[Dal sito FCRE – Osservatorio Finanza e Legalità] Nel mese di gennaio Transparency International ha presentato il Corruption Perception Index 2015, l’analisi sulla corruzione percepita nel settore pubblico e politico di 168 Paesi del mondo. Dalla presentazione al Rapporto internazionale si evince che sono ben 114 i Paesi che presentano un serio livello di corruzione pubblica, fenomeno che apre le porte a gravi violazioni dei diritti umani (lavoro minorile, tratta, devastazioni ambientali, fenomeni terroristici).
Dal Rapporto si evince come la corruzione rappresenti un serio problema per il 68% dei Paesi, la metà dei quali sono membri del G20. D’altra parte non si rileva nessuno Stato al mondo che possa definirsi completamente libero da questo fenomeno. Non mancano tuttavia i segnali positivi, tanto in aree particolarmente disagiate (Senegal) quanto nei Paesi UE (Grecia, UK), segnali che sono conseguenza anche di un lavoro di contrasto multistakeholder che ha permesso di assistere a passi avanti rispetto a quanto si rilevava nel 2012. Per contro, si segnalano però casi di Paesi in cui la situazione è peggiorata: dall’Australia al Brasile, dalla Libia alla Spagna, alla Turchia.
A livello internazionale si riscontra anche come la corruzione sia inevitabilmente legata alla presenza di situazioni conflittuali: cinque dei dieci Paesi che risultano maggiormente corrotti sono ricompresi tra i Paesi meno pacifici a livello internazionale. Al contempo, non si può escludere che Paesi assolutamente pacifici e sviluppati non rischino di sviluppare fenomeni corruttivi anche al di fuori dello Stato e, del resto, Transparency ricorda come metà dei Paesi OCSE risultino violare i propri obblighi di repressione dei fenomeni corruttivi realizzati dalle proprie imprese all’estero.
Guardando la situazione per regioni si riscontrano situazioni molto differenti: nelle Americhe si manifestano, da un lato, grandi reti corruttive, mentre dall’altro la popolazione fa sentire sempre più la propria voce contro queste dinamiche.
Sembra invece mancare lo slancio necessario per un cambio di paradigma nella lotta alla corruzione tanto nell’area Asia – Pacifico quanto in quella Europa e Asia Centrale.
Ancora più complessa è la situazione nell’area Nord Africa/Medio Oriente (funestata dai conflitti in essere molti Paesi) e dell’Africa sub-sahariana. E’ l’Italia?
I media hanno dato una buona copertura all’iniziativa organizzata da Transparency Italia per discutere la situazione del nostro Paese il quale, piazzandosi al 61° posto, ha scalato otto posizioni rispetto alla rilevazione dello scorso anno. E’ però altrettanto rilevante constatare come l’Italia resti in una posizione molto difficile rispetto agli altri Paesi UE, tra i quali solo la Bulgaria presenta una situazione più problematica, mentre una performance migliore viene registrata da Stati membri generalmente considerati come molto corrotti (Romania, Grecia).
Virginio Carnevali, Presidente di Transparency Italia, rileva come si evidenzino primi passi avanti, tra i quali l’approvazione alla Camera dei Deputati del disegno di legge sul “whistleblowing” che, se venisse approvato in via definitiva, potrebbe portare anche il nostro Paese a definire una adeguata tutela nei confronti di quelle persone le quali, assistendo a un possibile caso di corruzione nell’ambito della propria attività lavorativa, decidano di denunciarlo. Quello del whistleblowing, del resto, è solo uno degli esempi di quella che deve essere una necessaria assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori sociali nel contribuire a prevenire e contrastare la corruzione. Di fronte a un fenomeno così pervasivo per il nostro Paese l’unica alternativa non può che essere quella del coinvolgimento di tutti quei soggetti sociali i quali, peraltro, sono gli stessi che ad oggi pagano le conseguenze della corruzione in termini di sviluppo e benessere.
Leggi il report CORRUPTION PERCEPTIONS INDEX 2015