Rsa Pisa: La sindrome dell’ergastolano

By: Boyko BlagoevCC BY 2.0

La “sindrome dell’ergastolano” è quella dimensione psicologica che, facendoci perdere la speranza in un futuro migliore, lascia un pericoloso spazio alle persone più spregiudicate intorno a noi, alle quali permettiamo di avanzare ingiustificatamente in una vera e propria azione di accerchiamento della nostra persona, contro ogni forma di rispetto umano, quasi che la regola per tutti sia quella di essere dominati esclusivamente dalla propria ambizione e dal mero tornaconto.
“Homo homini lupus est”, diceva Plauto ancora nell’anno 495. Cioè: “l’uomo è lupo per l’uomo”, per designare lo stato di natura in cui gli uomini, soggiogati dall’egoismo, si combattono l’un l’altro per sopravvivere, in un cannibalismo infinito.
Intendiamoci bene: chi sostiene che questi comportamenti siano oggi indispensabili e necessari per garantire il futuro di una banca MENTE, sapendo di mentire. Questi comportamenti, infatti, se svincolati da sane regole di politica e di corrette relazioni interpersonali, riescono soltanto ad alimentare l’insaziabile fame di risultati economici e di ruolo di alcuni capi e capetti. E talvolta neanche quella: lo dimostrano le ormai frequenti offese scritte e verbali, tristi derive di una incapacità professionale frustrata e nevrotica e la correlata mancanza di risultati. Nessuna capacità di creare sano valore aggiunto, ma solo muscoli, pretese, ricatti farciti, ogni tanto, di buonismo.
La nostra Azienda e la nostra realtà purtroppo non sono esenti da queste situazioni: chi quotidianamente ci guida, infatti, lascia intendere di avere in mano (anche se in realtà spesso non ce l’ha affatto) il destino professionale e personale di ciascuno, le cui sorti sembrano legate solo ai risultati prodotti rispetto agli obiettivi, senza calcolo alcuno di congruenza e fattibilità. Tutto per poter saziare le voraci aspettative del capo di turno, che ogni giorno ti chiede di “vendere il ghiaccio agli Esquimesi” (per dirlo con una metafora), infischiandosi dei limiti reali ed organizzativi.
La tecnica di percorso è sempre la stessa:
isolare, di fatto, le persone, con l’unico fine di renderle così più vulnerabili;
mortificare pubblicamente coloro che non raggiungono certi obbiettivi;
esaltare ora questo o quel collega, fino a quando serve, per poi far correre affannosamente tutti gli altri ;
minacciare provvedimenti ritorsivi per “piegare” le eventuali resistenze, anche se legittime, magari facendo appello a normative superate o in contrasto con recenti previsioni di legge;
inventare un premio “una tantum” in danaro per pochissimi, senza una logica preventivamente dichiarata, e richiedere riservatezza ai destinatari per non far emergere le effettive ingiustizie;
usare strumentalmente le riunioni per sentenziare chi risulta nell’elenco dei molti incapaci e chi è invece l’unico che oggi ha venduto più di tutti gli altri;
 presentare la Riorganizzazione della Rete come l’Eldorado oppure, all’opposto, come il Giudizio Universale professionale di ciascuno.
Colleghi, dobbiamo reagire!
La forza di questi avventurieri può essere alimentata solo dal nostro eccessivo timore di ritorsioni e dalla scelta di voler vivere “da soli” gli eventi legati al lavoro.
Qualcuno potrebbe illudersi che da “soli” si possa essere più protagonisti del nostro destino, mentre in realtà si è solo più attaccabili. Questa è la verità! Ne sono prova tante vicende intorno a noi, purtroppo finite qualche volta anche in malo modo per chi è voluto rimanere da solo con i propri problemi.
Occorre invece:
riflettere su ogni stimolo positivo e ragionato, cercando di migliorarci nel lavoro attraverso la costruzione incessante di rapporti di vera stima reciproca con i colleghi accanto a noi;
socializzare al massimo sia i torti che le malversazioni subite, per creare una coscienza condivisa;
chiedere, quando convocati malamente, l’aiuto ed il consiglio di un collega sindacalista di fiducia (oppure avvisarlo prima e dopo il colloquio);
registrare il colloquio con il capo, al solo fine di potervelo riascoltare da soli, con calma e con minore ansia (ci sono sentenze favorevoli al riguardo);
non attendere che i problemi si risolvano da soli, perché questo di solito non accade (anzi, se oggi è andata male, in seguito potrebbe andare anche peggio, se non facciamo qualcosa per evitarlo);
prepararsi a vivere la Riorganizzazione come un’occasione positiva di riposizionamento personale e professionale.
Ormai questa dinamica aggressiva e predatoria non risparmia più nessun livello, a partire da quelli gerarchicamente più alti, e si basa sulla sostanziale condizione di presunta “impunibilità” di chi abusa del proprio ruolo per asservire gli altri. Dipende tutto dalla reazione di ciascuno di noi: possono chiederci di fare autocritica e di farci carico di particolari esigenze, ma non possono renderci complici dell’eutanasia alla nostra dignità!
Solo attraverso il recupero di una condivisione collettiva dei problemi possiamo tornare a sentirci come Persone che lavorano con dignità dentro un’Azienda. L’etica, la deontologia, le regole sono degli optional che ALCUNI citano come buone intenzioni, salvo poi derogarle quotidianamente nei loro comportamenti. Noi invece ci crediamo profondamente. Per questo passeremo a trovarvi in ogni filiale per ascoltarvi e per liberare il lavoro da questi rapinatori della speranza.
le RSA
DTM di Pisa
Pisa, 17 Settembre 2015

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