Riportiamo gli articoli della legge di stabilità che in maniera più evidente ineriscono l’attività del dipartimento mercato del lavoro.
Molti di questi sono stati anche oggetto di confronto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Questo primo commento sarà necessariamente integrato da ulteriori approfondimenti sia delle categorie che di altre aree della confederazione ma ci pareva utile commentare almeno le norme principali di nostro interesse.
Naturalmente il nostro giudizio complessivo rimane confermato!
La legge di stabilità è un insieme di misure frammentarie e insufficienti su lavoro, sanità, previdenza e fisco e decisamente non adeguata a rispondere ai bisogni del Paese. Le norme sul lavoro sono state in questi mesi oggetto di un ampio dibattito pubblico e anche di numerose discussioni nell’ambito della maggioranza di Governo.
Le stesse si sono mosse nel solco della continuità con le scelte dei mesi precedenti, a partire dalla difesa dell’impianto del Jobs Act che, ove modificato, lo è quasi sempre con norme temporanee.
Negli ultimi giorni di dibattito in Aula sono stati prima annunciati e poi annullati dalla stessa maggioranza due interventi, sulla durata massima dei tempi determinati e sulle indennità di risarcimento in caso di licenziamento illegittimo, comportamenti che sono esemplificativi delle difficoltà incontrate nella relazione con l’esecutivo su questi temi, oltre che della pluralità delle posizioni interne alla compagine governativa.
Questi i temi centrali.
La decontribuzione (commi da 100 a 110, 116 e 893). Di fatto il nuovo intervento sulla decontribuzione rimane per il Governo il principale strumento di risposta alla drammatica condizione giovanile.
Rispetto alla misura della decontribuzione totale introdotta nel 2015 la misura prevista per il 2018 è molto più selettiva.
Come anticipato nei nostri primi commenti continuiamo a pensare che la misura sia del tutto insufficiente perché non accompagnata da investimenti volti a generare nuovi posti di lavoro e perché forme di lavoro più precarie, come i tempi determinati, o l’abuso incontrollato di tirocini di fatto condizionano le scelte delle imprese.
Abbiamo più volte rimarcato come la vera necessità fosse un riordino complessivo delle forme contrattuali senza il quale la riduzione della contribuzione, a maggior ragione se in forma temporanea e non tramite un intervento strutturale di natura fiscale a vantaggio dei lavoratori, non può di certo generare occupazione stabile.
La decontribuzione, che riguarda solo i giovani che non sono mai stati assunti a tempo indeterminato e che, per come definita, rischia di ingenerare contraddizioni nel sistema della somministrazione, prevede benefici al 100% sia per il Sud che per coloro che hanno svolto periodi di apprendistato o di alternanza nelle aziende in caso di assunzione. In particolare va evidenziata negativamente la norma sulla alternanza che in qualche modo fa prefigurare questa esperienza più di ordine lavorativa piuttosto che come esperienza formativa. Altresì la decontribuzione totale per il Sud, da valutare nei provvedimenti più complessivi che lo riguardano, andrebbe analizzata anche alla luce dei, deludenti, esiti del Bonus Sud già previsto per il 2017.
Vi segnaliamo in termini negativi anche la norma di totale decontribuzione per i lavoratori stagionali che nei due anni arrivano fino a 120 giorni di lavoro. Ancora una volta si privilegiano norme che favoriscono le imprese e che poco considerano la condizione dei lavoratori, in questo caso stagionali, a cui è stata negata la proroga anche per il 2018 di un mese di Naspi come previsto dalla legge di stabilità 2017.
Il sostegno al reddito (commi 121, 123, 135, 160, 223, 690).
In questi commi trovate alcune norme “piccole“ ma significative perché frutto di rivendicazioni anche nostre. Vale per le norme relative al settore della pesca come per la proroga delle convenzioni e l’integrazione del finanziamento per LSU LPU e ASU.
Merita segnalazione ad hoc l’allungamento da 4 a 7 anni del periodo in cui si può applicare la norma Fornero sulle agevolazioni all’esodo pagate dall’impresa.
Gli Ammortizzatori sociali (commi 133,136,137 da 139 a 145 ).
