Contratti della ristrutturazione europea
In un articolo apparso sul “Corriere della Sera”, viene osservato che le «riforme strutturali » attuate in Spagna negli ultimi anni, così come negli altri Paesi europei, hanno un «denominatore comune, sono provvedimenti a favore delle imprese ». Riforma della contrattazione nel segno della flessibilità, riduzione dei costi di licenziamento, possibilità di ridurre gli stipendi: essere «schierato con gli imprenditori » è proprio la collocazione che accomuna tutti i governi del Vecchio Continente nella ristrutturazione europea.
La stagione contrattuale italiana si avvia entro questa cornice, con 5,2 milioni di lavoratori coinvolti nel rinnovo di 23 contratti, e con il Jobs Act recentemente diventato operativo.
Confindustria ha già “messo le mani avanti” ripetendo più volte che il contratto nazionale deve essere salvaguardato come cornice generale, ma che la contrattazione salariale deve sempre più
spostarsi verso il livello aziendale, con la tesi che con un’inflazione vicina a zero gli unici soldi disponibili sarebbero solo quelli legati all’aumento di produttività in azienda.
Anche il settore finanziario non è da meno. Nel CCNL Credito, recentemente rinnovato, le giuste aspettative dei lavoratori hanno dovuto scontrarsi con gli appetiti e le priorità dei banchieri e dei tagliatori di cedole; gli aumenti salariali sono stati pressoché azzerati mentre è stata rimandata in sede aziendale la possibilità di valutare se “adattare” alle rispettive specificità alcuni istituti finora contrattati a livello solo nazionale, come gli inquadramenti, subordinando il tutto a delle linee guide da concordare in un tavolo nazionale che l’ABI ha evitato di convocare.
Sullo stesso solco sembra si sia avviata la trattativa per il rinnovo del CCNL dei lavoratori assicurativi, mentre nell’appalto assicurativo gli imprenditori hanno finanche sottoscritto il nuovo CCNL con sindacati di comodo, ottenendo vantaggiosissimi sconti…
Gli accordi di secondo livello nelle banche
I cosiddetti CIA (Contratti integrativi aziendali) cambiano quindi nome e diventano accordi di secondo livello. Banchieri e assicuratori intendono “andare all’incasso” con la compiacenza del loro “governo amico”, adattando il contratto nazionale alle esigenze aziendali e scaricando i costi d’impresa sui lavoratori, con salari variabili e adattamenti all’istituto nazionale degli inquadramenti, dove peraltro il mansionario presente nei CCNL ABI e ANIA è rimasto colpevolmente fermo a trent’anni fa.
Banca Nazionale del Lavoro, Banco Popolare, Intesa Sanpaolo, Unicredit: sono solo alcune delle banche dove sono stati recentemente sottoscritti importanti accordi aziendali.
In questi accordi viene contrattato il cosiddetto welfare aziendale, per alcuni nuova frontiera della negoziazione in uno scenario di pesante crisi del welfare di Stato, intrecciandolo anche con il salario aziendale. Un salario scambiato con piani di azionariato diffusi e di investimento, mentre la parte cash subisce però importi in discesa rispetto agli anni passati, nonostante il pretesto di una detassazione al 10% che, come dimostra l’anno in corso, è come lo specchietto per le allodole, tanto aleatoria quanto dipendente da esigenze del bilancio statale che nessun sindacato è chiamato a discutere e tanto meno contrattare. Così le aziende, oltre ad incassare i tagli dell’IRAP e la decontribuzione per i nuovi assunti, pretendono di incassare sconti sia sul contratto nazionale, sia su quelli di secondo livello.
