La Legge di Stabilità 2016 ha istituito una nuova forma giuridica d’Impresa, cioè la Società a beneficio comune altresì denominata Benefit Corporation (B-Corp), una formula di derivazione americana. Con poche disposizioni (commi 376 e seguenti), il nostro Legislatore ha voluto favorire la nascita e la diffusione, nel nostro ordinamento giuridico, di Società che agiscano sia con finalità di lucro, sia a vantaggio di persone, comunità, territorio ed ambiente.
La duplice natura di Impresa for profit e for benefit (duplice natura che è richiesto venga dichiarata già nell’Atto costitutivo o recepita nello Statuto e che deve essere attuata concretamente nella gestione aziendale) porta le analisi a concentrarsi in quella “terra di mezzo” tra il mondo delle Società commerciali ed il No profit, ipotizzando che la nuova tipologia di Società trovi lì l’ambito migliore per affermarsi.
Il destinatario naturale dell’innovazione (negli Stati Uniti è Legge in 32 Stati) appare, principalmente, l’Impresa for profit, un largo insieme all’interno del quale si apre un cluster di Società che, volontariamente, dichiarano di perseguire finalità di beneficio comune pur senza rinunciare all’obbiettivo del profitto. Le attività non profit organizzate in forma di Impresa (Coop sociali ed Imprese sociali) hanno già nel proprio Dna la natura di utilità sociale, dunque non sembrano (almeno in questa fase) interessate a questa iniziativa. Come, dal resto, nel grande mondo delle Aziende commerciali sono moltissime quelle che operano con criteri di sostenibilità, senza per questo sentire la necessità di dichiararlo per Statuto.
Il punto focale dell’innovazione risiede nell’obbligo programmatico: dichiarare a priori che si perseguono finalità di profitto e finalità di beneficio comune e che ciò impegna Amministratori e Dirigenti ad agire di conseguenza ed a bilanciare in modo equo strategia e gestione. La norma, dunque, da un lato vincola, ma dall’altro tutela gli Amministratori, che avendo l’obbligo di perseguire entrambi gli scopi, sono tenuti a farlo ed a rendicontare in maniera adeguata.” La Legge prevede che la Società-benefit individui uno o più Soggetti responsabili del perseguimento delle finalità di bene comune. Non è indicato se si debba trattare di un Amministratore, di un Dirigente o di un Consulente esterno. È ovvio che più diretto sarà l’engagement del Top Management, più credibile risulterà l’impegno aziendale. E’ inoltre richiesta una relazione annuale sull’attività di beneficio comune, che verrà allegata al Bilancio e resa pubblica sul Sito aziendale. La valutazione dell’impatto sociale generato verrà redatta attraverso standard esterni di certificazione aventi come oggetto Governance, Sostenibilità ambientale, relazione con i Dipendenti e con gli altri Stakeholders (Fornitori compresi).
Sarà dunque la misurazione dell’impatto sociale il vero traino delle B-Corp. Negli U.S.A. l’esperimento ha funzionato molto bene, permettendo ad un’Organizzazione specializzata (la B-Lab) di creare standard e promuovere globalmente la nuova formula. Attualmente sono certificate B-Corp. 1.550 Imprese di 120 diversi settori produttivi di 43 Paesi. Le italiane sono dieci, ma destinate ad aumentare.
Ed a fronte degli oneri di rendicontazione (ed in assenza di qualsiasi tipo di agevolazioni) la molla per intraprendere questa nuova via è indicata dalla Legge stessa. Infatti è previsto che la Società-benefit possa introdurre (accanto alla Denominazione Sociale) l’abbreviazione “SB”, utilizzando tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi.
Dunque un marchio di trasparenza, con relativo valore reputazionale, che fà della Società-Benefit uno strumento all’avanguardia, finalizzato ad orientare lo sviluppo economico nella prospettiva della Sostenibilità ambientale e sociale, e che l’Ufficio Nazionale Sostenibilità e Rsi della Fisac-Cgil osserverà con attenzione ed interesse, fornendo notizie ed approfondimenti sull’evolversi delle varie iniziative a riguardo.