In questa settimana l’apertura della nuova sede Tiburtina della Banca Nazionale del Lavoro ha avuto un certo spazio nelle cronache, accompagnato da interviste al Presidente Abete che in nome del risparmio, dell’efficienza, della modernità, ha tessuto le lodi di questa scelta facendo trasparire una bella dose di ottimismo in ogni intervista.
Si volta pagina dunque, non è la prima volta in BNL, infatti il Presidente non ha mancato di ricordare la storia difficile della nostra Banca e anche quanto l’operato del Sindacato sia stato determinante per superare le speculazioni e le scalate di cui eravamo stati fatti oggetto. Ringraziamo il Presidente che non manca mai di riconoscere questo ruolo fondamentale, soprattutto in questi tempi in cui si fa a gara per denigrare l’importanza e il valore che l’azione sindacale riveste, pur con i suoi limiti, negli assetti sociali e economici del Paese. Però, proprio perché l’azione sindacale è questo, è bene dare una lettura più complessiva a quanto sta accadendo in BNL; la chiusura di sei sedi storiche di grande valore immobiliare, la razionalizzazione degli spazi, cioè, tradotto, postazioni di lavoro inferiori al numero dei dipendenti e il 98% di queste aperte e condivisibili non sono un “trasloco” che ottimizza i costi, sono una rivoluzione nel modello organizzativo della banca che arriva dopo ben 6 ristrutturazioni tutte legate al “Piano Italia”. Il piano tanto noto quanto “fumoso”, perché variamente contraddetto, che ha sulla carta, lo scopo di migliorare il posizionamento commerciale di ogni singola società, nonché la redditività netta dell’intero gruppo BNPP in Italia, attraverso lo sviluppo di sinergie, volte a incrementare i ricavi e a contenere i costi. In questo lungo lasso di tempo in cui questo percorso si è svolto e si sta svolgendo, Le OO.SS. hanno espresso forti preoccupazioni sulla conduzione generale del progetto, non potendo non sottolineare ciò che certamente è avvenuto: nessuna certezza tangibile sul futuro della BNL, depauperata, non solo del suo patrimonio e delle sue risorse, ma anche della portata storica che l’Istituto ha rappresentato nel settore e nel Paese.
Di questo passo e continuando a scontare l’immane solco che passa tra gli accordi centrali e la loro raffazzonata realizzazione in periferia, siamo giunti all’ultima ristrutturazione in cui siamo partiti da posizioni tanto lontane da sembrare provocatorie, fino alla definizione tramite accordi di impegni reciproci. A fronte del sacrificio dei lavoratori, non certo il primo, né a livello economico né a livello professionale, si è esplicitato l’impegno aziendale di favorire i dipendenti non appena le condizioni dell’azienda lo consentiranno, di far rispettare lo spirito e le intenzioni dei protocolli sottoscritti, con particolare riferimento alle pressioni improprie, al contrasto degli sprechi, all’abbattimento dei privilegi, al controllo sugli appalti e alla netta contrazione delle esternalizzazioni. E’ in questo quadro che si inserisce l’apertura di Tiburtina che comporta una modifica del modello organizzativo per circa 3500 lavoratrici e lavoratori.
Nella fase attuativa è un banco di prova e per quanto emerge non ci sembra che sia superato il pressapochismo che ha caratterizzato l’esercizio di ruoli di responsabilità in questi tempi. Ad esempio: è assolutamente fisiologico che un cambiamento di queste proporzioni, in una città come Roma, possa significare per molti una riorganizzazione totale dei tempi di vita e lavoro, certamente non tutti risolvibili con formule “smart”.
Per questo è inconcepibile che ci sia una specie di scaricabarile delle competenze: chi lo esercita è indegno del ruolo che ricopre! Al di là degli ottimismi di facciata è ovvio che una operazione del genere comporti delle problematicità, posto che il Sindacato il suo ruolo lo praticherà in ogni caso, sarebbe una scelta aziendale saggia, oltre che coerente, in questa fase, una gestione che faccia del confronto con il sindacato locale una forza, non un impaccio.
Più in generale, sarebbe all’altezza della sfida con il futuro, fermo il rispetto di tutti gli accordi firmati, l’occasione che l’apertura della sede Tiburtina ci offre per iniziare una riflessione sulle conseguenze dei processi di digitalizzazione legati alle nuove forme di organizzazione del lavoro. Probabilmente la combinazione ottimale tra il livello reale e virtuale del servizio al cliente sarà la chiave di volta del successo nel mercato di riferimento, e quindi quali sono le figure professionali che potranno assolvere questi ruoli e con quali competenze? Lo sviluppo tecnologico va gestito e anticipato con lungimiranza se non vogliamo che lasci alle sue spalle una desertificazione di posti di lavoro e di professionalità.
Il nodo centrale non è la disponibilità al cambiamento dei lavoratori della BNL ormai più che consolidata, ma la capacità aziendale di saper sviluppare in modo armonico i processi tecnologici in corso e futuri, nel rispetto pieno della dignità e la tutela della occupazione: una sfida che il Sindacato è pronto ad affrontare.
Segreterie di Coordinamento Nazionale Gruppo BNL
FABI – FIRST/CISL – FISAC/CGIL – SINFUB – UGL – UILCA – UNISIN
– scarica il documento allegato