Il Masterplan per il Sud, le cui linee guida sono state esposte in modo trionfalistico dal Premier lo scorso novembre e che secondo le indicazioni del Governo avrebbe dovuto essere definito concretamente entro lo scorso gennaio, giace ancora inattuato.
Per tentare di superare la fase di stallo delle politiche nazionali sul Mezzogiorno, le organizzazioni sindacali CGIL , CISL e UIL e Confindustria hanno elaborato il documento programmatico ‘Impresa e lavoro: le proposte di Confidustria e CGIL, CISL e UIL sul Masterplan per il SUD’(documento iniziativa congiunta) , che contempla una serie di proposte di interventi per la ripresa di un’area di 20 milioni di abitanti che si caratterizza per i più bassi livelli crescita del PIL e di reddito medio procapite nel contesto dell’Unione Europea, vincolando l’intero paese a tassi di sviluppo impercettibili.
CGIL CISL e UIL nell’ultimo incontro con il Governo, in cui mancava però il premier, hanno evidenziato l’incertezza sui tempi e modalità di attuazione del Masterplan e quindi l’urgenza di attivarsi per accelerarne la messa in atto tenendo conto delle indicazioni fornite dalle parti sociali, che ne hanno in parte corretto la genericità e l’incompletezza.
Questo confronto, i cui esiti restano tutti da verificare, non può esimerci dal denunciare con forza la mancanza di una strategia complessiva sul futuro del Mezzogiorno, senza la quale anche questo tanto pubblicizzato Masterplan si risolverà in un programma di razionalizzazione dei programmi di spese dei fondi strutturali stabilito per il 2014-2020 con l’Accordo di partneriato.
L’utilizzo delle risorse stanziate per il Mezzogiorno, fondi europei e cofinanziamenti nazionali insieme al fondo di Sviluppo e Coesione per il Mezzogiorno – risorse quantificate in circa l’80% dei 39 miliardi che costituiscono la complessiva dotazione del fondo per il periodo 2014-2020 -, non è stato ancora programmato ad eccezione del miliardo e seicento milioni destinato ad inizio febbraio per la banda larga, di cui però, in una plastica dimostrazione di cattiva volontà dell’esecutivo, il 96% è stato destinato a progetti localizzati nelle regioni del Centro-Nord.
Anche il credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture di imprese localizzate al Sud, che impiega risorse programmate per 617 milioni di euro all’anno per il periodo 2016-2019, non può essere ancora utilizzato perché ad oggi non è stata emanata la Circolare dell’Agenzia delle Entrate, prevista per febbraio, che doveva regolarne le modalità attuative ed i criteri di utilizzo del credito.
Quel che, tuttavia, ci preme anche sottolineare è allo stato l’assenza su questo campo di proposte da parte dell’ABI e del settore bancario locale che rispecchia, in ultima analisi, la frammentazione tra gli attori della scena economica meridionale. Il documento congiunto di Sindacato e Confindustria che definisce linee guida (lavoro, impresa, infrastrutturazione materiale e immateriale del territorio ed efficienza amministrativa) per la ripresa del Mezzogiorno non contiene alcun capitolo dedicato al credito locale proprio per effetto del mancato contributo alla sua redazione di esponenti del settore.
Eppure il mondo bancario è un attore strategico centrale per la ripresa dell’area, soprattutto dopo anni di tagli della spesa pubblica e di contrazione degli incentivi governativi al settore produttivo locale in nome del ‘pareggio di bilancio’. Le ricadute per il settore creditizio di una ripresa economica locale sono evidenti e giustificherebbero una maggiore partecipazione nella discussione in corso, soprattutto tenuto conto che negli ultimi anni il settore è stato destinatario di numerosi interventi legislativi e di misure di politica monetaria finalizzate a potenziare il ruolo delle banche quali attori della crescita locale in sostituzione della crescita indotta per public deficit spending.
Deve essere chiaro, e come Dipartimento Mezzogiorno della Fisac lo dichiariamo a voce alta, che la separazione tra le organizzazioni sindacali e imprenditoriali con esponenti del mondo bancario indebolisce l’azione di proposta e rivendicazione della società e dell’economia meridionale nei confronti del Governo e degli enti locali per il varo di un organico piano di sviluppo.
La mancanza di comunicazione tra sindacati, imprenditori e sistema bancario e l’assenza di coraggio da parte delle banche nel sostenere l’economia locale attraverso il rilancio del credito rappresentano quindi veri nodi che riducono progressivamente le possibilità di uno sviluppo economico adeguato alle potenzialità del Mezzogiorno. Specialmente in un contesto congiunturale caratterizzato dalla contrazione delle politiche di spesa a livello nazionale, è centrale per la ripresa del paese un nuovo ruolo del sistema bancario che assista l’imprenditoria locale mediante la concessione di prestiti e fornendo servizi di consulenza in relazione all’utilizzo delle risorse comunitarie e nazionali, alla crescita dimensionale, all’apertura ai mercati esteri, etc..
Sarebbe ben strano che banchieri e manager del credito non abbiano presente le opportunità derivanti dalla ripresa del Mezzogiorno, che tutti gli economisti ritengono condizione necessaria per uno sviluppo del Paese non impercettibile quale quello finora registrato. Il minimo quindi che ci aspettiamo è che anche da tale settore pervengano contributi e proposte che siano d’ausilio ai policy maker centrali e locali per giungere finalmente alla stesura di un concreto, realizzabile ed organico programma di sviluppo meridionale.
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