C’è un famoso modo di dire “si nasce incendiari e si muore pompieri” che interpreta la maturazione delle persone, la capacità nel tempo di diventare maggiormente riflessivi, capaci di ponderare le proprie azioni per ottimizzarne l’effetto. Evidentemente questa evoluzione deve essere stata interpretata al contrario dagli organismi di Bankitalia se seguiamo quanto viene riportato dai giornali in questi giorni. Ma partiamo dall’inizio: Quando a fine 2015 il Governo ha autorizzato la procedura di risoluzione delle quattro aziende bancarie in crisi ha destato un certo scalpore che ne venisse autorizzata la cessione delle sofferenze ad una percentuale di appena il 14,7% del valore, una miseria rispetto a quanto fino a quel momento si era realizzato non solo in Italia ma anche in Spagna, Irlanda, Slovenia, altri paesi interessati da crisi bancarie; Oggi i giornali ci svelano che quella percentuale del 14,7% fu ritenuta congrua dalla Commissione Europea che seguiva l’intera procedura in quanto solo pochi giorni prima (il 17 novembre) i Commissari di Bankitalia presenti in Pop. Etruria avevano effettuato una cessione di crediti in sofferenza per 284 mln di euro a Fonspa ad un valore netto contabile del 14,7%. Un valore molto più basso persino di quanto realizzato in Slovenia (20%) tra l’altro nel caso Pop. Etruria con una percentuale interna all’operazione di crediti non garantiti di solo il 3% contro il 5% del caso sloveno. Pertanto Bankitalia ha autorizzato Pop. Etruria, solo pochi giorni prima che si completasse la procedura che riguardava le quattro banche, a fare una operazione sul mercato che oggi qualcuno definisce “svendita”, che è divenuta il riferimento del sistema, e che certamente ha già avuto un effetto domino sui 10.559 risparmiatori che detenevano i 329,2 milioni di euro di subordinate di quelle banche, e lo sta avendo oggi su tutto il sistema bancario nazionale. Oggi infatti quel 14,7% è ritenuto il valore di riferimento del mercato per la cessione delle sofferenze, la stessa Bankitalia sta continuando a esercitare pressioni sul sistema per innestare continuamente nuovi capitali (dove si troveranno ancora non si sa) per comprimere il valore delle sofferenze in bilancio e renderlo prossimo a quella percentuale, nonostante vi siano azienda bancarie che gestendo in proprio il recupero delle sofferenze arrivano a realizzare su queste percentuali dal 60% al 70%. Ma nell’economia nazionale queste decisioni che effetto hanno ?? Bhe, è evidente che quando si ritiene che le banche abbiano pochi capitali per sè difficilmente possono fare operazioni di affidamento per dare sostegno finanziario sia alle aziende che ai privati. È, come si dice, un cane che si morde la coda. Tra l’altro alle banche in Italia vengono richiesti in partenza requisiti di capitalizzazione ben superiori a quello che succede nel resto dell’Europa, anche questo immaginiamo su incipit di Bankitalia. Quindi, un settore quello bancario che da sempre è centrale per l’economia di un paese che deve “svendere” o svalutare le proprie sofferenze ad una percentuale determinata senza che queste siano nemmeno state valutate da organismi indipendenti. Così facendo indebolisce ulteriormente la propria situazione patrimoniale già segnata dal periodo di crisi, con il risultato di non riuscire a sostenere il credito all’economia reale. No money no party, senza sostegno finanziario le aziende difficilmente potranno recuperare dalla crisi e quindi a rimetterci alla fine della fiera saranno le aziende, i lavoratori e tutti i risparmiatori già coinvolti nel crac. Forse nemmeno Nerone avrebbe potuto immaginare una situazione così.
BANKITALIA DA POMPIERE A INCENDIARIO