Banca Marche: marcare stretta UBI

da Corriere Adriatico. Di Maria Cristina Benedetti.

ANCONA Ubi va marcata stretta. Sì, la ferrea convinzione di Mauro Marconi, docente di Economia monetaria e creditizia all’Università di Macerata, ha la valenza di un denominatore comune. «Bisogna stare attenti, molto attenti»: il motto del prof sul passaggio di Nuova Banca Marche sotto il controllo del gruppo di Bergamo convince anche i sindacati. «Da settimane stiamo costruendo un percorso condiviso con le associazioni di categoria in modo

tale che, a prescindere dal soggetto che realizzerà l’acquisizione, si possa, con il ruolo attivo di governo e Banca d’Italia, vigilare su tre punti che riteniamo essenziali». Roberto Ghiselli, segretario generale della Cgil Marche, detta quei punti-chiave alla vigilia del Cda del gruppo guidato da Victor Massiah. «Al primo posto il leader sindacale non transige c’è la tutela dell’occupazione: è necessario creare le condizioni per evitare gli esuberi sia nelle filiali sia nel centro direzionale, il quartier generale di Fontedamo di Jesi». Due, Ghiselli passa oltre: «Fondamentale è garantire poi i volumi di credito a famiglie e imprese». Il sindacalista ammette: «È vero, nel caso sia Ubi a concludere l’operazione si potrebbe generare una riduzione dell’assistenza finanziaria perché chi finora s’è fatto prestare denaro sia da Nbm sia da Bpa (costola del gruppo bergamasco, ndr) potrebbe finire per essere gestito in modo unitario. Ovvero: potrebbero circolare meno soldi».
Il terzo punto esula dall’acquisizione, ma non dalle urgenza del sindacato. «Non dobbiamo dimenticare i risparmiatori Ghiselli entra nelle pieghe di una crisi bancaria sconfinata in casi umani – Ricordiamoci sempre degli obbligazionisti subordinati e dei piccoli azionisti». Marcare stretto, appunto.

Il prof torna a insistere sull’operazione-attenzione. Marconi va giù, convinto, di evidenziatore. «È il passaggio necessario ogni qualvolta i centri decisionali del credito si allontanano». Simula lo spostamento delle coordinate geografiche: «Una volta decideva Jesi, ora Bergamo. Non si tratta certo di esibire una forza contrattuale, piuttosto è un mettersi intorno a un tavolo per scongiurare la resa. Del credito». La chiamata all’appello vale per i rappresentanti di industriali, artigiani, agricoltori, ma conclude il prof «la vera opera di persuasione spetterà alle singole aziende».

Fine di ipotesi e scenari: oggi tocca alla cronaca con il consiglio d’amministrazione a Bergamo, per i conti trimestrali, e la decisione finale di Francoforte sul nuovo piano presentato da Ubi. Si stringe.

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Photo by Maggio7

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