Antiriciclaggio: l’auto-riciclaggio (terza ed ultima parte)

Concludiamo l’esame della nuova normativa sull’auto-riciclaggio evidenziandone la differenza con il riciclaggio propriamente detto.

 

            Il reato di riciclaggio (art.648bis Codice penale) scatta nei confronti di chi, fuori dei casi di concorso nel reato, sostituisce o trasferisce denaro/beni/altre utilità provenienti da reato non colposo o compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza illegale. Se i beni ed i soldi sono impiegati dallo stesso in attività economiche proprie si commette il reato, con analoga gravità, di auto-riciclaggio, previsto dall’art.648ter.

La Giurisprudenza è stata sinora molto rigorosa, infatti i Giudici di Cassazione, per es.) riconoscono responsabile di riciclaggio il Rappresentante legale ed il Socio di una Società che fanno transitare dalla contabilità (sotto forma di finanziamento) i proventi di reati commessi da loro parenti (Cassazione 11491/2017).

Perché ci sia riciclaggio è, inoltre, sufficiente compiere operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, con qualsiasi espediente che aggiri la libera e normale esecuzione dell’attività svolta (Cassazione 1422/2012).

E’ di per sé un autonomo atto di riciclaggio qualsiasi prelievo/trasferimento di fondi, dopo precedenti versamenti (ed anche il mero trasferimento di denaro di provenienza illegale), da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato presso un diverso Istituto di credito (Cassazione 546/2011) anche qualora ci fosse una piena tracciabilità delle operazioni bancarie. Questo perché, data la natura fungibile del bene, per il solo fatto di depositare il denaro, esso è automaticamente sostituito (Cassazione 47375/2009).

Non occorre sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni: basta che sia anche solo ostacolata (Cassazione 1422/2012 – 3397/2012).

Il riciclaggio (a differenza dell’auto-riciclaggio) richiede il coinvolgimento di terzi estranei al reato principale da cui provengono i denari. L’auto-riciclaggio risolve le difficoltà di provare il consapevole coinvolgimento del terzo nella ripulitura delle somme illecite in quanto è lo stesso Soggetto che ha commesso il reato principale (e da cui derivano i beni o le utilità) a trasferire/investire/impiegare le stesse. Rispetto al riciclaggio, è richiesto un ostacolo all’identificazione della provenienza non generica ma concreta.

Dobbiamo tenere presente che questi reati sono inseriti tra quelli “fonte” che fanno scattare le responsabilità dell’Ente a norma del Dlgs 231/2001. Di conseguenza, con riferimento all’auto-riciclaggio, quando il Manager di una Società  (per es.) commette un reato fiscale a vantaggio dell’Ente e poi cerca di trasferire/sostituire/reimpiegare il provento dello stesso, anche la Società può essere chiamata a rispondere di auto-riciclaggio.

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