Nella mattinata di ieri ha avuto luogo l’incontro con il Consigliere delegato Victor Massiah che ha sinteticamente illustrato alle delegazioni sindacali i contenuti del Piano Industriale 2019-2020, presentato nella giornata precedente agli analisti (l’indicazione dei due anni serve a rendere confrontabili i piani presentati da altre aziende fino al 2019).
Di seguito ne sintetizziamo gli aspetti principali fino ad ora emersi, con particolare riguardo alle scelte destinate ad avere maggiore rilevanza per i dipendenti di UBI.
Va precisato che a questa prima illustrazione farà seguito, presumibilmente entro la prima quindicina di luglio, l’invio ai sindacati di un più dettagliato documento informativo da cui prenderà avvio il confronto vero e proprio. Un confronto che per la sua complessità richiederà tempi adeguati e si protrarrà presumibilmente
anche nel mese di settembre, vista la disponibilità già dichiarata da parte aziendale di andare oltre i termini fissati dal CCNL.
BANCA UNICA
L’elemento più saliente del Piano è evidentemente la già da tempo preannunciata creazione della banca unica, attraverso la fusione per incorporazione di 7 banche rete in UBI Banca entro la prima metà del 2017.
L’operazione si svolgerà in tre step successivi previsti indicativamente per ottobre 2016, febbraio e aprile 2017.
La nuova realtà sarà suddivisa in 5 macro-aree solo parzialmente riconducibili ai perimetri delle attuali banche rete:
- Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria e Nord della Toscana (all’interno della quale è previsto che Cuneo torni ad assumere un ruolo di rilievo)
- Milano, Lodi, Pavia e l’Emilia Romagna
- Bergamo, Como, Lecco, Monza e Varese
- Brescia, Cremona, Mantova, Valcamonica e Valtellina
- Centro-Sud.
Le macro-aree avranno un proprio livello di autonomia e continueranno ad essere suddivise in ambiti territoriali (seppur con funzioni ridotte rispetto a quelle svolte dalle attuali direzioni territoriali). (vedi tabella nel volantino in pdf allegato)
LA CHIUSURA DELLE FILIALI
Si prevede la chiusura di circa 280 punti operativi “in arco di piano” (entro il 2019) di cui 130 in relazione alla banca unica e alle conseguenti sovrapposizioni. Gli sportelli passerebbero così da 1529 a circa 1.250.
Nel contempo si intende realizzare il rinnovamento di oltre il 40% della rete fisica, in particolare riducendo la tradizionale attività di cassa, attraverso quella che viene definita “una forte spinta sul cashless”, a vantaggio del “tempo commerciale”.
I LIVELLI OCCUPAZIONALI
Con un’operazione definita di ricambio generazionale il gruppo ipotizza l’uscita di circa 2.750 risorse e l’ingresso di circa 1.100 “nuove professionalità a sostegno del cambiamento del modo di fare banca”.
I dipendenti del gruppo passerebbero così, già nel 2019, da circa 17.700 a 16.050.
Per 1.300 uscite si intende fare ricorso all’accesso volontario al fondo di solidarietà di settore (prepensionamento).
Una riduzione complessiva di circa 8001 risorse è inoltre attesa in base al meccanismo definito della natural attrition (con questa espressione si indicano le cessazioni che anche in condizioni normali si determinano per dimissioni, pensionamenti, ecc.); per le restanti 650 unità previste in riduzione sono indicate come strumento non meglio precisato “altre iniziative di piano”, che dovranno essere oggetto del confronto sindacale che si svilupperà nei prossimi mesi.
LE NOSTRE CONSIDERAZIONI
Il Piano Industriale prende avvio all’interno di uno scenario che già risultava complesso nelle settimane scorse e che ora ha subito una ulteriore drammatizzazione a seguito della Brexit: la sua presentazione secondo i tempi annunciati in precedenza rappresenta quindi di per sé una scelta coraggiosa; così come ambizioso risulta il piano stesso.
La solidità patrimoniale del gruppo e l’attenzione alla qualità del credito sono indicati come il punto di partenza da cui sviluppare un progetto che sembrerebbe non essere basato sulla solita logica di riduzione dei costi: si preannunciano investimenti a supporto della componente ricavi e si individuano nuove linee di business (es. prodotti legati al welfare integrativo per i privati, attività di supporto e consulenza alle aziende): al riguardo potremmo ritenere che vi siano alcuni punti di contatto con la proposta di un “nuovo modello di banca” sostenuta da parte sindacale durante la vertenza per il rinnovo del CCNL.
Tutto bene, allora? Al di là di alcuni presupposti che lascerebbero ben sperare non possiamo non esprimere alcune riserve.
La chiusura delle filiali
La chiusura delle 280 filiali determinerà una flessione del 18% rispetto agli attuali punti operativi: quasi 1 su 5. Una riduzione assai significativa che, per quanto definita come “razionalizzazione”, “ottimizzazione” e “semplificazione”, induce a temere ulteriori passi nella direzione dell’abbandono dei territori. Saranno 130 le filiali chiuse per banca unica: davvero sono così tante le sovrapposizioni che si determineranno?
I livelli occupazionali e le condizioni di lavoro
Accogliamo con favore la previsione di 1.100 inserimenti ma non abbiamo ricevuto sufficienti spiegazioni rispetto alla presunta necessità di ridurre di: 2.750-1.100=1.650 unità il numero degli addetti (considerato che banca unica libererebbe “solo” 600 risorse). Può sorgere il timore che l’abbattimento dei livelli occupazionali sia definito sulla base di obiettivi di riduzione dei costi e non misurando le effettive esigenze operative e i carichi di lavoro. A proposito di carichi di lavoro, il Consigliere Delegato ha auspicato che i dipendenti del gruppo abbiano di fronte a sé la prospettiva di sfinirsi di lavoro.
Possiamo rassicurarlo. Già avviene (ma i vertici aziendali conoscono le reali condizioni di lavoro?).
Aggiungiamo poi che avremmo preferito un richiamo esplicito alla necessità che il “lavorare tanto” trovi come limite le disposizioni contrattuali e la tutela della salute psico-fisica delle persone.

In ragione delle preoccupazioni espresse, affronteremo la trattativa che si aprirà nei prossimi mesi con il duplice obiettivo di ridurre al minimo le ricadute negative e di provare a cogliere l’occasione per il positivo superamento di quei “muri” (come lo stesso Massiah li ha definiti, accennando ad una sorta di autocritica) che tuttora dividono le aziende del gruppo e i rispettivi dipendenti e che minano alla base spirito di appartenenza e senso di comune identità.
Comunicato Incontro 29 giu 2015