
Intervista a Franco Tavella segretario generale Cgil Campania
La Campania, insieme alla Calabria, hanno i peggiori record in fatto di economia e di condizioni
analisi sociali. Quattro anni di crisi hanno pesato drammaticamente sul tessuto economico della regione, per certi aspetti ancor più dell’intero Mezzogiorno. Puoi descriverci sinteticamente la situazione nella tua regione?
La crisi in Campania ha prodotto fino ad oggi 650 vertenze che intessano oltre 50mila lavoratori. Negli ultimi cinque anni il pil è sceso del 10%, il reddito individuale è il più basso d’Italia, i giovani sono sfiduciati e senza prospettiva, il numero dei disoccupati continua a crescere. A questo fa da sfondo un generale ridimensionamento dei servizi pubblici offerti ai cittadini che non è servito nemmeno a risanare i bilanci degli enti pubblici. Molti comuni campani, a partire dal comune di Napoli, versano in una condizione di formale o sostanziale predissesto, nel mentre la Regione più che risanare continua ad avere una esposizione debitoria di 16 miliardi di euro. In più, la sanità non riesce ad uscire dal tunnel del commissariamento, dal momento che non sono stati ancora raggiunti gli obiettivi previsti. E la situazione delle aziende di trasporto pubblico è disastrosa, con il rischio concreto che, con la privatizzazione auspicata dall’assessore Vetrella, si aprano le porte alla criminalità, l’unica organizzazione che ha capitale sufficiente a scalare le aziende in crisi.
La Cgil Campania ha già proclamato lo sciopero generale per gli inizi di marzo. Si tratta di una risposta importante, ma certamente non risolutiva del dramma campano. Quali gli obiettivi dello sciopero ?
Il governo di via Santa Lucia, in questi anni, ha messo sostanzialmente in campo le stesse politiche del governo Berlusconi. Il primo obiettivo, quindi, è quello di cambiare la politica regionale. Il “contratto Campania” non è stato onorato dalla giunta. Per noi è un documento che non ha alcuna validità. Riteniamo poi necessario l’accorpamento delle società miste che, con una insostenibile esposizione di stipendi arretrati, rischiano di saltare, di essere portate al fallimento. La Regione deve mettere in campo un piano per accorciare i tempi di pagamento alle imprese, che rischiano di far saltare migliaia di posti di lavoro senza che nessuno se ne accorga. Chiediamo quindi che venga nominato un assessore all’agricoltura, per fronteggiare l’emergenza di migliaia di forestali che sono senza stipendio da mesi. E, ancora, riteniamo necessari provvedimenti a favore dei giovani che, con il rincaro delle tasse universitarie, si sono visti smantellare anche il diritto allo studio.
Quale ruolo stanno avendo le Banche in regione in questa difficile congiuntura e quale ruolo potrebbero, invece, avere?
Le banche, nonostante la capitalizzazione che hanno avuto dall’Europa, non hanno svolto una politica di impulso alle imprese. D’altra parte, così come avviene dentro un sistema come il nostro, alla mancanza di liquidità corrisponde un irrigidimento del sistema bancario. C’è una restrizione del credito, con un maggiore differenziale, che riguarda la Campania, rispetto alle altre aree del Paese. Il rischio che la criminalità organizzata possa fare da sponda alle situazione di crisi è molto alto. Questo spiega anche un livello di esposizione all’usura che in Campania ha raggiunto il 150%.