Donne: Il Lavoro “Invisibile” del Caregiver Familiare

Il welfare da sempre è legato a doppio filo con le donne. Da un lato, i profondi cambiamenti intervenuti nella nostra società, in forza dei quali il lavoro remunerato delle donne è divenuto sempre più parte integrante della loro esistenza, hanno profondamente trasformato il ruolo sociale ed economico della donna, dall’altro lato, è rimasta sostanzialmente immutata la divisione del lavoro di cura/familiare. La conseguenza è che sono principalmente le donne a doversi confrontare con la quotidiana ricerca del giusto equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare, costrette talvolta alla difficile scelta fra il ruolo di madre e moglie e/o quello di lavoratrice e spesso a rinunciare al tempo per la realizzazione di sé e delle proprie passioni.
La difficile conciliazione sta quindi diventando uno dei problemi che chi ha la fortuna di avere un lavoro deve affrontare, al punto tale che la promozione di misure di work-life balance suscita un crescente interesse sollecitato, oltre che dalla partecipazione femminile al mercato del lavoro, anche dal calo della natalità e dall’incremento della popolazione anziana.
Nel nostro Paese, a differenza di quanto avviene già da tempo negli altri Stati europei, si registrano forti ritardi nella presa di coscienza del ruolo fondamentale del lavoro di cura svolto in ambito familiare, principalmente dalle donne, nei confronti delle persone non autosufficienti. Con il termine caregiver familiare “si identificano coloro che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, aiutano una persona cara in condizioni di non autosufficienza, non in grado, cioè, di prendersi cura pienamente di sé per motivi cognitivi o per specifiche limitazioni fisiche o psichiche”. L’Istat ha stimato che in Italia sono oltre 3 milioni i caregivers che assistono disabili, malati e anziani e che, nel 90% dei casi, sono donne nella fascia compresa tra i 45-55 anni, per un totale di oltre 7 miliardi di ore di assistenza all’anno (in media circa 8-10 anni di assistenza). Nel nostro Pese, il lavoro di cura è ancora fortemente condizionato dagli stereotipi di genere e dalle carenze di politiche organiche e strutturali di conciliazione. La complessità dei compiti e la funzione fondamentale che i caregivers svolgono, non solo per l’assistito ma anche per la famiglia e per l’intera società, non sono capiti né supportati. Il caregiver vive un forte senso di solitudine associato a una costante e inesorabile perdita delle relazioni amicali e, spesso, alla fuoriuscita dal mercato del lavoro stante l’impossibilità di conciliare la sfera pubblica e quella privata. Sono queste persone ad aver sorretto il sistema di welfare italiano “in nome di un sentimento affettivo o di un senso di dovere filiale. Un impegno nella cura che, con il prolungarsi della durata temporale dello stato di non auto sufficienza del familiare assistito, rischia di far entrare in un circuito vizioso le vite di milioni di donne e di famiglie(…..) Non a caso molti caregivers, dopo alcuni anni di lavoro assistenziale, accusano disturbi alla salute riconducibili a forme di stress e depressione” (Loredana Ligabue Direttore Anziani e non solo soc. coop.) Finalmente, anche nel nostro Paese, si comincia a lavorare per promuovere delle leggi che facciano uscire dall’invisibilità il lavoro del caregiver e giungere a un suo pieno riconoscimento giuridico (solo l’Emilia Romagna ha dal 2014 una legislazione in materia). Una proposta di legge in materia è stata presentata il 31 marzo alla Camera, con il titolo “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di cura e assistenza familiare”, primo firmatario Edoardo Patriarca, dall’associazione Anziani e non solo e Carer Emilia Romagna (lo stesso testo è stato depositato al Senato con primo firmatario Ignazio Angioni). Una precedente proposta, depositata al Senato già alla fine dello scorso anno con il titolo “Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”, prima firmataria Laura Bignami, è stata presentata a Palazzo Madama il 6 aprile. Un’ulteriore proposta, “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno dell’attività di cura e assistenza”, prima firmataria Vanna Iori, è stata depositata alla Camera nel novembre scorso.
Le tre proposte, pur mirando tutte al riconoscimento giuridico del lavoro del caregiver familiare, si differenziano tra loro poiché indirizzano gli interventi su differenti piani. La prima proposta punta alla flessibilità nel mondo del lavoro con la previsione di specifici permessi lavorativi, alla creazione di una rete di supporto e, dal punto di vista economico, propone la detrazione fiscale o un credito d’imposta. La seconda proposta promuove la tutela su quattro piani: quello previdenziale (contributi figurativi), quello della salute (stesse tutele delle malattie professionali), quello assicurativo (copertura assicurativa a carico dello Stato) e quello del lavoro e del reddito (il caregiver familiare è equiparato ai soggetti beneficiari della legge 68/1999 ai fini del riconoscimento del diritto al lavoro). La terza proposta si caratterizza con la richiesta di pensionamento anticipato per i caregiver, con particolare riguardo alle donne lavoratrici.
A prescindere, però, dalle diverse proposte presentate, e dal dibattito politico che ne seguirà, il dato importante è rappresentato dal fatto che, finalmente, anche in Italia si è giunti a comprendere l’importanza, non solo sociale ma anche economica, dei caregivers e ad attivarsi con la predisposizione di proposte concrete di giustizia sociale per il riconoscimento della legittima dignità a tutte quelle persone, in maggioranza donne, che a lungo sono rimaste invisibili.
In questa società globale, in cui le discriminazioni sono aumentate, elemento cardine è il rispetto di ciascuna persona, e il welfare è lo strumento per perseguire il pieno riconoscimento del lavoro invisibile delle donne e la piena occupazione femminile attraverso la previsione di misure di conciliazione e una rete integrata di servizi che ci consenta di costruire una società migliore, più giusta e solidale.

Aprile 2016
Esecutivo Nazionale Donne
Documento

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