizione di CSR;
  • presenta una agenda di 8 punti e 13 iniziative per il 2011-2014.

 Le finalità

 Il documento afferma che l’approccio alla CSR diventa sempre più importante per la competitività delle imprese, perchè porta benefici in termini di gestione del rischio, risparmio dei costi, facilità d’accesso al capitale, rapporti coi clienti, gestione del personale e capacità di innovarsi.

Inoltre il coinvolgimento degli stakeholder interni ed esterni permette alle imprese di anticipare e quindi sfruttare i rapidi cambiamenti nelle aspettative della società; la Csr può favorire lo sviluppo di nuovi mercati e nuove opportunità di crescita.

Assumere la CSR consente alle aziende di costruire e rafforzare la fiducia di dipendenti, consumatori in una prospettiva di lungo termine quale base dello sviluppo sostenibile.

La CSR offre un set di valori su cui costruire una società più coesa e su cui fondare il passaggio ad un sistema economico sostenibile.

Rinnovando gli sforzi per promuovere la CSR, la Commissione mira a creare le condizioni favorevoli alla crescita sostenibile, ad un comportamento responsabile nel “fare business” e alla creazione di occupazione durevole nel medio e lungo termine.

La comunicazione si sofferma poi sul positivo contributo che ha avuto la policy comunitaria nella promozione della CSR in Europa.

I principali indicatori che sottolineano questi progressi  sono:

  • Il numero delle imprese europee che hanno sottoscritto i 10 principi sulla CSR del Global Compact sono saliti da 600 nel 2006 a oltre 1900 nel 2011.
  • Il numero delle organizzazioni che hanno aderito al Sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) sono cresciute da 3300 nel 2006 a oltre 4600 nel 2011.
  • Il numero di compagnie multinazionali europee che hanno firmato accordi con organizzazioni sindacali mondiali o europee riguardanti temi e norme sul lavoro sono passate da 79 nel 2006 a oltre 140 nel 2011.

 Una nuova definizione di CSR

La Commissione fornisce una nuova definizione di CSR: “la responsabilità delle imprese per i loro impatti sulla società”.

Viene quindi abbandonata la vecchia definizione – che descriveva la CSR come l’integrazione da parte delle imprese degli aspetti sociali ed ambientali nelle proprie strategie aziendali su base volontaria” – per allineare la nuova definizione con i principi e le linee guida sulla CSR riconosciute a livello internazionale (come le linee guida OCSE per le imprese multinazionali, lo standard ISO26000 sulla responsabilità sociale, i principi guida ONU sulle imprese ed i diritti umani ecc.

Viene individuato un prerequisito nel rispetto delle leggi e dei contratti collettivi negoziati con le parti sociali; inoltre viene con forza affermato che le imprese socialmente responsabili sono quelle che attuano un processo teso all’integrazione nelle loro operazioni commerciali e nella strategia di core business, in stretta collaborazione con gli stakeholder, degli aspetti sociali, ambientali, etici, dei diritti umani e di quelli dei consumatori.

Gli obiettivi principali della nuova impostazione sono:

  1. massimizzare la creazione di valore condiviso, cioè creare il ritorno per l’investimento degli azionisti e, allo stesso tempo, garantire vantaggi per gli altri stakeholder.
  2. concorrere a mitigare sia gli effetti sociali dell’attuale crisi economica, anche in termini di perdita di posti di lavoro, sia gli impatti negativi che le imprese stesse possono produrre nella società.

 Il ruolo guida delle imprese

 Lo sviluppo della CSR dovrebbe essere guidato dalle imprese stesse, garantendo loro la flessibilità di innovare e impostare un approccio adatto alle circostanze e  alle loro dimensioni.

Il ruolo delle Pubbliche Autorità dovrebbe essere di supporto, con un mix intelligente di volontarietà, regolamentazione complementare, ove necessaria, per esempio per promuovere la trasparenza, per creare incentivi di mercato per comportamenti responsabili nella gestione del business.

I Sindacati e le organizzazioni della società civile identificano i problemi, fanno pressione per migliorare l’azione delle imprese e possono collaborare costruttivamente con le imprese nel trovare le soluzioni.

Investitori e consumatori possono premiare con le loro scelte le imprese socialmente responsabili.

 La CSR e il dialogo sociale

Negli ultimi anni diversi comitati o organizzazioni di dialogo sociale settoriale hanno promosso buone prassi di CSR e linee guida.

