Da Il Tirreno – C`era una volta il modello toscano del sistema creditizio. Poi, dal Monte in poi, il castello è crollato. Etruria, Cascina, Prato (schiacciata dal 1,4 miliardi in rosso di Popolare di Vicenza), ma anche i processi di riorganizzazione in corso nelle casse di Risparmio Livorno, Pisa e Lucca sotto l’egida del Banco Popolare. Ed oggi San Miniato, che chiude il 2015 con un meno 67,6 milioni. «La Toscana è l’epicentro della crisi e della riorganizzazione del sistema bancario», tuona Daniele Quiriconi fresco di nomina a segretario generale di Fisac Cgil Toscana che raggruppa i lavoratori del credito, assicurazioni ed appalti.
Dal crack di Banca Etruria, al destino nebuloso di Mps per cui si torna a parlare di un intervento statale, fino ai bilanci pesantemente in rosso di altre casse. L`ultimo quello presentato ieri da San Miniato. Quiriconi, che succede?
«Oltre ad Etruria e Monte dei Paschi noi siamo dentro sovrapposizioni di ruoli e processi di riorganizzazione industriale che interessano le casse di risparmi di Livorno, Pisa e Lucca e Banca Popolare. Ecco perché ho parlato di epicentro toscano, perché i lavoratori del settore sono coinvolti in un processo che ne mette in discussione ruoli, funzioni e prospettive».
Perché questo effetto a catena? Non si può imputare tutto solo alla crisi…
«Questa situazione è il combinato disposto di scelte scellerate fatte da alcuni amministratori di istituti di credito, di una scarsa selettività di prestiti, di un sistema che ha generato complessivamente in Toscana 17 miliardi di sofferenze che pesano come un macigno sul nostro sistema creditizio».
Intende dire che le banche hanno elargito male il proprio denaro?
«Sì, lo hanno fatto in maniera troppo disinvolta, per non usare un altro termine. Non si è fatta una accurata selezione. E poi, comunque, la crisi è stata un altro colpo durissimo».
In che termini?
«Soprattutto la crisi dell’edilizia. Il crollo del 30% delle aziende e degli occupati del settore, il 25% del sistema industriale che è venuto meno ha avuto pesanti conseguenze sulle banche. E questo perché in molte occasioni si è erogato credito ad aziende decotte. Così oggi gli istituti si trovano in collo centinaia di immobili che non hanno valore perché non c’è mercato. Va detto, tuttavia, che a mandare in tilt il sistema non sono state tanto le piccole imprese ma le grandi aziende».
Quali?
«Paghiamo lo scotto di una Toscana a tre velocità, quella centrale che si difende grazie ai servizi e al turismo, quella meridionale e quella costiera che invece risente in modo più forte i costi della crisi».
Cosa ne pensa della riforma del credito cooperativo. Può essere utile per evitare che altri “piccoli” cadano?
«Prima di pronunciarmi aspetto il testo che dovrà uscire dal Senato. In linea di massima, tuttavia, penso che un processo di concentrazione sia inevitabile. Occorre superare il pulviscolo di banche locali che esiste oggi».
Dai colossi, o ex tali, come Mps ad Etruria, ai più piccoli col moltiplicarsi dei segni meno. Come ne usciamo?
«Senza un provvedimento dell’Unione Europea o dello Stato che liberi i crediti incagliati assisteremo ad un’ulteriore riduzione degli impieghi. Occorre che lo Stato, in una fase comunque transitoria, si faccia carico di queste difficoltà. Si legge di un’iniezione di liquidità da parte di Cassa Depositi e Prestiti in Mps. Può essere una strada».
E concentrazioni con nuovi partner solidi?
«Magari, ma non mi pare che alle viste ci sia un cavaliere bianco pronto a comprarsi Etruria o Monte dei Paschi».
di Andrea Rocchi