Sono state trattative difficili, così come lo saranno quelle che seguiranno nelle altre aziende, in quanto in questo periodo i banchieri si tengono stretti a sé i loro profitti con l’obiettivo di perseguire in questo modo il loro supposto “interesse generale” …
In BNL per ottenere il Premio aziendale i sindacati hanno proclamato uno sciopero, a dimostrazione che anche nel Ventunesimo secolo i vecchi rapporti di forza valgono tanto se non più di prima… E nelle aziende dove non esistono tradizioni di lotta tutto diventa più difficile…
Le “deroghe” nei contratti aziendali
La tesi secondo cui un CCNL snello, da cornice, rafforzi la contrattazione aziendale è una balla!
È vero invece il contrario. Un CCNL debole rende le trattative in azienda tutte in salita, dove si tenta di recuperare con scarsi risultati quanto la contrattazione nazionale ha lasciato sul piatto di famelici banchieri.
In questi accordi, dove comunque con l’impegno delle RSA e con la partecipazione dei lavoratori si è cercato di far fronte all’offensiva padronale evitando la disfatta, ci sono state però anche deroghe in pejus al Jobs Act, con demansionamenti sia pure temporanei per i quadri direttivi, così come si è affacciata l’indennità di ruolo in sostituzione dell’inquadramento previsto dal CCNL, indennità revocabile con il cambio di ruolo e con possibilità di consolidamento solo se viene percepita per almeno 24 mesi. Un salario quindi variabile con la variabilità della mansione affidata….
Le vistose falle che si sono aperte nei CCNL, in primis quello del Credito, lasciano ampi spazi alle cosiddette “autonomie negoziali” in azienda. In pratica ognuno fa un po’ come gli pare, “nel pieno rispetto delle tutele e dei demandi del Contratto Nazionale”.
Il CCNL Credito, considerato dai vertici sindacali un modello da seguire, diventa così come una nave che, pur ancora a galla, viene inspiegabilmente lasciata incustodita dai suoi capitani. Si preferisce così affidare l’equipaggio, ossia i lavoratori del settore credito e le generose RSA, alle scialuppe di salvataggio della contrattazione aziendale, considerate paradossalmente più sicure della nave stessa nell’affrontare i tempestosi marosi della ristrutturazione europea. Mentre l’Europa potenza punta a conglomerati finanziari di stazza continentale, condizionando anche il processo di consolidamento delle banche popolari che prosegue pur tra mille contraddizioni, ai lavoratori delle banche si fa pensare
invece sul piano sindacale che … divisi si vince!
L’antidoto alla deriva aziendale: la coalizione sindacale
I profondi cambiamenti che stiamo vivendo e che proseguiranno senza sosta tra le mille contraddizioni provocate dal caos capitalistico, pongono l’esigenza, anche per i lavoratori del settore finanziario, di alzare lo sguardo oltre gli steccati nazionali o, quel che è peggio, aziendali. Non è vero che divisi si vince, come vorrebbero farci pensare. Se anche la contrattazione aziendale diventa uno strumento di competizione tra le aziende, i profitti di sempre più voraci banchieri e assicuratori eroderanno sempre più quote di salario, come del resto sta già accadendo.
Se il mondo del lavoro entra in campo, allora potrà difendere veramente i suoi interessi, senza affidarsi rassegnato all’altrui “interesse generale”.
Difendersi insieme è possibile, sconfessando le ideologie che sostengono la competizione tra lavoratori solo per arretrare le condizioni sindacali.
Sono necessari rapporti di forza adeguati ai mutamenti in corso, raccogliendo energie e disponibilità, collegando tra loro i lavoratori coscienti delle diverse aziende, sviluppando e valorizzando nella coalizione sindacale proprio quelle competenze che si vorrebbe invece svilire nelle ristrutturazioni.
C’è sicuramente tanta strada da percorrere, ma per chi vuole restare al passo con i tempi e non si vuole rassegnare al continuo arretramento delle proprie condizioni, la coalizione sindacale è il passaggio obbligato per difendere la propria dignità di lavoratori.
Segreteria Organo Coordinamento Fisac-Cgil
Gruppo bancario Credito Valtellinese