Questi articoli sono, come sapete, particolarmente significativi sia per le novità introdotte, come nel caso dell’Assegno di Ricollocazione per crisi, sia perché quanto ottenuto, ancorché molto insufficiente rispetto alle necessità, è frutto della nostra mobilitazione e della nostra pervicace insistenza sul tema. Infatti il Governo ha sempre mantenuto un atteggiamento di indisponibilità rispetto alla necessità di rivedere l’attuale sistema degli ammortizzatori, considerato non in integrazione ma in alternativa al sistema delle politiche attive.
Le norme, in particolare quelle di proroga a partire dalle risorse già disponibili in sede regionale, riguardano in particolare le aree di crisi complessa, che come sapete si sono in questi anni incrementate.
Da rilevare in particolare due capitoli.
Il primo è quello inerente la proroga della CIGS per ristrutturazione o crisi aziendale concessa a livello ministeriale in aziende con almeno 100 dipendenti.
In questo caso va valutato positivamente il fatto che, pur in forma limitata e abbastanza selettiva, con questa norma si apre un varco rispetto alla modifica del Jobs Act, quanto meno per ciò che concerne la durata dell’ammortizzatore e la sua flessibilità, cosa che noi anche in termini di impianto generale rivendichiamo da sempre. Negativo è invece sia il ridotto stanziamento economico che la discrezionalità ancora in capo al ministero rispetto ad una misura che già seleziona le imprese non solo in ragione del bisogno ma in ragione della loro numerosità di dipendenti.
Il secondo, che peraltro potrà essere oggetto a quanto comunicatoci dal Presidente di Anpal, di un’apposita circolare applicativa, è quello che riguarda l’utilizzo dell’ assegno di ricollocazione anche durante la cassa integrazione con previsione di esuberi.
Su questo sarà senz’altro necessario fare opportuni approfondimenti sia in ragione del fatto che la norma prevede l’accordo sull’utilizzo dell’ADR in concomitanza con l’espletamento della procedura per cassa, sia per il fatto che questo potrà essere parte della discussione in corso con Confindustria. Da parte nostra continuiamo a mantenere molte perplessità legate all’indebolimento che potrebbe subire la gestione collettiva della vertenza con l’avvio di possibili processi di de-responsabilizzazione delle aziende nonché al rischio di divisione fra i lavoratori. Sarà certamente essenziale per tutte queste norme costruire un forte coordinamento della loro gestione e del loro monitoraggio, presidiando in termini sindacali e vertenziali i rapporti fra centro e periferia.
Esprimiamo infine profonda soddisfazione per la modifica strutturale alla norma sul “tetto” del Fondo di Integrazione Salariale che consideriamo utile , così come la circolare che interpreta in modo più favorevole il conteggio del quinquennio e del biennio mobile, per far decollare uno strumento che ancora non risponde alle sue ambizioni, quelle di diventare strumento di ammortizzatore universale per le imprese con più di 5 dipendenti per tutti i settori privi di fondi di solidarietà bilaterali. Avremmo voluto altre modifiche al sistema del FIS ma consideriamo quanto ottenuto comunque significativo.
Le politiche attive del lavoro (commi 138, da 793 a 803, 806).
Le politiche attive sono state al centro della discussione di questi mesi.
Segnaliamo che fuori dalla manovra è previsto il passaggio alla stabilizzazione dell’assegno di ricollocazione dopo la deludente fase di sperimentazione. Una fase, quella della strutturazione definitiva di questo strumento, che andrà da noi attentamente seguita, essendo i potenziali fruitori dello stesso oltre 600.000 disoccupati in Naspi da oltre 4 mesi.
Le misure contenute in manovra sono significative principalmente per quanto riguarda i Centri per l’Impiego e la definitiva assegnazione delle loro funzioni e del personale in capo alle regioni. Dopo anni di disinvestimento in ambito di servizi per il lavoro pubblici finalmente c’è un’inversione di tendenza che andrà attentamente monitorata e accompagnata.
Siamo consapevoli che rispetto al bisogno e rispetto alle risorse destinate da altri Paesi al sistema delle politiche attive la situazione è ancora piuttosto critica, anche in ragione di un sistema tutto costruito e pensato in ragione di una riforma costituzionale che non ha trovato sostegno nel referendum del dicembre 2016. Altrettanto evidenti sono alcuni limiti nelle misure, che lasciano aperte alcune situazioni regionali a cui andrà trovata soluzione.
