Le politiche attive possono realmente esercitare un ruolo di sostegno per i lavoratori, i giovani, occupati e no, per far ciò occorrerebbe tuttavia, investire su di esse con significative risorse aggiuntive certe e quindi non frutto di possibili economie.
Il loro buon funzionamento può determinare condizioni capaci di assorbire, almeno in parte, le storiche contraddizioni di un mercato del lavoro nazionale privo, fino ad oggi di un sistema di politiche attive, di una cultura ed una strutturazione dei servizi all’ impiego che solo grazie ad un reale cambio di indirizzo potrebbe, nel tempo, produrre i risultati che l’ultima riforma del lavoro promette ma ancora non sostiene.
La nota “seconda gamba” di riforma del mercato del lavoro, quella che dovrebbe accompagnare le scelte in materia di politiche passive, nuovi ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, e nuova disciplina in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, ad oggi non può ancora muovere passo in ragione della pesante inerzia del Governo in merito, a partire dall’avvio effettivo e formale, di tutti gli adempimenti legislativi previsti per l’entrata in funzione dell’ANPAL, Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro.
Affinché l’ANPAL possa entrare in funzione necessitano, infatti, alcuni provvedimenti fondamentali quali il reale insediamento del Presidente nonché Amministratore unico di Italia Lavoro, l’approvazione dello Statuto e del regolamento dell’Agenzia, la nomina del Direttore generale e la definitiva approvazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri del decreto relativo alla gestione delle risorse economiche e umane, ovvero le modalità per il loro trasferimento dal MLePS e ISFOL ad ANPAL.
La produzione di tali provvedimenti, oggi assolutamente urgenti, dovrà andare di pari passo con l’istituzione del previsto Consiglio di Vigilanza, organismo che, come è noto, ha e dovrà avere una diretta responsabilità sia per la formulazione di proposte sulle linee di indirizzo generale e sugli obiettivi strategici oltre che sull’azione di vigilanza ‘generale’ e sul loro perseguimento.
Nel ritenere condivisibile che la gestione delle politiche attive per il lavoro risieda nelle responsabilità di un unico impianto pubblico e nazionale, giudichiamo doveroso segnalare il rischio che la gestione dell’Art. 11 DL.150/15, ovvero l’organizzazione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro a livello regionale e delle Province
Autonome, da realizzarsi attraverso l’attuazione di singole Convenzioni tra MLePS e le Regioni stesse, possa determinare un’eccessiva diversificazione di risorse, strumenti a disposizione e quindi anche di risultati. Visti gli esiti delle diverse convenzioni firmate e in particolare riferendoci alle differenze nella gestione dei vari sussidi di collocazione, sia per importi che per responsabilità, modalità di distribuzione e controllo, la preoccupazione di avere una forte differenza di attuazione dei risultati è sin da ora, cioè ancor prima che la “chiave sia inserita”, oggettivamente alta.
Sulle politiche attive non possiamo permetterci una disomogeneità applicativa territoriale come quella che potrebbe emergere ad esempio dalla gestione del voucher di ricollocazione erogato in forma variabile, lo stesso dicasi per le responsabilità affidate agli Enti accreditati.
Per questi ultimi, inoltre, occorrerà prestare particolare attenzione al loro livello di autonomia ed alla reale e trasparente capacità di controllo full time dell’Agenzia ai vari livelli, al fine di evitare un possibile gioco al ribasso della qualità dei servizi in ragione di pratiche di accaparramento di risorse, alla stregua di quanto già visto con la Youth Guarantee.
Pari attenzione all’evitare pericolose differenziazioni dovrà essere posta ai processi di erogazione dei servizi quali i patti di servizio personalizzati, i modelli di profilazione, la gestione dell’ASDI.
Infine va assunto il principio per il quale le relazioni tra CpI ed Enti accreditati debbano concretizzarsi esclusivamente dentro una logica di complementarietà nella certezza che ai primi spettino le responsabilità territoriali di governo.
ANPAL: Agenzia Nazionale per le Politiche del Lavoro
La Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, prevista dall’art 1 del D.lgs.n.150/15, vede al centro nelle vesti di soggetto di Coordinamento di tutte le attività della Rete, l’ANPAL.
La rete ingloba, oltre a diverse istituzioni pubbliche, anche l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale (ISFOL) e Italia Lavoro, soggetti che come è noto, sono impegnati il primo sul piano della ricerca in materia di qualità del lavoro e la seconda nel ruolo di proposta e assistenza per i CpI in materia di Formazione.
E’ di assoluta importanza che i due soggetti, dentro l’azione complessiva della Rete e di ANPAL, non snaturino la loro storica missione.
Per questa ragione riteniamo che la riscrittura dei loro statuti debba essere conforme e coerente con quella che fino ad ora è stata la loro positiva e storica vocazione. Ciò deve avvenire anche per il loro personale, dipendenti e collaboratori, che deve essere tutelato nella continuità e nella stabilità del posto di lavoro così come per il loro livello di qualità professionale.
