E’ stato presentato ieri lo studio annuale condotto sulle disuguaglianze nel benessere dei bambini in 41 paesi dell’Unione Europea (UE) e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
L’analisi valuta principalmente la “disuguaglianza nella fascia più bassa”, ossia il divario fra i bambini nella fascia più bassa della distribuzione e quelli nella fascia media, e affronta la questione “fino a che punto si permette che i bambini restino indietro?” in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.
Le diseguaglianze sono analizzate in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita.
La Danimarca è in cima alla classifica (presenta cioè il valore minimo di diseguaglianza tra i bambini), mentre Israele è nella posizione più bassa in tutti gli ambiti analizzati.
In 19 dei 41 Stati per i quali sono disponibili i dati, oltre il 10% dei bambini vive in famiglie che dispongono di meno di metà del reddito medio.
Mentre la disuguaglianza nell’ambito della tutela della salute è aumentata in quasi tutti gli Stati tra il 2002 e il 2014, il divario nell’accesso ad attività fisiche, a un’alimentazione adeguata e all’alfabetizzazione è diminuito attenuato nella maggior parte dei paesi considerati.
Inquietanti i dati che riguardano l’Italia, tra i fanalini di coda della graduatoria complessiva.
«Nel divario reddituale, l’Italia è al 35° posto su 41 paesi UE/OCSE, in quello relativo ai risultati scolastici è al 22° posto su 37 paesi. Quanto alla disuguaglianza relativa nell’ambito della salute, l’Italia si colloca al 28° posto su 35, e al 22° nella graduatoria sulla soddisfazione nei confronti della propria vita» commenta il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera. «Considerando tutte le dimensioni della diseguaglianza, la posizione media dell’Italia è la 32° su 35 paesi».
In tutta l’area OCSE, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso il rischio povertà si è progressivamente trasferito dagli anziani ai giovani.
Tali sviluppi rendono ancora più urgente la necessità di monitorare il benessere dei bambini più svantaggiati, ma la disuguaglianza reddituale comporta anche conseguenze a lungo termine per la società, andando a colpire il livello di istruzione, condizioni di salute e persino la crescita economica.
Come considerazione complessiva non si può non valutare che questa triste arretratezza di alcuni membri della società compromette non solo la qualità della vita di molti bambini oggi, ma il futuro del Paese e che questo è il risultato di decisioni politiche.
Clicca qui per il testo dello studio dell’Unicef.