Gli operatori segnalano l’insufficienza degli impianti di selezione e trattamento. A rischio la raccolta differenziata in molte aree del nostro paese. Nelle scorse settimane l’Assocarta, Corepla (consorzio di riciclo della plastica) e Coreve (consorzio di recupero del vetro) hanno lanciato l’allarme di una paralisi del settore. Molteplici sono le cause, sebbene la goccia che sembra aver fatto traboccare il vaso riguarda la decisione della Cina di non importare più dall’Europa navi intere di materiali da rigenerare come materie prime.
Infatti, in Europa ed in Italia la raccolta differenziata degli imballaggi usati produce una quantità di materiali da rigenerare maggiore della domanda interna. Il trend di importazioni cinesi, insieme alla scarsa crescita della domanda di prodotti come gli arredi urbani di plastica rigenerata, spinti da una normativa sugli acquisti verdi delle amministrazioni pubbliche sta portando al collasso gli inceneritori. E poiché l’ipotesi “rifiuti zero” è una fantasia velleitaria, si stanno intasando gli impianti di riciclo dei materiali e gli impianti di smaltimento dei rifiuti.
A tutto ciò va aggiunto che gli altri paesi Europei stanno assistendo ad una crisi simile e si vedono costretti a respingere i rifiuti provenienti dai paesi limitrofi. Nel solo 2016 l’Italia aveva trasferito negli impianti stranieri, quasi sempre tedeschi, 267mila tonnellate di spazzatura da incenerire e 165mila tonnellate di rifiuti da selezionare e rigenerare. Ciò sta producendo un rincaro anche del 40-50% per le tariffe praticate dagli inceneritori, rincaro che presto peserà sulla tassa rifiuti dei cittadini.
In tale contesto, il Ministero dell’Ambiente ha annunciato un piano per la riduzione dei rifiuti del proprio dicastero pari al 70% per i prossimi 4 anni. Malgrado i toni propagandistici, notiamo una certa contraddizione tra quanto viene proposto e la realtà appena descritta. Infatti, sebbene il business dei rifiuti vale quasi 10 miliardi di euro ed il mercato del settore cresce ad un ritmo doppio rispetto al PIL, la vecchia tariffa rappresenta quasi il 90% del totale delle fonti di finanziamento del sistema (8.7 miliardi di euro). La tariffa puntuale, quella che premia chi fa bene la raccolta differenziata, viene applicata solo a 2.8 milioni di abitanti in 280 comuni e l’ecotassa è oltre 4 volte più bassa della media europea.
Dunque, non solo alcuni comuni sbagliano la Tari, come recentemente ammesso dalle stesse istituzioni, ma l’intero sistema va rivisto. E’ necessaria la messa in atto di una seria politica che con efficacia incentivi azioni di aggiornamento e potenziamento dell’intera filiera dei rifiuti dalla raccolta al riuso, passando per il corretto smaltimento. Inoltre, ci auspichiamo che in tale processo di aggiornamento tecnologico, vengano integrati a vario livello misure incentivanti negli attuali e futuri piani d’innovazione tecnologica. Chiediamo, pertanto, al Governo ed agli organi preposti di promuovere l’innovazione tecnologia e l’effettiva applicazione delle moderne metodologie, come l’industria 4.0, all’interno di un’economia verde e sostenibile. Tutto ciò, al fine di garantire il benessere del nostro territorio e delle popolazioni che lo abitano.