La Commissione vuole facilitare tali iniziative e riconosce che la CSR contribuisce e integra il dialogo sociale.

Politiche innovative ed efficaci di CSR sono state sviluppate anche attraverso accordi  stipulati tra imprese e organizzazioni dei lavoratori europei o mondiali nelle società transnazionali (TCA).

L’UE attivamente supporta i TCAs e lancerà un database consultabile di tali accordi.

  L’Agenda di azione 2011-2014

Viene poi definita una Agenda di Azione 2011-2014, con 30 tra impegni della Commissione e proposte a imprese, Stati membri, stakeholders, raggruppati come segue:

– aumentare la visibilità della CSR e disseminare buone pratiche (creazione nel 2013 di piattaforme multi-stakeholder settoriali, premio europeo per partnership CSR imprese e stakeholders)

– migliorare e monitorare il livello di fiducia nelle imprese (misure contro il greenwashing, aprire il dibattito su ruolo e potenziale delle imprese nel 21° secolo)

– migliorare i processi di auto e co-regolamentazione (lancio nel 2012 di un processo per sviluppare un codice di condotta in materia)

– potenziare gli incentivi di mercato per la CSR (public procurement, richiesta a tutti gli investitori istituzionali di informare i clienti sui criteri adottati di investimento responsabile)

– migliorare trasparenza/disclosure delle informazioni sociali e ambientali (proposta legislativa su trasparenza e incoraggiamento alle imprese di misurare/benchmark la performance ambientale usando un metodologia comune di life-cycle-assessment)

– integrare la CSR nella ricerca, educazione e formazione

– enfatizzare l’importanza di politiche CSR nazionali e locali (entro il 2012 individuazione a livello nazionale di priorità nei piani/azioni CSR, meccanismo di peer review)

– allineamento degli approcci alla CSR europei e globali (focus su principi e guidelines riconosciuti, guide settoriali, ISO 26000 e per le PMI sull’applicazione dei UN Principles on Business and Human Rights).

E’ previsto a metà 2014 un Review Meeting con imprese, stati membri e stakeholders per monitorare i progressi effettuati.

 Investimenti

In risposta alla crisi finanziaria, la Commissione sta predisponendo una serie di proposte di regolamentazione per assicurare un sistema finanziario più responsabile e trasparente.

Utilizzando valide informazioni di carattere non-finanziario, gli investitori possono contribuire ad una più efficiente allocazione del capitale ed a raggiungere meglio gli obiettivi negli investimenti a lungo termine.

La Commissione sta supportando gli investitori nello sviluppare la competenza nell’integrazione delle informazioni non-finanziarie nella scelta di investimento.

Le società di asset management, specialmente i fondi pensione, sono invitati a sottoscrivere  gli UN Principles fo Responsible Investment.

A tale proposito la Commissione intende considerare un “requisito” per tutti i fondi di investimento e istituzioni finanziarie l’informazione alla clientela (cittadini, imprese, autorità pubbliche) su qualsiasi criterio adottato di investimento etico e responsabile o sugli standards e codici a cui tali organismi aderiscono.

 Alcune considerazioni

La prima riflessione non può che partire dalla nuova definizione di CSR.

Nella comunicazione traspare la convinzione della Commissione che l’attuale approccio volontario alla CSR sia insufficiente; la nuova definizione: “la responsabilità delle imprese per i loro impatti sulla società” riflette questo convincimento, infatti se la confrontiamo con la vecchia definizione contenuta nel Libro Verde sulla CSR del 2001: L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”  possiamo rilevare la rimozione della volontà come solo e predominante aspetto.

Emergono inoltre tre aspetti significativi:

  1. l’importanza dell’integrazione della CSR nella strategia del core business
  2. la creazione e massimizzazione di valore condiviso; cioè il modo in cui l’impresa cerca di generare valore per gli azionisti per mezzo della creazione di valore per gli stakeholder e la società
  3. l’esplicito riconoscimento dei diritti umani e delle ragioni etiche in aggiunta a quelle ambientali, sociali e dei consumatori

C’è un esplicito riconoscimento alla CSR, quale determinante strumento per le imprese per contribuire significativamente agli obiettivi del Trattato dell’Unione Europea sullo sviluppo sostenibile e l’economia sociale di mercato altamente competitiva.

