Come evidenziato nel Testo Unico per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire che dall’esercizio dell’attività (dallo stesso organizzata) non scaturiscano dei danni ai lavoratori, ovvero all’insieme delle persone preposte alla conduzione dell’attività stessa.
Il datore di lavoro, pertanto, organizza l’attività di impresa al fine di specificare quali adempimenti dovranno essere svolti dai dipendenti che, di conseguenza, dovranno attenersi a quanto loro richiesto, fermo restando l’obbligo del datore di lavoro di salvaguardare l’integrità psicofisica dei lavoratori eliminando o cercando di ridurre al massimo i rischi che possono procurare dei danni alla salute. In questo contesto si inserisce la responsabilità del datore di lavoro che sorge ogni qual volta le predette norme atte a garantire determinati standard di sicurezza non vengano rispettate.
La giurisprudenza, tuttavia, ha escluso la responsabilità del datore di lavoro laddove si dovesse determinare un infortunio causato da una condotta “abnorme“ del lavoratore il quale, scostandosi dalle direttive ricevute, assume un comportamento per sua natura imprevedibile e tale comunque da non poter essere in alcun modo impedito dal datore di lavoro.
In tema di prevenzione antinfortunistica, quindi, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venire meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio suo contegno abnorme configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità.
Non si può considerare abnorme il compimento da parte del lavoratore di un’operazione che, pure inutile e imprudente, non sia però eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo. L’abnormità del comportamento del lavoratore, infatti, si può apprezzare solo in presenza della imprevedibilità della sua condotta e tale imprevedibilità non può mai essere ravvisata in un comportamento che, per quanto imperito, imprudente o negligente, rientri comunque nelle mansioni che gli sono state assegnate perché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dalla piena prudenza, diligenza e perizia è insita nella stessa organizzazione del lavoro. Per individuare la presenza del ” comportamento abnorme” è pertanto necessario che siano portate alla luce circostanze peculiari, interne o esterne al processo lavorativo, che connotino la condotta dell’infortunato in modo che essa si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso e dell’area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a governare.
La giurisprudenza costante della Corte di Cassazione che ha più volte affermato che “in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale (Sez. 4 n. 22249 del 14/03/2014)” e che, sempre con riferimento al concetto di “atto abnorme”, ha pure precisato che “tale non può considerarsi il compimento da parte del lavoratore di un’operazione che, pure inutile e imprudente, non sia però eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo ( Sez. 4 n. 7955 del 10/10/2013)”.
Secondo la stessa Corte di Cassazione, dunque, “l’abnormità del comportamento del lavoratore, , può apprezzarsi solo in presenza della imprevedibilità della sua condotta e, quindi, della sua ingovernabilità da parte di chi riveste una posizione di garanzia. Sul punto, si è peraltro efficacemente sottolineato che tale imprevedibilità non può mai essere ravvisata in una condotta che, per quanto imperita, imprudente o negligente, rientri comunque nelle mansioni assegnate, poiché la prevedibilità di uno scostamento del lavoratore dagli standards di piena prudenza, diligenza e perizia costituisce evenienza immanente nella stessa organizzazione del lavoro” il che è servito ad evidenziare “la necessità che siano portate alla luce circostanze peculiari – interne o esterne al processo di lavoro – che connotano la condotta dell’infortunato in modo che essa si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso”.