Inoltre, vista la nostra forte e condivisa volontà che tutto si avvii il prima possibile e soprattutto nel migliore dei modi, non riusciamo proprio a capire la pervicacia che talvolta sembra trasparire in alcuni atteggiamenti governativi/istituzionali nel non creare le migliori
condizioni per i lavoratori da trasferire subito in Anpal, generando conseguentemente inutili malumori, pericolosi conflitti “a prescindere” ed eventuali dannosi contenziosi.
Appare poi del tutto incomprensibile, visto ciò che traspare dagli atti depositati in Parlamento, l’idea che tutti gli strumenti operativi deputati a mettere in relazione tra loro i temi della Formazione del Lavoro, anziché essere messi in capo all’ANPAL, continuino a restare attribuiti al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e in particolare alla sua direzione generale per le politiche attive e i servizi per il lavoro. Questo appare ancor più inspiegabile visto quanto normato dall’art.4, comma 5, del D.lgs. 150/15 che dichiara soppressa tale Direzione.
Centri per l’Impiego
Il piano di utilizzo coordinato di fondi nazionali e regionali, come definito nell’ambito delle convenzioni con le Regioni, prevede una spesa del MLePS per il funzionamento dei servizi per l’impiego, biennio 2015-2016 , pari a circa 370 milioni di euro, risorse che sono a mala pena sufficienti per la retribuzione del personale nella già difficile situazione preesistente e non certo in un’ottica di innalzamento dei livelli qualiquantitativi come dovrebbe invece essere.
Il nuovo modello organizzativo richiede infatti logicamente ed obbligatoriamente un investimento nelle strutture regionali e locali per finanziare progetti di riqualificazione del personale a partire dal bisogno di formazione per gli operatori dei CPI che, in particolare per effetti prodotti dalla complessità della gestione della disciplina della cosiddetta “condizionalità”, rischiano di scontare deficit professionali irrecuperabili compromettendo il sistema di origine.
I Decreti legislativi prodotti a seguito della Legge Delega 183 del 10 dicembre 2014, hanno determinato per i Centri per l’Impiego oltre ad un sensibile aumento del carico di lavoro, anche l’urgente necessità di aggiornare in modo puntuale le competenze professionali per essere all’altezza delle diverse responsabilità e compiti.
Occorrerà in tal senso procedere in fretta con un piano di assunzioni di giovani laureati e da impegnare in particolare nelle funzioni più innovative così come previsto dall’art.5, comma 3, del D.lgs.150/15, così come definire urgentemente l’avvio di un percorso di stabilizzazione degli operatori precari ponendo così fine anche alle ambiguità prodotte dal passaggio della loro titolarità dalle province alle regioni.
I finanziamenti ai CPI dovranno poi arrivare in modo puntuale e rispondente alle necessità.
Questa condizione deve valere ancor più per le situazioni dove la presenza pubblica non è sufficientemente forte ed autorevole per sostenere nuovi servizi e nuovi spazi d’intervento in favore dell’occupazione, evitando in questo modo che i CpI assumano nel territorio un ruolo marginale nei confronti degli Enti accreditati.
Infine i CpI, in ragione del diritto alla mobilità delle persone, devono essere messi nelle condizioni di rappresentare una reale e funzionale emanazione di tutte le agenzie regionali del Paese.
Il ruolo del Partenariato
Un ruolo chiave nella buona riuscita del sistema integrato delle politiche attive è esercitato dal partenariato economico e sociale.
Infatti l’efficienza istituzionale va associata all’efficacia della programmazione e degli interventi.
I fabbisogni di lavoratori e imprese sono la chiave del successo delle politiche di inserimento e reinserimento. Il dialogo sociale e l’integrazione delle poltiiche attive con le politiche dell’istruzione, della formazione e con le politiche di sviluppo territoriali e nazionali, sono indispensabili al buon funzionamento della “rete perché mettono in sinergia attori e politiche”, capitalizzando le risorse a disposizione.
Come dimostrano esperienze quali “garanzia giovani” o programmi regionali di “promozione dell’occupazione con sistemi di premialità condizionati al risultato”, l’efficacia si ottiene laddove formazione e comptenze dei lavoratori si incrociano con la domanda e i fabbisogni delle imprese. Il partenariato economico e sociale riveste un ruolo sia come agente di rappresentanza degli interessi dei lavoratori sia delle imprese, sia come soggetto attivo delle reti dei servizi per il lavoro attraverso i fondi per la formazione contiua, sia come componente i comitati di sorveglianza di PON e POR.
Quella delle politiche attive è la scommessa di cambiamento più importante delle politiche del lavoro.
Il Sindacato confederale ci ha sempre creduto e lavora affinché si possa già dalla partenza del nuovo sistema avviare sulla strada giusta la “rete dei servizi per il lavoro” che diventerà il nodo cruciale attorno a cui sviluppare le politiche proattive le lavoro.
A tal fine sarebbe utile e necessario dare seguito agli impegni assunti dal Ministero il 10 luglio 2015 convocando i tavoli tematici finalizzati alla risoluzione delle vertenze dei CPI, Italia lavoro, Isfol, Ministero del Lavoro e quello per la definizione delle linee guida per gli interventi in materia di politica attiva.