Si è quindi cominciato a parlare di Bail In: in caso di crisi non sarà più lo stato a intervenire con fondi pubblici, ma saranno gli stessi investitori a dover sopportare i costi del salvataggio della loro banca e investitori sono non soltanto i soci, ma anche i creditori: clienti e obbligazionisti.
Questo meccanismo, già scattato nella crisi delle banche di Cipro, ribalta il paradigma visto con la crisi finanziaria: si passa dal sistema Bail Out, in cui la risoluzione delle crisi è imperniata sul ricorso ad apporti esterni forniti dallo Stato, al nuovo sistema Bail In che ricerca all’interno degli stessi intermediari le risorse necessarie tramite il coinvolgimento di azionisti e creditori.
Il Bail In sarà operativo in Italia dal 1 gennaio 2016 in recepimento della normativa europea Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), votato all’inizio di luglio alla Camera senza nessun impatto mediatico e senza alcuna informativa da parte delle banche. Chiare le parole di Ignazio Visco, Governatore di Bankitalia: «Le banche dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d’ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori».
Col Bail In, in caso di crisi gli azionisti saranno i primi ad essere coinvolti nel ripianamento delle perdite, seguiti poi dagli obbligazionisti (possessori di obbligazioni subordinate o junior) e dai correntisti con disponibilità superiore ai 100.000 Euro, soglia al di sotto della quale continua ad esistere la garanzia pubblica appositamente normata.
Tra il 2007 e il 2013 nelle banche europee sono stati riversati 700 miliardi di Euro, dei quali circa 500 nei paesi dell’Eurozona, 250 dei quali solo in Germania. Inizia una nuova era, tanto per gli investitori privati che per quelli istituzionali, in quanto le conseguenze di un Bail In avranno una diretta ripercussione sugli investimenti effettuati.
Sarà pertanto doveroso anche da parte dei piccoli risparmiatori, effettuare sempre una approfondita opera di screening sulla solidità patrimoniale, sulla politica di gestione del credito, sulle strategie aziendali e sulla credibilità del management dell’istituto di credito su cui si è deciso di investire in azioni o obbligazioni o in cui si è scelto di aprire un conto corrente.
Finisce l’era del tutto sicuro e garantito sempre e comunque, ed inizia l’epoca delle assunzioni di responsabilità diretta da parte dei piccoli risparmiatori e degli investitori, che si dovranno far carico di monitorare e giudicare l’operato della banca su cui hanno deciso di puntare, pena il rischio oggettivo di incorrere in ingenti perdite su prodotti bancari un tempo tutelati e garantiti dallo Stato.
Fisac-CGIL Gruppo Banco Popolare
2015.09.02 Lavori in Corso 051 – Speciale Bail In