Con la prima uscita del 2013, FOCUS ECONOMIA TOSCANA cerca di dare un quadro dell’economia regionale con una chiave di lettura relativa alle variazioni più significative che si sono manifestate dal 2008, anno di nascita della nuova grande crisi, a oggi. Questo percorso, che segna una pesante cesura nel processo di crescita dell’economia e della società della nostra regione, è stato ricostruito sulla base degli indicatori che, ormai da tempo IRES Toscana, insieme alla CGIL, utilizza per le proprie analisi congiunturali. Lo scenario che emerge da questa lettura conferma, non solo una situazione difficile per i settori produttivi, in analogia a quanto emerge da altri studi come quelli prodotti dalla Banca d’Italia e da UnionCamere, ma un disagio sociale forte che colpisce il lavoro e i soggetti più deboli della società toscana, come sono i giovani e, in generale, coloro che subiscono lo stress della disoccupazione e del lavoro instabile e mal retribuito. I dati relativi all’occupazione ci presentano una regione nella quale, nel periodo in esame, il tasso di disoccupazione, anche se in una sequenza segmentata, è decisamente in crescita dopo un periodo (1992 – 2008) nel quale, al contrario il tasso di disoccupazione è stato costantemente al ribasso. L’aggravarsi della situazione lavorativa è marcata dalla crescita delle persone in cerca del lavoro. In questi anni si perdono posti di lavoro, peggiora la condizione economica delle famiglie, quindi aumentano le persone che si attrezzano per la ricerca. Abbiamo stimato che, dal 2008 ad oggi, nell’industria si siano persi 99.000 posti di lavoro compensati, solo parzialmente, da un aumento di 76.000 nel settore dei servizi. Al di la del dato aritmetico deve essere però fatta una considerazione di merito relativa al differenziale qualitativo di questo travaso. Da un lato (occupazione industriale) abbiamo perso posti di lavoro, a tempo pieno complessivamente stabili e tutelati, dall’altra (occupazione nei servizi) abbiamo invece lavoro, spesso part time più instabile e precario e meno tutelato. Una dequalificazione del lavoro che, forse, connota il fenomeno più negativamente della sola differenza numerica. I dati relativi agli ammortizzatori sociali, in particolare quelli delle ore di cassa integrazione autorizzate, ci offrono costantemente, dal 2009 ad oggi, una situazione da febbre alta. Sindrome patologica aggravata da una prospettiva decisamente incerta e preoccupante relativa ai tagli previsti dalla riforma “Fornero”. E’ come se, di fronte a questa febbre alta fossimo nell’impossibilità di somministrare gli antibiotici. Una prospettiva angosciosa oltre che difficile! Peggiora, in linea con i dati nazionali, la situazione dei giovani, sia per ciò che riguarda lo stato di disoccupazione, sia per la precarietà della prospettiva lavorativa. A questo si aggiunge un dato allarmante, già rilevato sul piano nazionale ma che abbiamo voluto dimensionare anche nella nostra regione: la tendenza alla descolarizzazione che, con sempre maggior insistenza, si abbina allo stato di inoccupazione. Le università toscane hanno perso, dal 2008 ad oggi, più di diecimila studenti: Un dato su cui i farisaici apologeti della “valorizzazione del capitale umano” dovrebbero riflettere attentamente. Un altro aspetto di questa situazione sociale difficile, soprattutto per i percettori di reddito da lavoro è documentata in uno studio eseguito in via sperimentale campionando l’universo delle dichiarazioni ISEE fatte presso il CAAF CGIL. Da questi dati è stato possibile ricostruire i tracciati lavorativi e occupazionali di un campione abbastanza significativo di classe media lavoratrice che subisce notevoli contraccolpi sul reddito da lavoro a non lavoro e da quest’ultimo a nuovo lavoro. Sarà questo un filone di ricerca che per il futuro pensiamo di consolidare. Alla caduta dei redditi, soprattutto della classe media, corrisponde il dato concernente l’andamento dei consumi che vede una flessione pressoché speculare in tutti i settori merceologici di vendita. Quanto riferito precedentemente è un quadro sociale che mette a serio rischio la capacità delle istituzioni nel rilancio di un welfare inclusivo orientato all’equilibrio sociale come è stato per la nostra regione. Relativamente alle condizioni strutturali della crescita, il dato significativamente più positivo dell’economia regionale risulta sicuramente essere l’export. In tutti i maggiori comparti industriali cresce la quota dell’export toscano con un picco nei comparti TAC. Il dato deve essere naturalmente depurato da alcuni valori anomali (es. il dato relativo al comparto orafo aretino già monitorato nelle precedenti uscite di F.E.T) ma sicuramente oggi risulta essere l’indicatore di maggior forza. Migliora anche il saldo I/E nonostante un deficit di otre 2 miliardi della bolletta energetica. Una valutazione positiva dell’andamento dell’export non può però prescindere da alcuni interrogativi sul merito del fenomeno. In particolare emergono due questioni alle quali bisognerebbe dare risposta: Prima: può da sola una buona performance sulle esportazioni garantire una nuova crescita che consenta di ritornare, anche se in tempi da definire, sulle posizioni produttive di prima della crisi? Seconda: quante sono le imprese che possono operare sui mercati esteri in queste condizioni favorevoli, per quanto tempo e quanta occupazione possono creare a compensazione di quanto avviene in negativo nei settori orientati al mercato interno? Domande di non facili risposte. A parziale e negativa risposta intervengono invece i dati sulla produzione industriale che confermano una tendenza ormai quasi irreparabile al declino. Questa ormai perdurante stagnazione produttiva dipende, in gran parte, sia dalla contrazione della domanda interna che da uno scarso flusso di investimenti nei settori industriali/manifatturieri, particolarmente esposti alla concorrenza tecnologica e innovativa. L’inadeguato livello di investimenti contribuirà anche nel prossimo futuro a frustrare la prospettiva di una nuova fase di crescita equilibrata della nostra regione. Non incoraggianti sono anche i dati sul credito, in particolare quelli sugli impieghi, decisamente in calo nel periodo di riferimento, e quelli relativi alle sofferenze che denotano uno stress perdurante nel rapporto fra banche e mondo delle imprese. E’ chiaro che in queste prospettive deve emergere un nuovo ruolo della politica sia nazionale che regionale. Ma su questo qualcosa riusciremo a sapere dopo il 24 febbraio p.v.
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