Gruppo Intesa Sanpaolo: CariFVG, troppa carne al… focus

“Quando l’applicazione del metodo non è il mezzo … ma l’unico fine … e porta allo stremo le Persone … distruggendole”

Il 15 marzo a firma Massimo Gramellini è stato pubblicato l’articolo “Stressato come un bancario” nel quale si evidenzia che su 100 lavoratori stressati 20 sono bancari (fonte dipartimento medicina del lavoro di Pisa) e che l’82% degli impiegati di banca soffre d’ansia ed il 28% fa uso di psicofarmaci (fonte ricerca Università la Sapienza di Roma).
Come OO.SS. siamo molto preoccupati, perché anche nella nostra banca la situazione appare in linea con le affermazioni di Gramellini, ed anzi in costante peggioramento.
In ogni incontro l’azienda dichiara che “l’obiettivo è migliorare il benessere dei lavoratori” e le indagini sul clima aziendale promosse dalla banca indicano che viviamo nel migliore dei mondi possibili dove le persone sono entusiaste e l’organizzazione gira alla perfezione. Ciò nonostante esiste qualche irriducibile “reticente” che si ostina a non cantare nel coro e addirittura si permette di non credere ciecamente ai numerosi profeti del vangelo aziendale.
Quando schiere di fedeli oranti occupano tutti i posti migliori gli unici liberi rimangono quelli dalla parte del torto, e probabilmente è proprio lì che ci siamo seduti visto che proviamo un irrefrenabile desiderio di ascoltare anche chi, dubbioso, avanza più di qualche perplessità sul funzionamento del mitico modello.
Nel quotidiano agire di molti Capi Area, Direttori/Coordinatori l’unico comportamento che emerge è l’esercizio di continue pressioni commerciali/psicologiche divenute ormai intollerabili, con un progressivo peggioramento anche dei rapporti tra colleghi.
Quindi qualche dubbio sulla buona fede aziendale sorge spontaneo visto che quasi nulla viene fatto per risolvere queste situazioni. Siamo in una situazione di “schizofrenia commerciale” con obiettivi, priorità, focus… continui ed
assillanti, spesso in controindicazione l’uno con l’altro, l’unica regola è quella del “pallino verde”sulle campagne (e quindi il metodo è diventato il fine e non il mezzo). La parola più in voga è “priorità”, e tutto e tutti devono concentrarsi su quello. Salvo poi scoprire che, passata l’euforia iniziale, le priorità sono cambiate e via con un altro giro di valzer. La frenetica girandola di obiettivi, focus, pilastri, e chi più ne ha più ne metta, indica purtroppo che la confusione regna sovrana e quando tutto è prioritario alla fine nulla lo è veramente (troppe priorità…. nessuna priorità), e l’unica cosa che rimane è una grande accozzaglia di roboanti paroloni che valgono per un giorno solo.
Bisogna programmare il lavoro e fissare appuntamenti, ma come si possono fissare tutti gli appuntamenti di un mese nella prima settimana? Vuol dire che le filiali la prima settimana del mese rimangono chiuse con i colleghi che si occupano soltanto di pianificare le tre settimane successive (le mani sono sempre due….)? E sono forse programmazione le continue riunioni fissate un giorno per l’altro e le quotidiane lync, ovviamente imperdibili, che in qualche caso vengono annunciate con solo qualche ora di preavviso ?
Lavorare le campagne ! D’accordo, ma quando si chiedono di inserire decine di contatti in un pomeriggio siamo sicuri che sia una cosa utile ? E che siano veri ? Richieste di fissare un numero stratosferico di appuntamenti, che a far bene i conti probabilmente vien fuori che non bastano né i dipendenti della filiale né le ore dell’orologio … ma tant’è, sicuramente nel “metodo” c’è la risposta anche a questo.
Per non dire degli appuntamenti fissati in agenda all’insaputa del gestore (ed anche del cliente che poi il gestore deve rincorrere…) , che francamente ci vuole parecchia faccia tosta per farlo.
A proposito, gira voce che il CCNL o qualche non meglio definito accordo sindacale indichi un numero minimo di appuntamenti da fissare giornalmente. Non la prendiamo neanche in considerazione perché siamo sicuri che nessuno possa seriamente dire una panzana simile.
Ossessivo controllo delle agende dei gestori e asfissiante verifica delle note sugli incontri riportate su ABC che vanno fatte come vuole “il metodo” e non in base al reale svolgimento dell’incontro. Ma è ovvio, è la realtà che deve adeguarsi al modello e non viceversa, altrimenti è disfattismo allo stato puro e poi mancherebbe l’incommensurabile gioia di essere ricompensati dall’agognato “pallino verde”.
Già, perché se una Filiale non è in linea con il numero di pallini verdi secondo i desiderata della Direzione Commerciale arriva il “Tutor” … ed ecco i gestori “colloquiati” dal Direttore d’Area in una specie di “processo al mancato successo” spacciato come un’azione volta allo sviluppo professionale e che invece si traduce spesso in una vera e propria interrogazione scolastica umiliante per i colleghi (e secondo noi anche chi la fa non dovrebbe sentirsi tanto fiero).
Imposizione di una assillante ricerca del successo/vendita, dimenticando che il risultato non dipende solo dalla capacità del gestore ma anche dalla volontà del cliente.
Sembra che il lavoro si limiti alla vendita mentre invece è solo l’inizio e l’ondata di lavoro del postvendita, mai considerata da alcun report commerciale, mette in ginocchio le filiali.
Gli orientamenti commerciali diventano “regole della casa” e vengono spacciati come normativa aziendale, mentre magari si fa intendere che la normativa aziendale si può “adattare” al raggiungimento degli obiettivi.
Ci sono situazioni paradossali, e secondo noi assai inquietanti, di mail inviate a tutte le ore del giorno e della notte, festivi compresi, ovviamente aventi per oggetto campagne commerciali, focus, pilastri e via di seguito.
L’ossessione compulsiva da lavoro non ci pare una bella cosa e pensiamo seriamente che l’azienda dovrebbe preoccuparsi dell’equilibrio psicofisico di tutti i suoi dipendenti.
Questi “comportamenti agiti” ci sembra siano un’applicazione del metodo basata non sul buon senso ma semplicemente un coercitivo esercizio del potere di cui si ritengono investiti alcuni eletti.
La nostra richiesta all’azienda è semplice: porre fine alla DITTATURA del metodo.
E ai lavoratori ricordiamo che il rapporto di lavoro subordinato è “un’obbligazione di mezzi” e non “di risultati”: l’adempimento della prestazione lavorativa prescinde dall’esito dell’attività svolta.
In parole povere, si deve garantire il lavoro, non il risultato. E se il budget non è raggiunto magari la responsabilità è di chi ha fissato obiettivi irrealistici.

Udine, 3 aprile 2017

Le Segreterie di Coordinamento di CariFVG Spa
Fabi – First/Cisl – Fisac/Cgil – UGLCredito – Uilca – UNISIN

– scarica il documento allegato

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