La CSR supporta gli obiettivi della strategia Europa 2020 per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, tra cui l’obiettivo del 75% dell’occupazione.

Non deve essere sottovalutato, in questo senso, il riferimento all’attuale crisi economica e a come il mitigarne gli effetti, soprattutto in termini di perdita di posti di lavoro, diventi parte essenziale nella responsabilità sociale delle imprese.

Alcuni impegni e appuntamenti contenuti nell’Agenda di lavoro appaiono particolarmente significativi anche in riferimento al dialogo sociale e al coinvolgimento degli stakeholder, ci riferiamo in particolare alla previsione di piattaforme multistakeholder settoriali e all’importanza assegnata a ISO26000.

Anche l’invito ai paesi membri a formulare entro la metà del 2012 piani nazionali di sviluppo della CSR con l’apporto di imprese e stakeholder può diventare un eccellente veicolo di diffusione della CSR e di coinvolgimento degli stakeholder, aspetto estremamente rilevante per il nostro paese.

Appare pure positiva l’intenzione di proporre una legge sulla trasparenza dell’informazione sociale e ambientale, tenendo conto che solo 2500 su 42000 imprese europee pubblicano bilanci sociali o di sostenibilità e che solo 15 dei 27 paesi membri si sono dotati di policy per promuovere la CSR.

Certo si dovrà tenere conto del fatto che alcune aziende stanno trovando nuovi modi, più efficaci rispetto al tradizionale rapporto annuale, per coinvolgere gli stakeholder nelle informazioni sulle proprie performance.

 Sicuramente la nuova comunicazione non risolve tutti i problemi aperti nel campo della CSR.

Penso che essa possa costituire una buona struttura di base del futuro dibattito in Europa, però, permangono difetti e sono presenti alcuni aspetti che non ci convincono.

Non ci convince l’enfasi con cui viene assegnato alle imprese il ruolo-guida nello sviluppo della CSR, mentre istituzioni pubbliche e stakeholder dovrebbero soltanto supportare o contribuire a trovare eque soluzioni.

E’ evidente che la nuova comunicazione non ha forza legale o non rappresenta un documento vincolante, soprattutto, non viene affrontato il problema della responsabilità della “società madre” per i danni causati dalle proprie affiliate né della tutela individuale delle vittime.

In alcune sue parti la nuova direttiva appare non chiara negli scopi che essa vuole perseguire, ci riferiamo per esempio, all’indicazione che entro il 2014 le imprese assumano come riferimento almeno uno degli standard internazionali, come il Global Compact, le linee-guida Ocse o ISO 26000.

Non si comprende bene l’obiettivo che si prefigge la Commissione UE; si vuole ottenere che un maggior numero di imprese aderiscano a riferimenti vaghi e generici, quali per esempio i Principi Generali del Global Compact oppure si tende a raggiungere un miglioramento concreto e misurabile degli impegni sociali e ambientali, magari con l’assunzione delle linee-guida ISO 26000?

 Cominciano a uscire i primi variegati commenti delle parti sociali e delle ONG.

Ne citiamo solo due di segno opposto: il sindacato spagnolo COMFIA-CCOO (bancari/assicurativi aderente alle Comisiones Obreras) giudica positivamente la nuova comunicazione, considerandola il più grande cambiamento nella strategia della CSR in questi ultimi 10 anni; invece la BDA, la confederazione tedesca delle organizzazioni imprenditoriali, e alcune altre lobbies padronali protestano vivacemente, difendendo il carattere “volontario” della CSR.

E’ interessante anche il giudizio di alcuni dirigenti di CSR Europe che sottolineano come la Csr non sia più un elemento “aggiuntivo” al core business, ma un modo di fare business e ribadiscono inoltre la speranza che la nuova comunicazione incoraggi un maggior numero di imprese a considerare l’importanza di implementare politiche innovative di CSR nelle loro strategie e negli affari.

Le stesse fonti lamentano la mancanza di una più forte enfasi sull’innovazione e sulla opportunità  della dimensione della CSR.

Sembra questa più una preoccupazione di valorizzare la loro iniziativa Enterprise 2020, peraltro citata nella nuova comunicazione come un esempio di business leadership.

Seguiremo il  prossimo dibattito e le delibere del Consiglio e del Parlamento europeo, così come la concretizzazione degli impegni previsti.

 Milano, 29 novembre 2011                                                       (a cura di Piero Tarantino)

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