Ci pare tuttavia che il capitolo sui centri per l’impiego, anche in ragione delle diverse scuole di pensiero nella compagine governativa, sia un punto di partenza necessario e importante per valorizzare la funzione dei CPI e costruirne di qui in avanti un ulteriore rafforzamento.
Le transizioni al lavoro (commi da 67 a 69, 110).
Anche in questo caso non si tratta di molte norme, ma ci paiono significative di un’impostazione che negli ultimi mesi ha senza dubbio caratterizzato l’azione del Governo sulle giovani generazioni in particolare.
Quella cioè di rafforzare gli strumenti che incrociano istruzione e lavoro, puntando contemporaneamente al rafforzamento della formazione professionale, alla valorizzazione dell’apprendistato specie nella sua componente duale, allo sviluppo della istruzione tecnica superiore.
Tematiche che si possono facilmente collegare anche agli investimenti in innovazione, sostenuti e accompagnati anche nella discussione pubblica dalla necessità di fare della formazione una delle leve strategiche per la crescita.
Pensiamo che quello delle transizioni sia un tema fondamentale, anche se troppe volte ci è sembrato nelle intenzioni del legislatore piegato alla logica di rispondere alle esigenze attuali del sistema delle imprese piuttosto che a incrementare davvero tutti i percorsi che possono rafforzare il bagaglio di esperienza delle persone e dei giovani in particolare, anche guardando alle trasformazioni che caratterizzeranno in futuro il sistema produttivo.
Per questo sarà importante che alcune misure quali, il finanziamento per lo sviluppo ITS, gli incentivi alla formazione professionale, vengano accompagnati da un presidio sindacale forte e volto a orientare risorse e strumenti verso un sistema coordinato e partecipato dalle parti sociali oltre che dai livelli istituzionali responsabili del sistema della formazione professionale e delle politiche per il lavoro.
Precariato. ( c.306, 307615, 619,627, 687, da 793 a 800, 806 , 811 ).
Vi indichiamo poi le norme sul contrasto al precariato che, in alcuni casi, come quelli riguardanti gli ex LSU delle scuole , vedono le nostre categorie in mobilitazione da anni.
I termini della proroga della convenzione Consip Scuole confermano positivamente gli impegni assunti dal Governo dal 2014 ad oggi, negli accordi sottoscritti con le OO.SS. per un piano industriale che determini la continuità occupazionale e la garanzia del reddito degli attuali 18.000 lavoratori “Ex Lsu e Appalti Storici” in essa impegnati. Lo specifico percorso di internalizzazione dei 519 lavoratori che operano nelle scuole di Palermo, se da un lato sembrerebbe ipotizzare una soluzione al loro gravoso problema dall’altro lascia aperta la mancata soluzione per un vero percorso di stabilizzazione che possa prevedere l’internalizzazione di tutti gli altri lavoratori.
Nella consapevolezza che la tematica è di difficile risoluzione, va detto che le difficoltà continueranno ad essere maggiori finché l’impostazione per la sua risoluzione continuerà ad essere basata sull’austerità flessibile e sulla contrazione del perimetro di intervento pubblico.
Segnaliamo alcuni piccoli avanzamenti nella pubblica amministrazione e in particolare ad alcuni enti ad essa collegati che tuttavia non bastano a mutare la condizione di centinaia di migliaia di lavoratori e che incide profondamente anche sulla qualità e la mancata valorizzazioni dei servizi.
Vi segnaliamo infine due punti che non abbiamo trattato nei tavoli confederali ma che sono stati ampiamente seguiti dalle categorie della FP e della Slc , insieme al Nidil.
Si tratta delle norme che introducono un minimo di copertura previdenziale per i collaboratori di società sportive “ lucrative “ (c.353 e seguenti) all’interno dell’ampio capitolo dedicato allo sport e delle norme sugli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico (commi 422 e seguenti) in cui si prevede la predisposizione di un complesso iter di stabilizzazione dei ricercatori e del personale collegato.
Per una analisi più approfondita di queste e di altre norme, come evidenziato all’inizio di questa nota, vi rimandiamo agli approfondimenti delle categorie.
Il prossimo 24 gennaio sarà convocato il coordinamento mercato del lavoro e sarà l’occasione per riprendere, più in generale, la discussione sulle norme in legge di stabilità e sulle questioni in discussione con il Ministero.
Con l’occasione, vi rinnoviamo gli auguri di un felice 2018 e vi mandiamo un caro saluto.