Nuoro, 3 Dicembre 1998: la guardia forestale Pier Paolo Cardia uccide la moglie Annamaria con un colpo di pistola alla tempia mentre la piccola figlia Vanessa di 6 anni gioca nella stanza accanto. Condannato a 14 anni e 6 mesi con rito abbreviato, ma libero dopo solo 8 anni, appena esce dal carcere chiede di percepire la pensione di reversibilità della moglie uccisa, togliendola alla figlia a cui scrive: “il 50% della colpa è di tua madre”.
In ogni paese il modo di essere donna e di vivere la propria femminilità è differente, ciascuno ha la propria cultura, ma i maltrattamenti e le violenze che le donne subiscono da parte degli uomini hanno ovunque la stessa identica matrice nello squilibrio di potere e le stesse identiche conseguenze nella violazione dei diritti fondamentali alla vita, all’integrità fisica e psichica, alla salute, alla dignità e alla libertà, ossia a quei valori inviolabili della persona sui quali si fonda ogni ordine civile.
Le donne non sono le uniche vittime di questo fenomeno devastante: vittime innocenti, e incolpevoli, sono molto spesso i bambini, i figli delle vittime e dei carnefici. La loro piccola vita è stravolta: la famiglia, il luogo privilegiato per la soddisfazione del bisogno di affettività, che dovrebbe donare al bambino la sicurezza indispensabile per un adeguato sviluppo psicofisico, la base per la costruzione dell’identità, è annientata e distrutta. Quel luogo sicuro non esiste più. Quando non c’è la famiglia, quando vengono a mancare gli adulti significativi con cui costruire quel legame unico e fondante l’identità, il bambino è pervaso da un profondo senso di disorientamento e abbandono. Dal 2000 a oggi sono oltre 1600 i figli di donne uccise dal partner costretti a vivere nel dolore tra innumerevoli difficoltà economiche e socio-assistenziali. I numeri sono drammaticamente in crescita: il 2015 ha visto 118 orfani in più rispetto all’anno precedente. Questi bambini sono “orfani due volte”, come dice la Presidente della Camera Laura Boldrini, ”perché hanno visto la loro mamma uccisa per mano del padre.” Sono, inoltre, vittime di un sistema giudiziario che non li tutela in modo adeguato e che spesso è ingiusto. Proprio per tutelare questi bambini il deputato di Centro Democratico Roberto Capelli ha depositato l’11 maggio a Montecitorio la proposta di legge “Modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici”. Il testo, sottoscritto anche da parlamentari di altri gruppi, e presentato contemporaneamente al Senato da Luciano Uras di Sel, è stato ideato ed elaborato da Annamaria Busia, avvocatessa e Consigliera Regionale Sarda, partendo proprio dalla storia di Vanessa Mele (la bimba di 6 anni di Nuoro che, appena maggiorenne , chiese e ottenne di poter cambiare il proprio cognome da Cardia – cognome del padre assassino – in quello della mamma). La “proposta di legge nasce dall’esigenza di garantire maggiore tutela ai figli orfani di un genitore quando sia stato il coniuge a ucciderlo. L’omicidio del coniuge, infatti, comporta per i figli della vittima la perdita non solo del genitore ucciso, ma anche del genitore autore del delitto. Come dimostrano molti recenti casi di cronaca, al dramma della violenza e della perdita del genitore per i figli si aggiungono innumerevoli difficoltà di ordine pratico ed economico, che la proposta di legge intende attenuare.” (R.Capelli)
Il testo della legge prevede il gratuito patrocinio per i figli delle vittime uccise dal coniuge se minori, maggiorenni non autosufficienti o maggiorenni fino all’età 26 anni, a prescindere dal reddito, così come già previsto dalla legge per il reato di stalking. L’elemento centrale della proposta è l’indegnità a succedere, ossia l’esclusione automatica dall’eredità dei beni del coniuge ucciso senza necessità alcuna che si debba intentare una causa civile L’obiettivo della proposta di legge è di sospendere alcuni diritti, come quello alla reversibilità della pensione e all’asse ereditario, a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio dell’indagato, anticipando così gli esiti della sentenza di condanna. Il testo introduce, inoltre, la provvisionale (somma che il giudice assegna come liquidazione provvisoria alla parte vincente, in attesa che venga definitivamente accertato quanto in totale le è dovuto) obbligando il giudice, in sede penale, ad accordare ai figli il 50% del risarcimento presunto già con la sentenza di 1° grado ed il sequestro conservativo dei beni dell’omicida. Vanessa Mele, che oggi vive a Liverpool dove sta frequentando un corso di criminologia, presente alla Camera dei Deputati il giorno della presentazione della proposta di legge, ha dichiarato che questa «rappresenta un primo passo. Io chiedo che non marcisca nei cassetti, che venga calendarizzata il prima possibile. Perché non voglio che nessun altro debba andare incontro a tutte le ingiustizie che ho subito io». Ci uniamo all’appello di Vanessa e ci auguriamo che, in tempi brevi, si possa giungere all’approvazione della legge in modo corale, superando tutte le divisioni e i particolarismi, in nome non solo della giustizia, ma di quell’amore che ciascuno di noi, donna o uomo, madre o padre che sia, prova per i propri figli. A questi bambini occorre dare voce e rispetto, per ridare dignità a una società che davvero possa definirsi civile.
Maggio 2016
Esecutivo Nazionale Donne