“La Toscana si trova ad essere insieme al Veneto la regione più coinvolta dalla crisi e riorganizzazione del sistema del credito.
Un sistema che in tutta Europa ha attraversato e attraversa situazioni difficilissime, in Italia accentuate dai ritardi della politica nell’assumere iniziative come quelle decise in passato da Germania, Spagna, Gran Bretagna e altri paesi minori ed oggi improponibili per le norme sul “bail In” del quale (come dimostra la cronaca) si sono sottovalutati i rischi.
Nella nostra regione di fronte a sofferenze che sia pure in lieve rallentamento superano ampiamente i 16 miliardi e saranno assorbite in molti anni a livelli di crescita dell’1-1,5% come quelli previsti, non essendo valutabile, al netto degli interventi decisivi sulle ricapitalizzazioni, quanto il Fondo Atlante recentemente costituito riuscirà a incidere, sono in discussione migliaia di posti di lavoro e ruolo e funzione di quasi tutti gli Istituti presenti.
Il controllo totale di Banca Popolare di Vicenza da parte del Fondo Atlante con possibile cessione di parte delle quote a Fondi di investimento, rilancia incertezze sulla prospettiva e quindi sui circa 900 dipendenti della ex CariPrato; cosi come da definire è l’esito del processo di fusione tra Banco Popolare con i suoi 1.600 dipendenti toscani (ex Casse di Risparmio della costa) e BPM, quello della crisi di Carige con i 500 dipendenti nella nostra regione di Banca del Monte di Lucca ed ex CariCarrara su cui sono puntati gli interessi di un noto Fondo americano, la scomparsa ( e non è solo questione di marchi) delle casse della Toscana centrale, l’incerto assetto futuro di MPS e poi le banche locali.
La situazione di Cassa di Risparmio di Volterra con la quale è in corso una dura vertenza sindacale e Cassa di San Miniato ( oltre 1.000 dipendenti) e le incertezze sul futuro acquirente delle 4 banche salvate ( solo Etruria ha 1.500 dipendenti in Toscana) completano il quadro.
Non è chiaro quanto il DL 59 del 3 Maggio scorso possa contribuire con l’intervento sui tempi di escussione dei crediti bancari nelle procedure concorsuali ad allentare le pressioni sugli istituti, magari senza apportare danni ai creditori privilegiati in primo luogo i lavoratori, ma certo serve a mettere l’Italia in linea con gli altri paesi.
Tuttavia i rischi immediati che noi vediamo, sono quelli di processi che svuotino ancor più il legame col territorio di un’infrastruttura come il credito, con governance “lontane” legate a prese di benefici più che a prospettive di sostegno al sistema economico, riduzione secca dei dipendenti, impoverimento dei servizi, ulteriore sbilanciamento sulla vendita di ogni genere di prodotto con relative pressioni insostenibili sui dipendenti, che mirando a puntellare i bilanci, lascino come residuale l’attività di credito come supporto alle famiglie, alle imprese e allo sviluppo. Il processo di concentrazione insomma, che ad esempio negli USA è messo in discussione, porta con sè anche rischi, non sempre le fusioni fanno patrimonio, come dimostra l’esperienza di queste settimane, scarsa vicinanza al territorio ed è dubitabile che le BCC, pure in fase di riordino, colmino il vuoto. Ecco perché, mentre continuiamo l’azione contrattuale che ha portato ad accordi in tutti i più importanti gruppi su codici relativi alla vendita di “prodotti”, crediamo si debba aprire un tavolo di confronto con ABI e con il Governo centrale come chiediamo a livello nazionale, così come sarebbero apprezzabile che a livello di Istituzioni territoriali, a partire dalla Regione, si facesse il punto sui rivolgimenti del sistema del credito che hanno un’evidente, strettissima connessione con lo sviluppo locale. Che al di là degli annunci, segna nei primi mesi dell’anno un saldo negativo tra creazione e distruzione di lavoro indeterminato in questa regione di circa 3.500 unità”.
Daniele Quiriconi
Segretario Generale FISAC Toscana
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